In India, la decisa affermazione del Bharatiya Janata Party alle elezioni presidenziali del maggio scorso continua a preoccupare le minoranze cristiane del Paese, di origine tribale e fuori-casta. Il fatto che il governo sia presieduto dal partito del primo ministro Narendra Mod, dalla forte impronta nazionalista e induista, è considerato una minaccia. Appartengono alla galassia che ruota intorno a questo cartello politico, chiamata Sangh Parivar, i gruppi fondamentalisti che anche di recente si sono resi protagonisti di aggressioni anti-cristiane.
Nell’Orissa, Stato che è diventato simbolo delle feroci violenze del 2008, il clima è oltremodo teso, come rivela padre Ajaya Kumar Singh, direttore dei Servizi sociali della Chiesa cattolica in questa località. All’agenzia Misna padre Singh sottolinea aspetti “problematici” per la popolazione, come “l’indifferenza del governo locale, una neutralità per noi difficile da accettare perché equivale a inazione davanti alle minacce e alle aggressioni, ma ancor più la nuova politica centrale di integrazione che mette a rischio la molteplicità del Paese e la coesistenza di fedi, genti e culture”.
L’attenzione maggiore della Chiesa nell’Orissa è “di riportare a casa quanti sono sfuggiti alla persecuzione sei anni fa e di garantire sicurezza alle comunità cristianizzate, che rischiano di avere ora ancora meno chance”, aggiunge padre Singh. “Alle difficoltà già grandi, infatti, temiamo possa aggiungersi l’impossibilità ad avere interlocutori interessati ad ascoltare le storie di ingiustizia e di violenza che arrivano dall’interno dell’Orissa e consentire l’applicazione della legge”, conclude.