Il Santo Rosario è una delle pratiche più care al popolo cristiano, segno di autentica devozione alla Madonna e strumento attraverso il quale ci si avvicina sempre più a Gesù. Per recitare bene la preghiera mariana, mons. Florian Kolfhaus, officiale presso la Segreteria di Stato e teologo, ha scritto “Il Rosario. Teologia in ginocchio”, edito da Cantagalli.
Con il piccolo volume, l’autore offre utili meditazioni sui misteri del Rosario, e lo fa dal punto di vista di un “massimalismo mariano” ammirevole, soprattutto ai giorni nostri, in cui la teologia sembra preferire una visione di Maria Santissima quale “donna feriale”, creatura tra le creature, non diversa dalle altre donne della storia.
«Non pochi teologi, spesso sulla base di considerazioni ecumeniche discutibili, propagandano un “minimalismo mariano” e mettono in guardia dal pericolo di esagerazioni, come se l’onesto e sincero amore per Maria dispiacesse al Figlio o lo mettesse da parte», scrive infatti mons. Kolfhaus. Tutto questo avviene spesso in nome del Concilio Vaticano II, che però «non mette assolutamente in discussione il principio de Maria numquam satis, ma anzi conferma il culto speciale dell’Iperdulia riservato solo a Maria».
A prova di questo sano massimalismo, l’autore si dichiara sostenitore della tesi “immortalista”: «Maria non è morta – scrive – Il suo ritorno a casa era così come Dio lo volle per Adamo ed Eva, se non avessero peccato. […] Almeno una persona su questa terra doveva vivere senza peccato e dipartirne senza morire. Almeno una volta, vi doveva essere un amore così forte e puro, che non innalza soltanto l’anima a Dio, ma con impeto estatico, strappa anche il corpo dalla strettezza di questo mondo».
Come ogni creatura, anche Maria è stata creata dal nulla. Come tutti i figli di Adamo, anche Ella ha avuto bisogno di Cristo Salvatore e Redentore, il quale non l’ha purificata dal peccato – come tutti noi grazie al battesimo – ma preservata preservata e santificata per rendere sua Madre la “piena di grazia”. Ciò che Cristo è e possiede (de condigno), grazie alla sua natura divina unita con quella umana, voleva comunicare a sua Madre per alzarla (de congruo) sul suo stesso trono.
Infatti, «la Chiesa utilizza i titoli cristologici anche per la Madre di Gesù in forma femminile: Re e Regina, Mediatore e Mediatrice, Salvatore e Salvatrice, il nuovo Adamo e la nuova Eva. Santa Caterina da Siena (1347-1380) chiama Maria Redemptrix, “Redentrice”. Maria è così coinvolta nell’opera di Redenzione di Cristo da poter letteralmente affermare che non esiste altra via oltre a lei, che conduca a Gesù».
Un vero cattolico, dunque, non può non essere mariano. Nell’amore alla Madonna, come insegna San Massimiliano Kolbe, il “folle dell’Immacolata”, non si dice mai abbastanza, perché mai l’uomo potrà amarla quanto l’ha amata suo Figlio. Non bisogna aver paura, quindi, di pregare Maria, perché il culto a Lei nulla toglie a Gesù, anzi, è da Lui voluto. D’altra parte, stando anche a quanto scritto da San Luigi Maria Grignion de Montfort, attraverso Maria si giunge più facilmente a Cristo. Per diventare santi e arrivare a Gesù è necessario andare a scuola dalla Madonna, che ci istruisce proprio con il Rosario: «Chi lo recita – scrive Kolfhaus – studia la teologia in ginocchio. Il Rosario, infatti, è nato dal desiderio di contemplare Gesù con e attraverso Maria, per imparare a conoscerlo meglio e ad amarlo di più».
Attraverso la ripetizione regolare dell’Ave Maria viene rafforzato e affinato il sensus fidei dei fedeli: si ottengono grandi grazie e si vincono tante battaglie. Non a caso, il teologo ricorda che «le crociate sono state vinte con il Rosario in mano: la battaglia di Lepanto, in ricordo della quale fu istituita la festa della Madonna del Rosario, la vittoria contro l’assedio turco di Vienna, che ancora oggi festeggiamo come Santissimo Nome della Beata Vergine Maria, e il ritiro pacifico delle truppe russe dall’Austria, per il quale i credenti avevano recitato pubblicamente il Rosario ogni giorno».
Ecco allora che lo strumento più efficace per la nuova evangelizzazione, di cui tanto si parla, non può che essere il ricorso fiducioso e costante alla Madonna. Bisogna ripartire, cioè, dal Rosario, e il libro di mons. Kolfhaus «che altro non vuole essere se non un sostegno allo studio della “teologia in ginocchio” è con speranza un contributo alla competizione “massimiliana”, cioè di massimalismo mariano, riguardo all’aumento sempre maggiore della lode per Maria».