Così dice il Signore: «Una voce si ode da Rama, lamento e pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, rifiuta d’essere consolata perché non sono più» (Ger 31,15). Ancora una volta, il drammatico conto di sangue si è presentato ai nostri occhi. L’innocenza è stata nuovamente violata. Ogni giorno è violata, è strappata alla vita, al presente che non vivrà il domani. L’oggi interrotto dalla mano violenta. “Una voce, un lamento e un pianto amaro. Non sono più.
Una strage insensata, quella che ha colpito le nostre città, le nostre comunità cristiane, dato che erano tutti dei battezzati e credenti. Si sono già celebrati le esequie e si sono dette tante consolanti parole e i media e i talk show fiumi di analisi e giudizi: i perché insoluti, le domande inattese, l’analisi della follia umana che elimina il presente e il futuro: i bambini, che sono un peso, o ‘oggetti’ irraggiungibili della perversione sessuale disumana; un non amore, anzi tutto l’opposto, l’antitesi della bellezza dell’amore.
Non sono mai riuscito a capire il fatto che tutto, dopo i fatti, deve diventare silenzio. Qualcuno ha sottolineato che: non bisogna più gridare, non è necessario continuare a dare voce alla vita prorompente di coloro che non ci sono più. Una velata rassegnazione, una lapide, una targa di ricordo, una associazione per non dimenticare…. Basta che non si “grida”.
Mentre nella grande tradizione del popolo della salvezza, il popolo “gridava a Dio” durante la schiavitù, oppresso dal nemico e dal male. Gridavano i piccoli e i poveri, gli schiavi e i condannati ingiustamente, eccome se non gridavano: Signore il mio grido sale a te, vieni in mio soccorso, gli oppressori sono tanti, prendono il sopravvento, mi trovo in balìa degli aggressori. L’uomo grida, nell’angoscia, nel pericolo, nel dolore; l’uomo chiede aiuto, e Dio risponde. E questa è una certezza. (si legga il Salmo 3). Grida anche chi commette il male, cosciente e consapevole che il Signore lo potrà salvare, se c’è il profondo pentimento. Cammino di conversione tra il peccato e il perdono (Salmo 129). Quanto desideriamo tutto questo “grido di conversione”, possibile e santificante.
Si pensi anche alle grida di Giovanni dal deserto e dal carcere. Le grida urlano i fati che non devono essere taciuti. Non siamo predisposti a sentire il grido lancinante dei poveri. Si pensi a come siamo attaccati al calcio di un pallone, all’euforia di uno stadio e fuori i poveri “gridano” taciuti dal silenzio del potere e dell’effimero. Eppure gridano per le strade …. e nelle favelas delle città iper-tecnologiche…. Gridano anche su interne (sui socialnetwork)… e pochi li ascoltano. Alcuni raccolgono le impercettibili richieste di giustizia e di verità, di pace e uguaglianza. Il dolore grida e cerca la pace nella riconciliazione e nella carità solidale e redentiva.
Il grido deve continuare ad esistere e nessun silenzio può reprimerlo: “anche Lui, Gesù Cristo, gridò a gran voce” dove la storia umana redenta dal peccato trovò silenzio in lui nel rumore del masso rotolato, ma sempre rumore ci fu; come nell’irruenza potente e forte dello Spirito Santo”; come al rumore delle porte che si aprirono, e dei cuori che sussultarono a tal punto di uscire fuori e gridare nell’andare ai quattro angoli del mondo che Cristo è risorto. Gridarono eccome se non gridarono. Gridò che in una valle condannò la mafia e i mafiosi; gridò colui che disse “mai più violenza sui bambini”, gridarono e continuiamo a farlo contro chi il sopravvento del silenzio.
Le grida sono come pietre dure che rompono e incidono quando cadono sulla testa di chi non vuole ascoltare e di chi non si carica della responsabilità dei fatti che oggi non sono più personali ma collettivi, comunicati e condivisi globalmente.
I fatti sono delle grida: l’uomo che uccide l’uomo; le urla dei torturati e trafitti di tutto il mondo; la schiavitù dei bambini costretti a fare lavori disumani o ad essere merce dei pedofili, del traffico di droga e di armi, dell’uccisione di chi li ha generati; la tratta delle donne (e aggiungo anche degli uomini) vendute sulle strade di tutto il mondo; l’uccisione dei feti umani e dei bambini di strada per il commercio degli organi e accumulare denaro.
Infine vorremmo ricordare il “gridò di Gesù” che dalla croce ci inviata alla pace e alla riconciliazione, ad amarci come Lui ci ha amato, a vivere un vita interiore capace di agire nel rinnovare le cose e le relazioni dell’uomo nel mondo; a ritrovarsi nel Cenacolo e nelle tavole della terra per spezzare il pane di Gesù o il pane della fraternità e della condivisione… anche basterebbero delle briciole. Grida Gesù perché ci ha assicurato che non ci lascerà soli nell’impegno quotidiano per e nel bene comune, nella solidarietà… nella carità. Scelgo il grido, le grida…. Il silenzio nel segreto della mia camera a pregare il Padre che mi invita ad aprire il cuore ela mente per ascoltare il grido del povero e del sofferente.
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Don Fortunato Di Noto, parroco e fondatore dell’associazione Meter onlus (www.associazionemeter.org)