Mare Nostrum: salvare vite umane come missione

In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, la testimonianza di un comandante di una nave della Marina Militare impegnata a salvare migranti nello stretto di Sicilia

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Se lo si guarda da una cartina geografica, il mar Mediterraneo appare come un’azzurra linea di confine. Una soglia che, costantemente, migliaia di persone tentano di varcare in modo disperato e pericoloso. Su imbarcazioni di fortuna, assiepati come sardine, provano a lasciarsi alle spalle le loro condizioni d’indigenza, inseguendo così esperienze di riscatto che tuttavia rimangono spesso chimere.

Chimere che, talvolta, si sfaldano quando ci si accorge che quei luoghi di fuga tanto agognati non assomigliano nemmeno lontanamente ai paradisi del loro immaginario. Per molti, però, l’illusione non fa in tempo a realizzarsi. Costoro, inghiottiti dalle onde del mare, l’avventura da immigrati la terminano ancor prima di iniziarla.

Il triste stillicidio di morte che si consuma tra le acque del Mediterraneo è noto a tutti. Meno lo è l’entità dell’opera di assistenza e salvataggio di cui si rendono protagonisti gli equipaggi della Marina Militare italiana. L’indefesso lavoro di questa forza armata costituisce un contributo fondamentale alla tutela di vite umane. Nel ventre azzurro del mar Mediterraneo, l’operazione Mare Nostrum, iniziata ad ottobre scorso per fronteggiare l’emergenza umanitaria nello stretto di Sicilia, strappa da morte sicura un numero importante di migranti.

Molti dei quali sono rifugiati. E proprio oggi, 20 giugno, su impulso dell’Assemblea generale dell’Onu, si celebra la Giornata mondiale del rifugiato. Alle soglie di questo evento, ZENIT è riuscita a mettersi in contatto con il capitano di fregata Marco Casapieri, comandante della nave “Carlo Bergamini”. Il suo equipaggio è impegnato, dagli inizi di giugno, a sorvegliare la zona a sud dell’isola di Lampedusa.

La presenza di queste navi ha consentito di arrestare 174 scafisti e di trarre in salvo ad oggi oltre 65 mila persone. Di queste, 5 mila sono donne e quasi 6 mila minori. La sola nave “Bergamini” ha finora condotto cinque eventi S.a.r. (search and rescue), cioè quei casi in cui l’incolumità delle persone in mare è in pericolo. I cinque interventi – spiega al telefono il capitano Casapieri – hanno permesso di salvare 1520 persone. È attraverso la professionalità e l’umanità di questi uomini che la vita prevale. “Noi siamo marinai prima di tutto, gente di mare – rivela il capitano Casapieri -. Non c’è niente che ci dia più orgoglio e soddisfazione che salvare dalle onde delle persone”.

Salvataggi che richiedono sangue freddo. “Gli eventi che abbiamo condotto sono stati diversi, spesso in condizioni di mare pessime, per giunta anche di notte”, spiega. Il coraggio dimostrato nel portare a termini simili operazioni è ampiamente ricompensato dalla gratificazione umana. “La cosa che più colpisce sono i bambini”, afferma sicuro il capitano Casapieri. Impresse nella sua memoria sono le immagini di questi piccoli che, “quando noi ci avviciniamo alle imbarcazioni in precarie condizioni di galleggiabilità, spesso sovraffollate, ci vengono dati dalle loro madri”.

I migranti provengono da molteplici aree, “prevalentemente dalla Siria, dall’Eritrea, dai Paesi dell’Africa centrale”, mi dice il Comandante della “Bergamini”. La verifica delle loro condizioni di salute costituisce il problema successivo al primo impatto, quando l’emergenza impone l’intervento immediato per salvarli dalle acque. Per questo il ministero della Salute ha annunciato ieri che il personale del Dicastero sarà stabilmente a bordo delle unità navali che partecipano a Mare Nostrum.

Ma oggi, come funzionano le attività di questo tipo? Il capitano Casapieri ci comunica che “a bordo siamo organizzati sotto un duplice aspetto: nel momento in cui prestiamo soccorso ai migranti prendiamo tutte le precauzioni. Poi, una volta giunti a bordo, vengono sottoposti a controllo da parte del nostro personale sanitario”. Controllo che viene effettuato “soprattutto per scongiurare situazioni di emergenze sanitarie, per esempio nei riguardi di donne incinte che nella fatica della traversata possono trovarsi in particolare difficoltà”.

Mentre si rincorrono le polemiche, gli equipaggi della Marina Miliare italiana, nel silenzio, impediscono che il mar Mediterraneo diventi un cimitero ancor più affollato di quanto non lo sia già. È così che adempiono quanto sancisce il Diritto internazionale. Soprattutto, è così che garantiscono tutela alla vita umana.

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Federico Cenci

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