Una cattedrale nella sua maestà, nella sua grandiosità, è una eloquente presentazione della Parola: quella Parola che deve essere proclamata dalla credibilità di una cattedra, dalla voce potente dell’arte, dalla grandezza d’un monumento, dalla profonda sacralità d’un tempio e dalla accogliente vastità della casa di tutti.
Nedo, mio amico, ha da sempre sofferto contrastanti reazioni di fronte a cattedrali, a grandi monumenti ecclesiastici. Li criticava come esagerazione e mania di grandezza e li giudicava uno spreco, un’offesa alle “favelas” e ai tuguri di periferia.
Motivava la sua disapprovazione dicendo che Gesù è nato in una stalla e ha fatto della sua vita una rincorsa al nascondimento, vivendo da povero operaio e “senza una pietra dove posare il capo”, e morendo nudo sulla nuda croce.
Ma quando il nostro amico ha colto che simile povertà è causata dall’immensità del suo amore per me e per te…ha compreso bene che le cattedrali sono segnali della sua presenza tra gli uomini, le solenni liturgie che vi si svolgono, non sono che pallide manifestazioni, l’ombra d’una smisurata riconoscenza che tutti gli uomini gli devono.
Ho capito – m’ha perfino confidato – un desiderio profondo di Gesù: la cattedrale più eloquente che lui è venuto a costruire sulla terra è quella che segnala a tutti la sua presenza: “Il mondo vedrà e crederà; tutti vi riconosceranno miei…voi sarete il mio tempio preferito… se vivrete uniti nel mio nome”.
L’Unità ci costituisce sua cattedrale vivente.
Ciao da p. Andrea
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