Riportiamo il testo del discorso pronunciato questa sera dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, al Simposio “Migrazione e solidarietà nella fede”, che si svolge presso la sede della Comunità di Sant’Egidio a Roma.

In occasione del Simposio, promosso dall’Ambasciata di Romania presso la Santa Sede, è stata consegnata al porporato l’onorificenza dell’Ordine Nazionale “Stella della Romania” con il grado di Commendatore.

***

Signor Ambasciatore,
Caro Presidente della Comunità di Sant’Egidio,
Eccellenze, gentili ospiti, signori e signore, 

Ho accolto con piacere l’invito a partecipare a questo Simposio, che ha come tema “Migrazione e solidarietà nella fede” e durante il quale, con gratitudine, sarò lieto di ricevere l’onorificenza dell’Ordine Nazionale “Stella della Romania”. Anticipo sentimenti di sincero apprezzamento per questo gesto che, nella mia persona, il Governo di Romania rivolge alla Santa Sede e, in particolare, come attestazione di ossequio al Santo Padre.

Oggi siamo tutti consapevoli di vivere in un mondo da una parte sempre più globalizzato e, dall’altra, segnato profondamente da diversità culturali, sociali, economiche, politiche e religiose, sollecitati anche da quotidiani fatti di cronaca, che pongono interrogativi sul complesso fenomeno delle migrazioni.

È certo che esso non va considerato soltanto dal punto di vista statistico e socio-economico. In primo luogo, infatti, le migrazioni sono una realtà che tocca uomini e donne, bambini, giovani e anziani. Purtroppo, non di rado accade che “invece di un pellegrinaggio animato dalla fiducia, dalla fede e dalla speranza – ha scritto il Santo Padre Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato di quest’anno – migrare diventa un «calvario» per la sopravvivenza, dove uomini e donne appaiono più vittime che autori e responsabili della loro vicenda migratoria. Così, mentre vi sono migranti che raggiungono una buona posizione e vivono dignitosamente, con giusta integrazione nell’ambiente d’accoglienza, ve ne sono molti che vivono in condizioni di marginalità e, talvolta, di sfruttamento e di privazione dei fondamentali diritti umani, oppure che adottano comportamenti dannosi per la società in cui vivono”.

Anche la Romania ha dovuto confrontarsi negli ultimi decenni con non pochi problemi migratori. Specialmente a partire dal 1989, il Paese sta assistendo al suo progressivo spopolamento per l’effetto combinato di un basso livello di natalità e di un alto tasso di emigrazione. Inoltre, all’indomani del primo gennaio 2007, con l’entrata del Paese nell’Unione Europea, molti lavoratori rumeni hanno cominciato a bussare alle porte del mercato europeo, spesso come manodopera poco qualificata e a basso costo. Si stima, così, che circa tre milioni di rumeni lavorino all’estero, in particolare in Spagna, in Italia, in Irlanda e in Germania.

Accanto agli spostamenti regolari, poi, vi sono anche le ondate migratorie irregolari. Anche se la Romania ha adottato efficaci contromisure per arginare l’irregolarità, questo fenomeno continua a destare preoccupazione, soprattutto perché in esso sono facilitati la proliferazione e lo sviluppo di reti terroristiche e del crimine organizzato transnazionale, il continuo evolversi del flusso di rifugiati e del narcotraffico, la violazione delle vigenti normative e l’incremento dei crimini specifici di frontiera, specialmente a danno delle persone più vulnerabili.

In questo quadro complesso, la dignità di ogni persona esige di essere sempre salvaguardata, soprattutto mediante la tutela dei diritti umani fondamentali. Analogamente va detto per i doveri, che tutti devono assumersi per garantire la reciproca sicurezza, lo sviluppo e la pace. Per condurre a buon fine questo itinerario di civiltà, è sempre più necessario riformulare le politiche di espatrio e di accoglienza con piani di solidarietà concordata, anche per gestire il fenomeno con scelte preventive.

In effetti, l’analisi della storia delle migrazioni dimostra che un’accoglienza graduale e ordinata, rispettosa ma non ingenua, da una parte fa emergere il senso umanitario della solidarietà e dell’ospitalità e, dall’altra, aumenta il potenziale produttivo in campo economico, arricchisce gli scambi sociali e prepara un terreno fecondo per una corretta integrazione.

I migranti, dunque, sono una risorsa, se ovviamente trova giusta attuazione una gestione integrata di tutti gli aspetti correlati alla loro buona accoglienza, soprattutto per contrastare il più efficacemente possibile l’opera di organizzazioni criminali che fanno traffico e contrabbando di esseri umani.

Chi ha responsabilità di governo, in modo particolare, è chiamato ad agire sul piano della progettazione, per individuare e realizzare modelli di integrazione e di coesione, aggregando tutte quelle forze sociali, culturali, educative, istituzionali ed ecclesiali che ne hanno competenza.

Le odierne migrazioni, pertanto, spingono l’umanità intera e, in particolare, le comunità cristiane verso una visione e un impegno sempre più universali: in ogni tempo e luogo, un sano pluralismo allarga l’ambito della solidarietà e della fratellanza, radicandosi nella consapevolezza che “la principale risorsa dell’uomo… è l’uomo stesso”, come ha scritto il Beato Giovanni Paolo II nell’Enciclica Centesimus annus (n. 32).

Grazie, Signor Ambasciatore. Attraverso di lei, giunga un mio speciale saluto alle Autorità della Romania e a tutto il popolo rumeno, alle persone che vivono in patria e a quelle che vivono all’estero, con sentimenti di sincera simpatia e di gratitudine per l’onorificenza che oggi sono onorato di ricevere. Grazie.