Ogni anno, il 7 gennaio, in tutto il mondo, le comunità dei monaci di san Paolo Primo Eremita iniziano l’annuale novena dedicata al loro patriarca che si conclude con la solenne Messa del 15 gennaio. I festeggiamenti principali si svolgono nel monastero di Jasna Gora a Czestochowa (Polonia) di cui i monaci sono custodi.
Non tutti sanno, però, che i monaci polacchi svolgono la loro missione pastorale anche a Roma, dove nel 2005 il card. Camillo Ruini affidò loro la chiesa parrocchiale di Sant’Urbano e San Lorenzo a Prima Porta (la parte nord della città, sulla via Flaminia). A Roma la festa patronale dei monaci paolini ha un carattere particolare per la presenza di rappresentanti della Chiesa cattolica copta, cioè i “compatrioti” di san Paolo Primo Eremita.
E così, negli ultimi anni, la parrocchia ha ospitato numerose personalità ecclesiali: nel 2008, il Patriarca della Chiesa Cattolica copta Antonios Naguib di Alessandria, e negli anni seguenti, Mons. Antonios Aziz Mina di Giza, il Vescovo Kyrillos William Assiutu, Mons. Ibrahim Isaac Sedraka Minja (nuovo Patriarca di Alessandria); l’anno scorso è venuto Mons. Makarios Tewfik da Ismailia. Invece quest’anno l’ospite dei monaci è stato il vescovo di Luxor, Joannes Zakaria. È una felice coincidenza perché Luxor è l’antica Tebe, dove nel III secolo nacque san Paolo Primo Eremita, di cui si celebrava la festa (se fosse vivo oggi san Paolo avrebbe come vescovo proprio mons. Zakaria). La domenica del 20 gennaio nella chiesa parrocchiale mons. Zakaria ha celebrato l’Eucaristia in rito copto secondo il canone di San Basilio il Grande; concelebravano molti sacerdoti copti e i monaci paolini. Alla Messa, oltre ai parrocchiani hanno partecipato anche i cattolici copti che vivono a Roma.
Le celebrazioni delle festività di San Paolo Primo Eremita a Roma hanno avuto un profondo significato religioso e simbolico. Ma, non potevano nascondere i problemi attuali dei cristiani in Egitto, dove al potere sono arrivati i Fratelli Musulmani insieme con i gruppi ancora più radicali come i salafiti. In un colloquio dopo la Messa il vescovo di Luxor ha sottolineato quanto è attuale il messaggio del santo monaco di Tebe che, vivendo in un momento di persecuzioni, simile ai nostri giorni, ha saputo affrontare tutti i problemi con totale fiducia in Dio. Perciò la sua vita è stata caratterizzata dalla pace e dalla tranquillità.
“Io voglio invitare i miei fedeli di seguire san Paolo e di non perdere mai la fiducia in Dio. Confidando in Dio si possono affrontare le avversità”, ha detto il presule. Per quando riguarda la cosiddetta “primavera araba”, mons. Zakaria ha sottolineato che per decenni il potere nei Paesi arabi del Mediterraneo è stato in mano a regimi militari che hanno governato male. Per questo motivo, la gente, delusa dei loro governanti, ha cominciato a credere che l’Islam politico può essere la soluzione ai loro problemi. Naturalmente, è necessario rendersi conto che in Egitto ci sono milioni di analfabeti (l’80% della popolazione) che vivono in povertà. Questa gente ignorante pensava che votando i Fratelli Musulmani e i salafiti, avrebbe per Dio, per la legge di Dio. In questo modo al potere sono arrivati i gruppi islamici che non hanno alcuna esperienza politica.
Per questo – ha detto il vescovo di Luxor – oggi, dopo due anni di potere delle forze islamiche, la gente comincia a capire che fare la politica è una cosa e la religione è un’altra. Ma, purtroppo, in Egitto ci vogliono anni per maturare questa visione della separazione tra la sfera politica e religiosa. Un ruolo importante da svolgere in questa maturazione è quello dell’educazione delle giovani generazioni.
Mons. Zakaria non nasconde la sua critica della politica dell’Occidente nei confronti dei Paesi arabi: i Paesi occidentali invece di aiutare il mondo arabo nello sviluppo e nell’istruzione, pensano solo ai propri interessi. Spesso dietro molti conflitti oggi in Africa si nascondono proprio gli interessi delle potenze mondiali. Per questo motivo alla fine della nostra conversazione il Vescovo egiziano ha lanciato un appello a tutte le nazioni e alle persone di buona volontà, perché diano il loro contribuito al vero progresso economico e sociale dei popoli poveri, come da anni chiedono i Pontefici.