Sì alla dignità del matrimonio, “espressione di fedele e feconda alleanza tra uomo e donna”. No alla filosofia del gender, trasgressione “della bellezza della natura voluta dal Creatore” che si esprime appunto nella reciprocità tra maschile e femminile.
Benedetto XVI è categorico nell’affermare – durante l’udienza di oggi ai partecipanti dell’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio Cor Unum – la forte posizione della Chiesa nel difendere la dignità dell’uomo, minata sempre più da una deriva antropologica che lo ha portato ad andare contro la sua stessa natura.
“L’insidia più temibile è l’assolutizzazione dell’uomo” afferma il Santo Padre. Egli infatti “vuole essere ab-solutus, sciolto da ogni legame e da ogni costituzione naturale; pretende di essere indipendente e pensa che nella sola affermazione di sé stia la sua felicità”. Ma l’uomo – precisa il Pontefice – “non è né individuo a sé stante né elemento anonimo nella collettività, bensì persona singolare e irripetibile, intrinsecamente ordinata alla relazione e alla socialità”.
È questa la visione cristiana della natura umana. Una natura fatta di “creaturalità e filialità” che la Chiesa difende strenuamente, perché – sottolinea il Papa – qualora fosse negata porterebbe solo ad “una drammatica solitudine”.
Tale problematica non si verifica solo nella società moderna. In ogni epoca, spiega Benedetto XVI, l’uomo ha cercato di vivere prescindendo da Dio, diventando “vittima di tentazioni culturali che hanno finito col renderlo schiavo”. Lo hanno dimostrato le correnti di pensiero degli ultimi secoli che, inneggianti al culto della nazione, della razza, della classe sociale, da grandi “ideologie” hanno finito per rivelarsi “vere e proprie idolatrie”, da cui sono conseguite “crisi, disuguaglianze e miseria”.
A questa pesante eredità si sono aggiunte, nel nostro tempo, altre “ombre che oscurano il progetto di Dio”, tra cui “una tragica riduzione antropologica che ripropone l’antico materialismo edonista” e che va di pari passo con un “prometeismo tecnologico”. “Dal connubio tra una visione materialistica dell’uomo e il grande sviluppo della tecnologia – spiega il Pontefice – emerge un’antropologia nel suo fondo atea, che presuppone che l’uomo si riduca a funzioni autonome”.
Inizia così la deriva: allontanandosi da Dio e dalla dimensione spirituale e ultraterrena, viene fuori “un uomo privato della sua anima e dunque di una relazione personale con il Creatore”. In questa prospettiva, denuncia il Santo Padre, “ciò che è tecnicamente possibile diventa moralmente lecito” e quindi ogni tipo di esperimento, di politica demografica o di manipolazione viene consentito e legittimato.
Di fronte a questa “riduzione antropologica” qual è il compito del cristiano, specie di chi è impegnato in attività caritative? Innanzitutto “esercitare una vigilanza critica”, risponde il Papa, e poi “ricusare, a volte, finanziamenti e collaborazioni che, direttamente o indirettamente, favoriscano azioni o progetti in contrasto con l’antropologia cristiana”.
È un chiaro monito per le diverse associazione caritative ecclesiali internazionali, che riprende quanto già scritto da Papa Benedetto nel recente motu proprio sul “servizio della carità”, in cui esortava ad evitare che gli organismi di carità venissero “finanziati da enti o istituzioni che perseguono fini in contrasto con la dottrina della Chiesa”.
Non bisogna cedere quindi a queste tendenze, afferma il Papa, anche se “travestite di buoni sentimenti all’insegna di un presunto progresso, o di presunti diritti, o di un presunto umanesimo”. “Il cristiano – rimarca il Pontefice – in particolare chi opera negli organismi di carità, deve lasciarsi orientare dai principi della fede, mediante la quale noi aderiamo al ‘punto di vista di Dio’, al suo progetto su di noi”.
L’appello è rivolto soprattutto ai Pastori della Chiesa i quali “hanno il dovere di mettere in guardia da queste derive tanto i fedeli cattolici quanto ogni persona di buona volontà e di retta ragione”. Il Papa ha concluso lodando l’attività solidale portata avanti dal Pontificio Consiglio Cor Unum, grazie alla quale, ha detto, si apre “la porta della fede a tante persone”.