Un vino infinitamente buono

Vangelo della II Domenica del Tempo Ordinario

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Gv 2,1-11

“Il terzo giorno ci fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.  Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non e’ ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Vi erano la’ sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: ” Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: ” Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamo’ lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio, e, quando si e’ già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifesto’ la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.”.

1 Cor 12,4-11

“Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo e’ lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo e’ il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo e’ Dio, che opera tutto in tutti”.

Se e’ vero, come e’ vero, che Dio “opera tutto in tutti” (1Cor 12,6), allora e’ Gesù stesso che ha voluto servirsi di sua Madre per dare inizio ai suoi segni a Cana di Galilea.
La sorprendente risposta del Signore all’iniziativa di Maria (“Donna, che vuoi da me? Non e’ ancora giunta la mia ora” – Gv 2,4), non deve dare l’impressione di “scontrosità”. Il senso nascosto e’ così spiegato da Benedetto XVI: “Gesù parla alla madre, Maria, della sua “ora” non ancora giunta. Ciò significa anzitutto che Egli non agisce e non decide di sua iniziativa, bensì sempre in accordo con la volontà del Padre, sempre a partire dal disegno del Padre” (‘ Gesù di Nazaret’, p. 293).

In realtà, quindi, a Cana non avviene un anticipo temporale della manifestazione pubblica di Gesù, ma un anticipo dell’ora ancora lontana della croce, al modo del segno. Perciò “Se Gesù in  quell’istante parla a Maria della sua ora, lega con ciò il momento in cui si trovano al mistero della croce come sua glorificazione ” (id.).

Vediamo infatti che Maria, nonostante la difficile risposta di Gesù, non esita ad avvisare i servitori di tenersi pronti, evidentemente confidando nell’accoglienza della sua richiesta da parte del Figlio. Certo, le parole  misteriose del Signore lasciano li’ per li’ in sospeso l’esaudimento, ma esse sono indirizzate alla fede di sua Madre, la quale sa per certo che il Figlio interverrà, senza tuttavia poter immaginare come. Per questo Maria ordina subito ai servitori: “Qualunque cosa vi dirà, fatela” (Gv 2,5), preoccupandosi di mettere anche loro nella disposizione della pronta obbedienza al Signore.

Ed ora cerchiamo di attualizzare il segno di Cana.

Ci aiuta ancora Benedetto (id., p. 294): “Il segno di Dio e’ la sovrabbondanza. Lo vediamo nella moltiplicazione dei pani, lo vediamo sempre di nuovo.(…) Gesù si presenta qui come lo “sposo” delle promesse nozze di Dio con il suo popolo. In Lui, Dio e l’uomo diventano in modo inaspettato una cosa sola, hanno luogo le “nozze”, che pero’ passano attraverso la croce, attraverso l'”essere tolto” dello sposo (Mc 2,18).

Quest’ultima dolorosa precisazione e’ fondamentale. E’ vero, infatti, che Gesù ha detto: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10), ma Egli stesso avverte che tale abbondanza passa attraverso la croce, e’ il frutto della croce. Il segno di Cana nasconde e comporta il segno della croce.

La vita umana, in se stessa, e’ sovrabbondanza, poiché e’ dono divino che ci rende partecipi della natura della Santissima Trinità (2 Pt 1,4), tuttavia la via per goderne e’ quella percorsa anzitutto dal Signore Gesù, la via della croce.
Con le parole: “Qualunque cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5), Maria ci esorta a seguire le orme di Gesù. La croce fa parte infatti di questo “qualunque cosa”, e “vi dica” indica che la Parola della croce va ascoltata e accolta in quella fede nel Padre di Gesù e nostro, che ogni giorno ci muove a dirgli: “Sia fatta la tua volontà”!
Entrando nel nostro mondo, il Figlio di Dio ha detto le stesse parole: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,9-10), e questa volontà del Padre era la sua morte di croce per noi; eppure, nell’imminenza della Passione, lo stato d’animo di Gesù non e’ semplicemente sereno, ma gioioso, tanto da dire ai discepoli: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi, e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).

Penso qui allora alle innumerevoli situazioni di sofferenza nei luoghi molteplici del dolore: il grembo materno violato a morte, la malattia dei corpi e delle anime, la solitudine, l’emarginazione dei poveri, il fallimento morale e spirituale dei ricchi di se’, i disastri naturali, le carceri, le famiglie divise,..ogni cuore umano! La storia e’ quasi sempre questa: il vino della gioia non mancava, ma un giorno le anfore sono state brutalmente spezzate, il vino e’ andato perduto e quello che lo ha sostituito sa molto da aceto.
In altre parole: la vita umana, per i più, e’ un cammino nel quale il vino abbondante della gioia si va annacquando inesorabilmente.

Ma anche se questo e’ realisticamente vero sul piano esistenziale dei fatti, occorre osservare che la verità del vino buono non sta nella quantità e nella qualità naturale. Il vino buono non e’ semplicemente migliore e più abbondante del vecchio: e’ tutt’altra cosa! E’ un vino, per così dire, infinito per qualità e quantità, un vino divino che ha il potere di rigenerare anche le anfore distrutte, zampillando da esse senza sosta.
Paolo assicura, infatti, che nei nostri poveri vasi di creta, abbiamo un tesoro! Perciò sapendo che Dio dimora nella nostra anima immortale, noi crediamo e sperimentiamo che Egli ci dona il vino buono della gioia infinita ed inalienabile che possiede in Se’.
E’ una promessa implicita nelle parole “qualunque cosa vi dirà, fatela”, poiché l’obbedienza alla volontà di Dio fa sempre entrare nel cuore la gioia di Cristo.
La fede che si sforza di accettare anche la sofferenza dalla mano misericordiosa di Dio, opera sempre come una sonda che dal profondo dell’anima fa scaturire l’abbondanza della vita, vale a dire la gioia propria di Gesù.                                                                                             

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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Angelo del Favero

Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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