Così il laicissimo Benedetto Croce ha scritto nel saggio Perché non possiamo non dirci cristiani del 1943.
A ricordarlo è Neria De Giovanni, presidente dell’Associazione Internazionale Critici Letterari con sede a Pargi, nel libro pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana Cristo nella Letteratura d’Italia.
Una antologia letteraria di trecentonovantasei pagine arricchite da 14 illustrazioni di opere d’ogni epoca provenienti dai Musei Vaticani, in cui l’autrice riporta scritti sul Nazareno di cento autori che sono vissuti dal Duecento fino al Novecento ed oltre.
Le implicazioni del Nazareno nelle arti e nella letteratura non è da sottovalutare. Nel libro L’arte nella vita della Chiesa (LEV 2009) il critico d’arte Timothy Verdon, ha rammentato come proprio Cristo poichè ha incarnato l’invisibilità di Dio è all’origine stessa dell’arte visiva e, in quanto Verbum, dell’arte letteraria.
La nascita, la morte in croce, la vicenda terrena del Nazareno sono al centro di innumerevoli opere letterarie e ricostruzioni storiche artistiche.
Il ‘caso Cristo’ il ‘fenomeno Gesù’ inquieta, intriga, appassiona credenti e non credenti, perché solleva la domanda se il Nazareno fosse veramente il figlio di Dio
E se lo era perché era sceso tra gli uomini e perché si è sacrificato per la loro salvezza?
Gli scrittori di tutte le epoche successive a Gesù sono stati intrigati dalla vicenda di Gesù
Ha scritto Neria De Giovanni nell’introduzione: “Quanti gli scritti sul Natale e ancora di più quanti gli scritti sulla Passione e morte in Croce? Sull’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo?”
La vicenda è di scottante attualità se si pensa che, soprattutto agli scrittori dell’età moderna e contemporanea, interessano meno le questioni teologiche quanto piuttosto i sentimenti umanissimi che avvicinano il crocifisso all’umanità: la speranza, il dolore, il rimpianto, la tentazione della ribellione, la paura, la sofferenza, la rassegnazione, l’obbedienza, l’accettazione dell’ingiusta condanna e delle umiliazioni
Con questo libro Neria De Giovanni cerca di liberare dai pregiudizi il genere letterario che tratta il Nazareno.
Secondo un clichè ormai desueto infatti ancora prevale il modello liberal-risorgimentale dettato da Francesco de Sanctis secondo cui le opere in cui si parla di Gesù sono da confinare nel genere di “letteratura devozionale”.
Secondo l’autrice, invece oggi, in una “lettura non partigiana ed ormai scevra da ideologismi extratestuali, la produzione letteraria su Gesù non può essere isolata in un modello esterno al canone letterario o peggio delimitato nel tempo, isolato per sminuire l’importanza e/o esorcizzarne la presenza”.
In questo contesto il libro non riporta solotesti intenzionalmente dedicati a Gesù di autori molto vicini alla Chiesa, da Dante Alighieri a Francesco Petrarca a Alessandro Manzoni, da Jacopone da Todi a Guittone di Arezzo, da Torquato Tasso a Antonio Fogazzaro, da Nicolo Tommaseo a Alfonso Maria De’ Liguori a Giacomo Leopardi, anche autori assolutamente laici come Gabriele D’Annunzio, Giosuè Carducci, Luigi Pirandello, Benedetto Croce, Alda Merini, Elio Vittorini, Guido Gozzano, Umberto Saba, Giuseppe Ungaretti, Giovanni Pascoli, Gioacchino Belli, Giovanni Papini, i quali ad un certo punto della loro vita hanno incontrato Cristo ed al Nazareno hanno dedicato chi più chi meno, poesie, racconti, e parte della loro produzione letteraria.
Secondo Neria De Giovanni, non si può e non si deve parlare più di separazione tra letteratura religiosa e quella a contenuto laico.
In un eventuale separazione infatti l’aggettivo “religioso” potrebbe diventare indice di discriminazione.
Nell’analizzare le varie epoche, l’autrice rileva che “proprio nel novecento secolo dei totalitarismi e delle rivoluzioni ideologiche relativistiche si registra una dovizia di testi letterari su Cristo pari se non superiore a quelli prodotti nella letteratura delle origini, con la differenza non marginale che padre e madri di questi testi letterari non sono per la maggiopr parte uomini e donne di Chiesa, bensì esponenti del laicato spesso neppure cattolico e neppure praticante!”.