Nel 1950 l’Università di Chicago pubblica la traduzione di un volume, edito in lingua tedesca già da qualche anno, con il titolo “The Social Crisis of our Time” ad opera di Wilhlelm Röpke (1899-1966), che fa conoscere al grande pubblico internazionale il pensiero di uno studioso originale e ancora molto attuale. Ad oltre sessanta anni da quella pubblicazione, alcuni temi sviluppati in quella sede e più volte ripresi in altri saggi, offrono al lettore contemporaneo spunti di grande riflessione indicando possibili percorsi e strategie.
La sua architettura filosofica parte dal presupposto che a monte di ogni politica economica c’è un insieme di valori e tradizioni che vengono espressi attraverso la cultura, le credenze, le norme, le leggi e la morale. Ignorare questi elementi cruciali è un inutile sradicamento con effetti, senza dubbio, nefasti.
Pur ponendo al centro del sistema delle relazioni economiche la libertà di iniziativa, Röpke vede il nucleo propulsore di quella libertà al di là della domanda e dell’offerta (Jenseits von Angebot und Nachfrage ) ponendo le basi per una nuova interpretazione dell’analisi generale delle strutture sociali.
Profondamente segnato dal suo impegno contro la dittatura nazionalsocialista, che lo portò in esilio volontario in Turchia e Svizzera, egli vede come caposaldo indispensabile la tutela dei diritti umani e quel “principio individuale” nel quale la persona esprime la sua massima dignità. Si fa portavoce di un “umanesimo economico” che sappia andare oltre il mercato non abbandonando gli ultimi e gli svantaggiati. Si parla, infatti, in un contesto di forte contrapposizione ideologica, di una “terza via” che sappia limitare gli estremi dell’individualismo e del collettivismo.
Questa articolata costruzione, naturalmente, si nutre di stimoli esterni. Da una recensione ad un’opera del teologo austriaco Johannes Messner (1891-1984), il quale negli anni della Seconda Guerra Mondiale insegna nell’Oratorio di Birmingham fondato dal Cardinal Newman, sembra evidente l’interesse nei confronti del diritto naturale di stampo personalista che lo avvicina alla dottrina sociale cristiana.
In una lettera del 13.05.1943 indirizzata al collega Alexander Rüstow (1885-1963) esprime la sua grande ammirazione per l’Enciclica Quadragesimo Anno, letta nell’originale in latino, per l’importanza “dei fattori morali e spirituali”. I temi della religione, della moralità e della responsabilità sono ampiamente trattati nelle proficue relazioni con l’economista francese Daniel Villey (1910-1968), celebre per la sua critica alla deriva tecnocratica delle università in preda ad una rivoluzione positivista aliena di valori.
Negli anni Cinquanta collabora attivamente ai piani economici della ricostruzione post-bellica al servizio di quella “civitas humana” a cui i suoi maggiori scritti sono dedicati. Per Ludwig Erhard (1897-1977), il “padre del miracolo economico” tedesco, W. Röpke è stato “un campione dei valori più alti dell’umanità.”