Albania: i «mali dell'occidente» e lo spettro del fondamentalismo

L’arcivescovo di Scutari-Pult racconta ad ACS la rinascita della Chiesa cattolica albanese

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«Il 4 novembre 1990 la straordinaria e coraggiosa messa celebrata nel cimitero di Scutari da Don Simon Juban ci ha aperto le porte della libertà». Monsignor Angelo Massafra, arcivescovo di Scutari-Pult, racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la rinascita della Chiesa cattolica albanese, «dopo quasi 50 anni di persecuzione violenta e spietata».

Con il crollo del regime comunista di Enver Hoxha e l’abolizione della legge che dal 1967 vietava l’esercizio di qualsiasi pratica religiosa, la Chiesa cattolica – «sofferente, lacerata e decimata» – riemerge dai lunghi anni di silenzio grazie alla fede «custodita gelosamente nel tempo dalle famiglie albanesi». Nell’area centro-settentrionale a maggioranza cattolica sono presenti oggi cinque diocesi, a cui si aggiunge l’amministrazione apostolica dell’Albania meridionale.

Libera dall’oppressione della dittatura, la Chiesa si è scontrata fin da subito con nuovi problemi «non più causati dal comunismo e dal marxismo ma da un cambiamento troppo repentino che, con la libertà, ha introdotto tutti i mali dell’Occidente». Corruzione, consumismo, droga, prostituzione, disoccupazione, sono alcune delle sfide che l’Albania è chiamata tuttora ad affrontare. Sfide che l’episcopato locale ha ricordato nella lettera pastorale «Fides et Patria», scritta il 28 novembre scorso in occasione del centenario dell’indipendenza. «La Chiesa si è sempre impegnata e continua a impegnarsi, in maniera a volte eroica, affinché il messaggio evangelico giunga in profondità nel cuore delle persone. Il cammino è tracciato, ma resta ancora tanto da fare».

Una tendenza preoccupante è stata denunciata di recente da Peter Rettig, responsabile internazionale per l’Albania di ACS, che durante un viaggio nel Paese balcanico ha costatato come molti giovani imam locali predichino un Islam più «puro e rigoroso». In Albania la religione musulmana – giunta nel XV secolo con l’impero ottomano e oggi fede del 61,9% della popolazione – si contraddistingue per i suoi tratti moderati, ma le nuove leve del clero formatesi in Turchia e in Arabia Saudita stanno cercando di diffonderne una versione più conservatrice. L’influenza turca nella penisola balcanica, riferisce monsignor Massafra, interessa anche i principali settori dell’economia nazionale: banche, telecomunicazioni, industria automobilistica e agroalimentare. «A distanza di un secolo la Turchia è tornata nei Balcani e le comunità musulmane in Albania, Kosovo e Bosnia costituiscono il fondamento della sua azione».

I petroldollari sauditi giocano un ruolo altrettanto rilevante. All’inizio degli anni novanta Riyadh ha finanziato la stampa di oltre mezzo milione di copie del Corano; sponsorizzato numerosi pellegrinaggi alla Mecca; costruito scuole islamiche e sovvenzionato i giovani albanesi nello studio della teologia islamica in Turchia, Siria, Arabia Saudita ed Egitto.

Ingerenze che non preoccupano soltanto la Chiesa cattolica. Il clero islamico locale – riferisce ad ACS l’arcivescovo di Scutari – ha creato un comitato ad hoc con l’obiettivo di fondare la prima università islamica del Paese. L’ateneo, che ha già ottenuto l’approvazione del governo di Tirana, spera di accogliere studenti albanesi, macedoni e kosovari. «Le guide moderate islamiche ritengono importante l’apertura di una tale università, affinché i giovani musulmani non debbano recarsi altrove e assimilare dogmi e ideologie fanatiche che non rispecchiano la tradizione nazionale».

Nel 2011 Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato alla Chiesa albanese più di 210mila euro. Tra i diversi progetti sostenuti, il restauro e la costruzione di Chiese ed altri edifici appartenenti alle diocesi e l’aiuto alla formazione di sacerdoti, religiose e religiosi.

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ZENIT Staff

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