Nigeria. Una lunga storia di discriminazioni

Le dichiarazioni ad ACS di monsignor Mattew Hassan Kukah, vescovo di Sokoto

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ROMA, venerdì, 21 dicembre 2012 (raccolta fondi natalizia in favore della Chiesa in Nigeria e per la «meravigliosa opera di denuncia della persecuzione nel mondo», monsignor Mattew Hassan Kukah, vescovo di Sokoto – diocesi suffraganea dell’arcidiocesi di Kaduna – invia alla Fondazione un’analisi della condizione dei cristiani in Nigeria che risale alla radice storica delle discriminazioni.

«Più volte negli ultimi venti anni si sono verificati nel nostro Paese attacchi contro le  Chiese – spiega – ma gli attentati di Boko Haram hanno alzato notevolmente il livello di preoccupazione».  Per monsignor Kukah la volontà di veder applicata la sharia come fonte principale di diritto in tutto il Paese – attualmente è tale solo in 12 dei 36 stati nigeriani – non è che un pretesto utilizzato dalla setta per «nascondere i propri atti criminali». L’adozione della legge coranica è la prima causa di tensione tra cristiani e musulmani ed è probabilmente per questo che i fondamentalisti l’hanno scelta come obiettivo».

La storia della persecuzione della Chiesa nigeriana ha tuttavia origini ben più antiche. Per il presule risale al clima ostile percepito dai primi missionari. Con l’epoca coloniale si è diffuso il mito che il Cristianesimo fosse la religione dell’invasore e che i missionari – provenienti dai Paesi colonizzatori – fossero parte di un complotto internazionale teso a soppiantare l’Islam. Con gli anni il pregiudizio si è radicato nella popolazione e i sacerdoti – «che nei seminari non studiano la storia africana» – spesso non possiedono gli strumenti necessari per confutare il paradigma anti-cristiano.

«Negli Stati del Nord – continua monsignor Kukah – i cristiani sono tuttora considerati dallo Stato alla stregua di stranieri». Una concezione riscontrabile nella disposizione geografica delle Chiese, concentrate nelle aree adibite dall’amministrazione coloniale agli immigrati non musulmani, e che, soprattutto a causa della difficoltà di costruire edifici religiosi non islamici, è rimasta invariata nel tempo nonostante l’aumento della popolazione e l’ampliamento delle città. «A Kaduna e Kano ci sono fino a venti Chiese in una sola via. Mentre in altre zone, abitate anche da cristiani, non è permesso costruirne».

Non è purtroppo l’unica discriminazione subita dai cristiani nel Nord del Paese. Monsignor Kukah ne descrive molte altre: dal divieto di insegnare religione nelle scuole, all’impossibilità di accedere agli impieghi pubblici, ai patrocini e perfino ai mezzi di comunicazione di proprietà statale. «Il cristianesimo è spesso deriso sui network pubblici, ma per noi è difficilissimo ottenere anche una sola ora di trasmissioni». Peraltro anche tutte le infrastrutture federali – quali università e ospedali – sono collocate in quartieri musulmani.

«Dietro alle violenze vi è la mancata applicazione dei principi della Costituzione e l’assenza di leggi che favoriscano i diritti umani e la cittadinanza su ogni altra forma d’identità – continua il vescovo – Piuttosto che discutere dei rapporti tra cristiani e musulmani dovremmo affrontare il dramma di vivere in una nazione al di sotto della soglia costituzionale». La democrazia nigeriana è fiaccata dalla corruzione e dal «dilagare di ogni impunità». «Un solido e onesto sistema giudiziario punirebbe i criminali, qualunque siano le motivazioni dietro cui si nascondono. È questa l’unica via per guarire le ferite infette che in Nigeria hanno logorato i rapporti tra cristiani e musulmani».

ACS-Italia lancia la campagna di raccolta fondi natalizia “EMERGENZA NIGERIA: a Natale tieni accesa la speranza”.

Per informazioni e donazioni: http://acs-italia.org/campagne/

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ZENIT Staff

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