ROMA, mercoledì, 12 dicembre 2012 – Nostra Signora di Guadalupe (ZENIT.org).

Lettura

La liturgia propone una parola per gli stanchi, per i ripiegati su se stessi; per quelli che, camminando nella notte della fede, vivono la solitudine e soccombono all’angoscia. Ancora una parola pronunciata oggi, per me. Rivolto tutto a me stesso, vado considerando il piccolo spazio del mio mondo e, come una formica dentro la sua minuscola tana, misuro tutto in base alle mie proporzioni. Questa parola mi richiama a considerare l’immensità della creazione, nella quale io rappresento un punto infinitesimale. La mia ricorrente tentazione sta nel non sapermi convincere che quel Dio onnipotente e inaccessibile tra miliardi di uomini si ricordi proprio di me?

Meditazione

Oggi la Parola mi sorprende nel vagare dei miei pensieri. Perché lui è grande e io sono piccolo? Perché lui conosce tutto e io mi smarrisco nel mistero? Perché lui è Dio e io sono uomo? Tutto l’affanno viene da qui: dal non riuscire ad accettare lui come Dio e me come uomo. Dal ritenere che la Sua grandezza mi schiacci, anziché farmi crescere e comunicarmi energia. «La grandezza – scrive Saint-Exupery – nasce da uno scopo situato al di fuori di noi. […] Quando l’uomo si chiude e non serve che se stesso, diviene povero». Non è evangelica quella povertà che rimane sorda all’invito di quel Povero che è tale perché non tiene nulla per sé: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Ad essere affaticati e oppressi siamo una moltitudine. Ci comportiamo come se Dio non potesse occuparsi di questa “colonna di formiche” che avanza faticosamente sulla superficie di un pianeta sperduto nello spazio. In realtà egli, che “non si stanca e non si affatica”, si è voluto rendere talmente solidale con noi da assumersi la nostra fatica di vivere. Non più un Dio senza corpo e senza volto, ma un Dio stanco come noi, sulla nostra stessa via, ci dà forza: Gesù di Nazaret. Portando il giogo della nostra condizione umana fragile e debilitata, egli ci dà la possibilità di assumere il suo “carico dolce e leggero”. Ci propone la sostituzione dell’egoismo, che rende schiavi, con l’amore che libera e mette le ali al cuore, come dice il profeta Isaìa. Hai sperimentato qualche volta il riposo promesso da Gesù? Come possono, le parole di Gesù, aiutare la nostra comunità ad essere un luogo di riposo per le nostre vite?

Preghiera

Signore, mio Dio, tu mi conosci: io sono un uomo stanco. Sono nato così, troppo gracile per sostenere da solo tutto il peso della mia esistenza. Dammi la tua mano, Signore; anche tu fratello mio e mio compagno di viaggio dammi la tua mano: la tua stretta mi comunichi la forza dell’amore, perché io possa correre cantando. Amen.

Agire

Oggi voglio fermarmi, creare un clima di preghiera per vivere e gustare l’invito di Gesù e riprendere con gioia la mia vita quotidiana

Meditazione del giorno a cura di padre Celeste Cerroni, M.S. (Missionari de La Salette), tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it