di Luca Marcolivio

ROMA, sabato, 15 dicembre 2012 (ZENIT.org).- La prima parte dell’intervista a Irene Bertoglio sul suo e-book Intervista ai maestri*, è stata pubblicata ieri, venerdì 14 dicembre.

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I tuoi articoli e i tuoi saggi ricalcano molto il pensiero dei maestri succitati, tuttavia hanno un elemento di particolare originalità: sono scritti da una persona giovane e si rivolgono soprattutto ad un pubblico di under 30. Che riscontri hai dai tuoi lettori più giovani? Come commentano i tuoi scritti?

Irene Bertoglio: Attraverso le lettere che mi sono giunte da questa fascia di lettori, ho avuto modo di constatare quanta passione per il vero e quante risorse umane sono pronte ad essere accolte e amate! C’è molta disponibilità, da parte dei ragazzi, di raccontare la propria esperienza e di condividere il proprio cammino. Spesso però nessuno chiede loro: «come stai? Cosa ti turba? Cosa pensi di questo o di quello?». È bello potersi interrogare insieme sui temi che contano nella vita, come una sorella in questa ascesi spirituale. Tanti giovani mi hanno scritto per commentare diversi passaggi del mio libro; abbiamo continuato a riflettere insieme e questo è meraviglioso perché è una ricerca partecipata. Una ricerca non più solitaria, ma comune a chiunque abbia la passione del Vero, del Bene, del Bello.

Sei anche una grande amante della narrativa: ti piacerebbe cimentarti anche in questo campo?

Irene Bertoglio: Per diletto ho scritto delle epistole romanzate, più che altro come monito verso me stessa per alcune riflessioni maturate nel tempo. Faccio uno strappo alla regola e ti faccio leggere un pezzo: «Caro Coulbert, immersa nella natura contemplo... Stimo di voi l’anticonformismo, il coraggio delle vostre gesta, la sfida contro la storia che assiduamente intraprendete, anche a costo di marciare contro i venti. Mi assomigliate, mio dolce alter ego, per la fresca sfrontatezza con la quale affrontate ogni nuova sfida, sicura che, indipendentemente dal risultato, vi sentirete liberi di aver seguito il pulsare della vostra anima. Avete un’intelligenza vivace, con la quale mi confronto, un carisma innato, nel quale mi rispecchio, uno spirito combattivo, verso il quale mi sento attratta. Fissando i vostri occhi rivedo la scintilla che brilla nei miei: la stessa passione di vivere, la stessa intrinseca filosofia esistenziale, la stessa sfacciataggine. Vi amo, sublimandomi in una profonda estasi intellettuale. Vi penso, fissando l’immensa prateria con il suo intrigante richiamo: sentire il vento fra i capelli, il mio cavallo seminare metri alla velocità della luce, assaporare l’ebbrezza del sole scaldarmi la pelle, ascoltare i profumi del Creato... Pensarvi, Coulbert, mentre anche voi starete scrivendo la storia, in qualche angolo di mondo, con la fierezza che vi contraddistingue. Quante anime assopite in questo triste continente! Quanta mediocrità e quanta viltà infangano la nostra terra! Voi solo conoscete la morsa che stringe il mio cuore, quando avverto la solitudine dell’altitudine... Voi solo conoscete la profondità del mio spirito tormentato, ma sapete anche che non mi arrenderò mai. Sapere che esiste un combattente a cui vibra il cuore per gli stessi Ideali, mio dolcissimo amico, rende la mia lotta più convinta, la mia audacia più grintosa, la mia spada più sicura. Con dedizione, scrivendovi prima di recarmi al solito noioso ballo di corte […]».

Nella tua vita svolgi attività sia editoriali che extraeditoriali: tra queste ultime il volontariato pro-life e l’imprenditoria not for profit per i bambini. Ancora non sei madre ma già l’infanzia e la vita nascente hanno un posto di grande rilievo nella tua vita. I bambini sono da sempre la speranza dell’umanità: perché allora ne facciamo nascere sempre meno?

Irene Bertoglio: Perché l’attuale cultura (che sarebbe più corretto chiamare non-cultura) è sempre più cultura di morte. Un pensiero debole ritiene la vita degna solo in alcuni casi (quando si è sani, quando si è efficienti, prima della pensione, prima di una malattia…). Ed ecco che tantissimi bimbi vengono abortiti in nome del dio-salute, non vengono accolti perché non si vuole accettare che non siamo noi a darci la vita e a scegliere come modellare la natura a seconda dei nostri gusti. La causa della nostra angoscia è la perdita del significato della vita: è su questo terreno che oggi rischiamo la catastrofe. La nostra società concepisce la vita solo in termini di funzionalità, di efficienza e di produttività, vuole fare una selezione delle persone: quelle “buone” le teniamo, quelle “non buone” le buttiamo via. È l’eliminazione degli “inutili”. Sentiamo spesso parlare di dignità della persona, ma sarebbe più appropriato parlare di dignità dell’uomo, da difendere sempre: «non ti ho scelto perché vali ma perché ti amo» (Deuteuronomio, cap. 7 vers. 7). Quante le donne che decidono poi di fare un figlio quando è troppo tardi, perché si accorgono che il tempo è stato sprecato in chimere e così si rivolgono alla pratica della fecondazione artificiale! Ci sarebbe molto da approfondire sul ruolo della donna che, se da una parte ha raggiunto progressi che in società precedenti erano impensabili, ha anche perso sempre più la sua vocazione di dono. Siamo tutti immersi in un clima che ci suggerisce velenosamente di pensare solo a noi stessi, ad essere individualisti, egoisti, autodeterminati, “liberi” da fatiche, emancipati, narcisisti, egocentrici… Se preferiamo possedere piuttosto che donare, è conseguenza immediata che il dono della vita è il primo a saltare.

Sei originaria di Magenta, la città che diede i natali a una grande “maestra” del recente passato, nonché paladina della vita: Santa Gianna Beretta Molla. Pensi che questa tua illustre conterranea ti abbia in qualche modo influenzata?

Irene Bertoglio: È una domanda che anche io mi sono posta ed è la prima volta che qualcuno me lo fa notare. Ciò che ritengo strano è che negli anni passati non ho mai dato troppo peso alla figura di questa Santa; forse perché come capita per tutte le cose, quando le si hanno vicine, le si dà un po’ per scontato. Un giorno questo pensiero mi ha sfiorato la mente: la battaglia per la vita, l’amore per i più piccoli, per i bambini e per coloro che non hanno avuto voce in quanto abortiti mi ha fatto pensare che forse c’è un collegamento misterioso tra il legame che ha unito la mia famiglia (e quindi la mia persona) a Santa Gianna. Se questa è una missione voluta da Lassù oppure una splendida coincidenza non posso saperlo, ma la considero provvidenziale.

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