Ratzinger: "Avrei preferito chiamarmi 'padre Benedetto', ma ero troppo debole per impormi"

Il Papa emerito rilascia una intervista esclusiva al quotidiano tedesco ‘Frankfurter Allgemeine’, in cui smentisce qualsiasi suo presunto “intervento” al dibattito del Sinodo

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Al momento della rinuncia, avrei preferito farmi chiamare semplicemente “Vater Benedikt. Padre Benedetto”, ma “ero troppo debole e stanco per impormi”. È il passaggio più significativo della intervista esclusiva rilasciata dal papa emerito Benedetto XVI al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine, pubblicata nell’edizione di domenica scorsa.

Tanto che il giornalista Joerg Bremer, corrispondente a Roma, domanda: “Questo lo scriviamo?”. E Ratzinger, come sempre oculato e sottile, risponde: “Faccia pure… magari può essere d’aiuto”.

Magari, infatti – si potrebbe aggiungere – può essere d’aiuto a dare una volta per tutte un taglio alle teorie su una presunta diarchia in Vaticano, dove il Papa emerito continua a manovrare, dal ‘nascondimento’ del Mater Ecclesiae (il monastero vaticano dove risiede dopo la rinuncia nda), la Chiesa universale ‘scavalcando’ il Papa regnante.

O anche può essere d’aiuto a far tacere le voci secondo cui ‘padre Benedetto’ si metta un po’ ‘di traverso’ ai piani del suo successore. Come alcuni dicono sia accaduto in occasione del Sinodo straordinario sulla famiglia, quando – a pochi giorni dalla chiusura dell’assise che ha richiamato l’attenzione mondiale soprattutto sul tema dei sacramenti ai divorziati rispostati – è stato riesumato un saggio dell’allora professore di teologia Joseph Ratzinger dal titolo «Sulla questione dell’indissolubilità del matrimonio».

Nello scritto in questione, edito nel 1972, il futuro Pontefice si era espresso in termini possibilisti sulla riammissione all’eucarestia dei divorziati risposati, perché – ammetteva – in alcuni e particolari casi la riammissione poteva essere “coperta dalla tradizione”. Un intervento che poteva rivoluzionare le conclusioni del recente Sinodo e alimentare le discussioni per il prossimo.

Invece Ratzinger, nel suo nuovo volume a breve in uscita, il quarto di quelli che raccolgono la sua Opera Omnia, ha preferito riformulare la teoria dell’epoca e ribadire l’intangibilità della dottrina sull’indissolubilità del matrimonio. E dunque tutto ciò che ne consegue riguardo allo spinoso tema dell’accesso ai sacramenti. Insomma, Benedetto XVI non ha voluto smentire sé stesso, né quanto affermò da cardinale prima e da Papa poi.

Una cosa però ha voluto smentirla categoricamente nella mezz’ora di colloquio con il giornale tedesco: che da parte sua non c’è mai stata una volontà, neanche indiretta, di intromettersi al dibattito voluto da Francesco al Sinodo. “È una totale assurdità”, dice con fermezza, e rimarca ancora una volta gli “ottimi contatti” con Bergoglio. “Cerco di essere il più silenzioso possibile”, soggiunge inoltre, anche perché per il credente è “chiaro chi sia il vero Papa”

Bisogna evidenziare poi – spiega ancora il Papa emerito – che la revisione del testo è stata decisa ben prima dell’inizio dell’assemblea dei vescovi, ad agosto per l’esattezza, e non contiene “nulla di nuovo”. Anzi, aggiunge, “io stesso, da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ho scritto cose assai più radicali”.

Nel corso dell’intervista, Ratzinger ricorda anche l’insegnamento di Giovanni Paolo II su questi delicati temi, e sottolinea che i divorziati risposati non devono essere esclusi dalla vita della Chiesa, ma essere maggiormente coinvolti, magari facendo ad esempio da padrini e madrine di Battesimo.

L’ultimo pensiero nell’intervista è per il Natale ormai alle porte; soprattutto l’ex Pontefice rivolge uno sguardo alla Terra Santa, il luogo in cui Cristo ha vissuto incarnandosi in forma umana. Gesù – dice colui che è il suo maggior biografo – infatti non è stato solo spirito, ma si è fatto uomo, e tutta la sua vita su questa terra è databile. E “questa dimensione terrena è importante per la fede degli uomini”, afferma Ratzinger.

Congedandosi dal giornalista, mostra infine alcune medaglie e ricordi del pontificato. Con l’umorismo che molti a lui vicini dicono lo contraddistingua, aggiunge: “Può tenerli, se vuole. Ma purché non si alimenti così il culto della personalità”. Poi saluta con affetto il cronista e ritorna alla sua vita fatta di ore e ore di preghiera, di lunghe passeggiate, di esercitazioni al pianoforte. La vita, cioè, di un monaco che suo malgrado ha accettato con umiltà di vedere accostato al suo nome ancora il titolo di ‘Papa’ e non di ‘padre’.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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