Quei piccoli miracoli nascosti nel cuore dell'Africa

Un missionario carmelitano racconta la sua esperienza da direttore della Caritas di Bouar, in un paese segnato da colpi di stato e conflitti politico-religiosi

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Un paese che trascorrerà un Natale piuttosto difficile è la Repubblica Centrafricana, scossa da due colpi di stato nel giro di dieci anni. In una delle terre più povere e tribolate del continente africano e del mondo, svolge la sua missione il padre carmelitano Aurelio Gazzera.

52 anni, originario di Cuneo, padre Gazzera vive in Centrafrica da 23 anni ed attualmente ricopre l’incarico di direttore della Caritas di Bouar. In un paese particolarmente eterogeneo sul piano religioso, il missionario piemontese sta portando avanti una pastorale aperta ai poveri di ogni culto: un discorso non scontato, se si tiene conto della difficile convivenza tra i vari gruppi confessionali e degli scontri violenti che talora si riscontrano tra di essi.

A colloquio con ZENIT, padre Aurelio ha descritto l’attuale scenario politico-sociale nella Repubblica Centrafricana: un quadro assai conflittuale, all’interno del quale, tuttavia, se si pongono Dio e l’uomo al centro di tutto, possono avvenire dei piccoli miracoli.

Padre Aurelio, com’è la situazione politica in Centrafrica?

Il quadro generale è molto complesso. Il paese è diviso in due con una parte sotto il dominio della Seleka, con tutti i problemi che ne conseguono, mentre dall’altra parte manca una presenza incisiva del governo e dell’amministrazione. Si parla – ma senza un’ida chiara di cosa davvero rappresenteranno – delle prossime elezioni che dovrebbero tenersi in agosto e di un forum per un dialogo inclusivo che possa riappacificare tutte le principali componenti del paese: governo, partiti politici, società civile, ribelli delle varie fazioni. A livello locale, però, questo dialogo sembra sia saltato, quindi, è venuto meno il contributo della società civile in varie parti del paese. La situazione rimane dunque piuttosto fragile, confusa ed incerta per quanto riguarda il futuro.

Qual è il contributo offerto dalla Chiesa Cattolica in questo paese?

Sono in Centrafrica da 23 anni: prima ho lavorato in un seminario, mentre dal 2003 sono nella parrocchia di Bozoum ed ora anche responsabile della Caritas della mia diocesi. Negli ultimi 20 anni, il paese ha vissuto vari momenti di crisi ma quello attuale sembra essere il più duro e il più prolungato. La Chiesa Cattolica in Centrafrica è una chiesa che, da un lato, ha la freschezza delle comunità che hanno conosciuto il Vangelo in tempi recenti: i primi missionari arrivarono nel 1894, portando l’evangelizzazione dapprima nella capitale, poi, molto gradualmente, estendendola al resto del paese. Si riscontrano l’entusiasmo e la bellezza di una chiesa giovane ma con tutte le difficoltà di una fede che fatica a diventare comportamento sia pubblico che privato. È comunque una comunità che si è voluta aprire a tutti coloro che avevano bisogno, anche non cattolici o musulmani, e che esprime il meglio di se stessa nella persona di alcuni vescovi, come quello di Bossangoa, uno dei pochi che hanno credibilità, riuscendo a incidere nella vita politica del paese. Una chiesa con molte difficoltà, dunque, ma anche con una bella capacità di accoglienza e speriamo anche di riflessione per il futuro.

C’è una buona convivenza tra le varie religioni?

Fino all’anno scorso si riscontrava un’ottima convivenza tra le religioni. I musulmani sono il 10-15% della popolazione, ma in alcune zone sono più presenti. Ci sono poi i cattolici e la galassia protestante. Nel 2012, quando è iniziata questa crisi, si è temuto che da subito potesse degenerare dal punto di vista religioso. È nata quindi una piattaforma dei leader religiosi che riunisce i leader cattolici, protestanti e musulmani che hanno sempre lavorato per evitare questa possibile degenerazione, andando a portare un messaggio anche laddove c’erano tensioni tra le varie confessioni.

Sarà un Natale sereno o tormentato per i centrafricani?

In certe zone, come a Bozoum, la situazione si sta parzialmente tranquillizzando: l’anno scorso alla missione avevamo 6000 rifugiati che quest’anno non ci sono più. Da un lato peserà sicuramente il ricordo di quanto è successo in parecchie parti del paese, dall’altra si cerca sempre di andare avanti e di cogliere gli aspetti più positivi. Un paio di mesi fa, ad esempio, avevo lanciato l’idea di dare una mano ai circa 200 musulmani che erano rimasti a Bozoum, raccogliendo cibo ed offerte. Si è trattato di un’operazione rischiosa, per la quale io non volli insistere più di tanto, poiché molti hanno perso familiari o persone care per mano dei musulmani, invece la reazione della gente è stata molto positiva: hanno portato molto cibo e denaro pari a 70 euro, quindi all’incirca il triplo di quello che normalmente raccogliamo per i poveri della città. Sul blog del mese di novembre, abbiamo raccontato della reazione dei cristiani che hanno voluto fare questo gesto per i musulmani, di cui erano orgogliosi, nonostante la sofferenza. Un’esperienza molto bella che mi fa ben sperare per il Natale.

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Per approfondimenti: http://bozoum.blogspot.it/

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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