Pauline Marie Jaricot: testimone della nuova evangelizzazione (Seconda parte)

La conferenza di monsignor Fisichella in occasione della chiusura dellAnno Giubilare per il 150° della morte della Venerabile

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La prima parte è stata pubblicata ieri, giovedì 10 gennaio.

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Dovremmo, probabilmente, riscoprire un nuovo vocabolario di termini che appartengono alla fede e che, forse, sono scomparsi dal nostro linguaggio; per questo, la fede è diventata debole e non ha più la forza trainante del passato. Una prima parola è conversione. L’esigenza di cambiare vita è legata all’annuncio del Vangelo. La predicazione di Gesù è stata questa: “Convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15). Credere in Gesù come Figlio di Dio richiede da parte nostra la consapevolezza di cambiare la nostra vita. Uscire dall’indifferenza e dall’individualismo per riscoprire il senso di appartenenza alla comunità dove si vive la comunione non è utopia, ma la forma reale dei discepoli di Cristo. Se le nostre comunità si sono burocratizzate, difficilmente potranno essere efficaci nell’annuncio del vangelo. […]

Un secondo termine è salvezza. Una parola che sembra scomparsa dal nostro vocabolario perché indica il riconoscimento di uno stato di bisogno da parte dell’uomo. Nel momento in cui si compie l’esperienza della finitezza e della propria contraddittorietà personale e soprattutto quando l’esperienza del limite sfocia nel riconoscimento di non essere in grado di darsi una risposta a partire dalla sue proprie forze, allora si dovrebbe realisticamente ammettere l’esigenza della salvezza. L’esistenza personale quando riflette sulla propria libertà e verifica le scelte sbagliate che ne sono conseguite, scopre la presenza del male e con esso l’esigenza di esserne liberati. Dovremmo riscoprire il grande valore che possiedono i racconti dell’ultima cena dove con chiarezza l’evangelista mostra l’intenzione di Gesù di offrire la sua vita “in riscatto” dell’umanità. Tra le diverse forme interpretative che si colgono nei vangeli, Giovanni insiste soprattutto sul legame tra salvezza e amore. Il mistero della salvezza è il mistero dell’amore trinitario che si rivela nell’obbedienza libera di Gesù Cristo di offrire se stesso per la salvezza di tutti. L’amore obbedienziale di Gesù Cristo arriva “fino alla fine” (Gv 13,1); fino a quando “tutto è compiuto” (Gv 19,30) e solo in questo modo la redenzione attua la liberazione suprema dalle tenebre del peccato. […]

La terza parola è gioia. Scoprire il senso dell’esistenza liberata, porta gioia. Non è un caso che l’annuncio del mistero dell’incarnazione sia dato a Maria con le parole della gioia: “Rallegrati” (káire Lc 1,28). E’ questa un’esperienza che dovrebbe ritornare con convinzione nella vita dei cristiani per esprimere il vero volto della fede. Credere al Vangelo, d’altronde, equivale a rallegrarsi per la bella notizia che è giunta fino a noi. L’apostolo Paolo lo ripete ai primi cristiani a più riprese: “Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini” (Fil 4,4); e ancora, a conclusione della sua prima lettera ai cristiani di Tessalonica, ribadisce: “State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Ts 5,16-18). Ciò che il Figlio di Dio rivela, offre gioia perché proviene da Dio, fonte e culmine della felicità. All’origine della gioia cristiana, quindi, vi è l’amore di Dio che spezza il circolo dell’egoismo e permette di cogliere la verità su se stessi come offerta d’amore agli altri. […] Ecco perché dalla nostra vita deve scomparire ogni forma di tristezza, perché questa è contraria alla volontà di Dio. L’uomo triste non rende giustizia allo Spirito Santo che è portatore di “amore e gioia” (Gal 5,22).

La quarta parola è comunione. Come diceva Giovanni Paolo II: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo” (Nmi 43). Parlando di questo tema si ritorna sempre al centro della fede che è trinitaria. Il ritorno alla Trinità per esprimere la comunione non è un allontanamento dalla quotidianità ma, al contrario, un ritornare alle sorgenti del nostro “essere”. L’origine dalla Trinità porrà sempre la Chiesa, in qualunque momento della sua storia, a prendere coscienza del paradigma sul quale deve coniugare la sua esistenza. […]

L’ultima parola, che dovrebbe essere la prima a essere pronunciata, è grazia. L’opera di evangelizzazione non è primariamente opera dei credenti, piuttosto frutto dello Spirito. Non dimentichiamo che è sempre lui l’artefice primo e il protagonista dell’evangelizzazione. Egli prepara l’accoglienza del Vangelo, disponendo il cuore e la mente all’ascolto, agisce perché quanti sono evangelizzatori possano trovare le parole giuste e vere per muovere alla conversione e, infine, continua a plasmare la vita degli uni e degli altri, perché il Vangelo porti frutto. L’esperienza della grazia obbliga a guardare oltre noi stessi, per verificare quanto la missione che ci è stata affidata sia in primo luogo una vocazione a cui senza nostro merito siamo stati chiamati a dover collaborare. Ciascuno di noi, nei differenti ruoli e ministeri che svolgiamo, siamo chiamati a ravvivare la grazia del battesimo. La scoperta di essere battezzati e in forza di questo evangelizzatori, porta a riscoprire la novità di cui siamo portatori. […]

Pensare che la nuova evangelizzazione equivalga a porre in essere una nuova forma di proselitismo per riempire le nostre chiese, equivale a non aver compreso la logica della fede. Il cristianesimo – come ogni religione – vive nella misura in cui quanto credono alla Parola di Cristo rendono altri partecipi della salvezza ricevuta. […] La testimonianza di Pauline Jaricot non fa che confermarci in questa convinzione. La vera sfida che ci attende, pertanto, è quella di costruire una comunità che sappia farsi carico di essere testimone della presenza di Dio nel mondo nell’umiltà di un servizio che abbiamo la responsabilità di rendere all’uomo di oggi in modo più incisivo e persuasivo come una rinnovata e per questo sempre nuova evangelizzazione destinata al nostro contemporaneo.

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ZENIT Staff

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