Il profondo amore di Dio per chi è nel dolore

Nel Messaggio per la Giornata del Malato, Benedetto XVI incoraggia ad accogliere con amore ogni vita umana, specie se debole e malata, sull’esempio del Buon Samaritano

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«Non siete né abbandonati, né inutili: voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua trasparente immagine». Furono queste le parole che i Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II rivolsero ai poveri, ai malati e ai sofferenti nel loro Messaggio.

Cinquant’anni dopo, in occasione della XXI Giornata del Malato, Benedetto XVI fa sue queste parole “rassicuranti” per esprimere la propria vicinanza a tutti coloro che “nei luoghi di assistenza e di cura o anche a casa”, stanno vivendo “un difficile momento di prova a causa dell’infermità e della sofferenza”.

La Giornata si celebrerà in forma solenne venerdì 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, presso il Santuario mariano di Altötting. Sarà un “momento forte di preghiera” per i malati, gli operatori sanitari e pastorali e le persone di buona volontà – dice il Papa – oltre che un’occasione “di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo”.

Centro del Messaggio di Benedetto XVI è la parabola del Buon Samaritano narrata da san Luca. Con l’esempio di questa figura “emblematica” – spiega il Papa – Cristo “vuole far comprendere l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella malattia e nel dolore”.

In particolare, sono le parole conclusive della parabola la chiave di lettura del testo del Pontefice: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10,37). Attraverso di esse, infatti, “il Signore indica qual è l’atteggiamento che deve avere ogni suo discepolo verso gli altri, particolarmente se bisognosi di cura”.

E’ evidente il parallelismo già posto in luce da diversi Padri della Chiesa tra il Buon Samaritano e Gesù, cioè “Colui che rende presente l’amore del Padre, senza barriere né confini”, tanto da spogliarsi del suo “abito divino”, per accostarsi misericordioso “sull’abisso della sofferenza umana”.

L’amore di Dio verso l’uomo è un “amore infinito”: da questo atteggiamento – rimarca il Santo Padre – attraverso la preghiera, è possibile attingere “la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto, anche se sconosciuto e privo di risorse”.

Ciò non vale solo per gli operatori pastorali e sanitari, ma anche per lo stesso malato che quindi “può vivere la propria condizione in una prospettiva di fede”. Come affermava infatti la Spe salvi: «Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore».

Benedetto XVI ha quindi richiamato le importanti figure della Chiesa “che hanno aiutato le persone malate a valorizzare la sofferenza sul piano umano e spirituale”, quale stimolo e esempio per intensificare “la diaconia della carità” durante l’Anno della Fede. Quindi: Santa Teresa del Bambino Gesù, che visse la malattia “in unione profonda alla Passione di Gesù”; il Venerabile Luigi Novarese, che accompagnava i malati nei Santuari mariani; Raoul Follereau che dedicò la propria vita alla cura delle persone affette dal morbo di Hansen.

E poi: la beata Teresa di Calcutta che dopo aver incontrato Gesù nell’Eucaristia, usciva nelle strade per servire “il Signore presente nei sofferenti”. E Sant’Anna Schäffer che trasformò il suo “letto di dolore” in una “cella conventuale” unendo in modo esemplare le proprie sofferenze a quelle di Cristo.

Tuttavia – evidenzia Benedetto XVI – l’esempio più alto è la Vergine Maria che davanti al “supremo sacrificio” del Figlio sofferente sul Golgota, non perse mai “la speranza nella vittoria di Dio sul male, sul dolore e sulla morte”, ma accolse “con lo stesso abbraccio di fede e di amore il Figlio di Dio nato nella grotta di Betlemme e morto sulla croce”.

Il pensiero finale del Santo Padre si rivolge, infine, a quanti spendono la propria vita nella cura di quella altrui: le istituzioni sanitarie cattoliche, le diocesi, le comunità cristiane, le famiglie religiose, le associazioni degli operatori sanitari e il volontariato. “In tutti – auspica il Papa – possa crescere la consapevolezza che nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole e malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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