I rifugiati, i grandi sopravvissuti del nostro tempo

L’editoriale dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, pubblicato su “La Gazzetta del Sud” di domenica 22 giugno

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“Il viaggiare per profitto viene incoraggiato, il viaggiare per sopravvivenza condannato, con grande gioia dei trafficanti di immigrati illegali e a dispetto di occasionali ed effimere ondate di orrore e indignazione provocate dalla vista di “emigranti economici” finiti soffocati o annegati nel vano tentativo di raggiungere la terra in grado di sfamarli”.

Così scriveva Zygmunt Bauman in un suo libro dal titolo eloquente, La società sotto assedio. Un’amara verità risuonata nelle tante riflessioni ispirate dalla Giornata mondiale del rifugiato, appuntamento promosso dalle Nazioni Unite il 20 giugno di ogni anno, per ricordare la Convenzione (del 1951) che racchiude i principi fondamentali sulla protezione dei rifugiati e i diritti dei popoli costretti a esodi forzati di massa. Norme di indiscusso ed elevato valore ideale, purtroppo per gran parte confinati alla Carta che li accoglie.

I rifugiati sono i grandi sopravvissuti dei nostri tempi. Le nazioni che una volta aprivano loro le porte ora le chiudono. E il fenomeno pare inarrestabile: in Italia, solo nei primi tre mesi del 2014, sono stati registrati diecimila  arrivi contro i novecento del 2013. Considerati un problema, in realtà, da un punto di vista economico e culturale, creano più ricchezza di quanta ne consumino. Molti sono persone di notevole creatività, che portano con sé una grande reputazione o la conquistano nei Paesi di adozione. Quasi tutti hanno delle spiccate attitudini e non chiedono altro che potere mantenere se stessi e le proprie famiglie con un onesto lavoro, magari anche duro, eppure molto spesso anche nei loro riguardi, come nei confronti dei migranti in generale, le uniche politiche che si  attuano sono il  respingimento e soprattutto la diffidenza, quando non anche l’ostilità.

Se non v’è dubbio che la questione dell’accoglienza va affrontata in piena sintonia tra tutti i Paesi che compongono quell’unica grande patria che è l’Unione Europea, inaccettabile è che il tema – che pure si ripresenta ogni anno con l’arrivo della primavera e dunque della bella stagione e del mare calmo che favorisce il lavoro dei mercanti di carne umana – possa essere trattato sempre e solo come un’emergenza, quasi a testimoniare l’incapacità di strutturare un sistema di accoglienza credibile. Occorre cambiare registro. 

Papa Francesco, qualche giorno fa, ha esortato ad imboccare questa strada: “Milioni di famiglie rifugiate di tanti Paesi e di ogni fede religiosa – ha rammentato il Pontefice – vivono nelle loro storie drammi e ferite che difficilmente potranno essere sanate. Facciamoci loro vicini, condividendo le loro paure e la loro incertezza per il futuro e alleviando concretamente le loro sofferenze”, sapendo “che anche Gesù è stato un rifugiato: è dovuto fuggire per salvare la vita, con san Giuseppe e la Madonna, è dovuto andarsene in Egitto”.

Duemila anni dopo, le fughe continuano, i rifugiati esistono ancora e crescono sempre più di numero. Qualcosa non va, e non c’è bisogno di aspettare lo sbarco o la tragedia quotidiani per ricordarsene.

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Vincenzo Bertolone

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