di Luca Marcolivio
CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 21 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Un 2012 caratterizzato da “molteplici situazioni travagliate, da grandi questioni e sfide, ma anche da segni di speranza”. Con queste parole papa Benedetto XVI si è rivolto ai cardinali, ai membri della Curia Romana e del Governatorato Vaticano, in occasione della presentazione dei consueti auguri natalizi.
Durante l’udienza, tenutasi nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre ha rievocato i momenti salienti dell’anno quasi concluso, menzionando innanzitutto le visite pastorali in Messico e a Cuba, definite “incontri indimenticabili con la forza della fede, profondamente radicata nei cuori degli uomini, e con la gioia per la vita che scaturisce dalla fede”.
Benedetto XVI ha ricordato in modo particolare le “interminabili schiere di persone” che lo hanno salutato in Messico, “sventolando fazzoletti e bandiere”, oltre ai “giovani devotamente inginocchiati ai margini della strada per ricevere la benedizione del Successore di Pietro”, lungo la strada per Guanajuato e la “grande liturgia” davanti alla statua di Cristo Re, “diventata un atto che ha reso presente la regalità di Cristo – la sua pace, la sua giustizia, la sua verità”.
I problemi sociali ed economici del grande paese centroamericano, ha aggiunto il Papa, “non possono essere risolti semplicemente mediante la religiosità, ma lo possono ancor meno senza quella purificazione interiore dei cuori che proviene dalla forza della fede, dall’incontro con Gesù Cristo”.
Durante il viaggio a Cuba, ha proseguito il Pontefice, “si è resa percepibile la presenza di Colui al quale, per molto tempo, si era voluto rifiutare un posto nel Paese”. La questione della libertà nel paese caraibico, quindi, “non può riuscire senza un riferimento a quei criteri di fondo che si sono manifestati all’umanità nell’incontro con il Dio di Gesù Cristo”.
Altro momento cruciale dell’anno ecclesiale è stata la visita pastorale a Milano, in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, un evento che ha mostrato come “nonostante tutte le impressioni contrarie, la famiglia è forte e viva anche oggi”, ha commentato il Pontefice.
L’Incontro Mondiale delle Famiglie, assieme alle riflessioni scaturite durante l’ultimo Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, ha fornito lo spunto al Papa per affermare che “nella questione della famiglia non si tratta soltanto di una determinata forma sociale, ma della questione dell’uomo stesso – della questione di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto”.
In questo ambito, le sfide sono “complesse” e chiamano in causa l’uomo, in particolare nella sua capacità di “legarsi oppure della sua mancanza di legami”. Di fronte a dilemmi come il presunto contrasto tra la libertà e i legami familiari, il Santo Padre ha osservato come una “errata comprensione della libertà e dell’autorealizzazione” porti l’uomo a chiudersi in se stesso.
Solo nel “dono di sé”, al contrario, egli può riuscire a scoprire “l’ampiezza dell’essere persona umana”. Se però vengono rifiutate le “figure fondamentali dell’esistenza umana” – il padre, la madre, il figlio – vengono a cadere le “dimensioni essenziali dell’esperienza dell’essere persona umana”.
Parallelamente alle sfide sulla famiglia, scorre l’attuale dilemma sulla teoria del “gender”, ovvero la filosofia secondo la quale la sessualità “non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi”.
Si tratta di una teoria segnata da “profonda erroneità”, ha affermato il Papa, in quanto l’uomo, in tal modo, “nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela”. Questa “manipolazione della natura”, che oggi “deploriamo per quanto riguarda l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso”.
Se viene a mancare la “dualità” dell’essere umano come maschio e femmina, così come Dio li ha creati (cfr. Gen 1,27) “allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione”. Persino i figli arrivano a essere privati della dignità che è loro propria e vengono ridotti ad un “oggetto di diritto”.
“Nella lotta per la famiglia – ha aggiunto Benedetto XVI – è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo”.
Un “grande tema” che ha segnato la Chiesa nell’ultimo anno, da Assisi fino all’ultimo Sinodo è quello del dialogo nelle sue tre principali dimensioni: 1) dialogo con gli Stati; 2) dialogo con la società, con la cultura e con la scienza; 3) dialogo interreligioso.
Sui primi due aspetti del dialogo, il Santo Padre ha ricordato che la Chiesa parla sempre “a partire da quella luce che le offre la fede” ed è tenuta a fare “tutto il possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica”.
Il dialogo con le altre religioni è invece una “condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani come pure per le altre comunità religiose”. Esso non ha come obiettivo la “conversione”, bensì la “comprensione”, distinguendosi, così, dall’evangelizzazione e dalla missione.
Fermo restando che, dialogando, le due parti “restano consapevolmente nella loro identità”, lo scopo precipuo è la “migliore comprensione reciproca” e, al tempo stesso, un “avvicinamento alla verità”. Non è l’uomo a possedere la verità, ha ribadito il Pontefice ma “è essa a possedere noi”, attraverso Cristo che è egli stesso Verità.
Verso la conclusione dell’udienza, Benedetto XVI ha fatto cenno all’evangelizzazione, sulla base delle proposte dei Padri sinodali. “La parola dell’annuncio diventa efficace là dove nell’uomo esiste la disponibilità docile per la vicinanza di Dio; dove l’uomo è interiormente in ricerca e così in cammino verso il Signore”, ha detto a tal proposito il Santo Padre.
“Venite e vedrete!” è l’invito chiave di Gesù ad accompagnarlo e a conoscerlo di più, assieme alla Chiesa che è il suo corpo. “Alla fine dell’anno vogliamo pregare il Signore, affinché la Chiesa, nonostante le proprie povertà, diventi sempre più riconoscibile come sua dimora”, ha aggiunto il Papa, prima di rivolgere i saluti finali e gli auguri natalizi.