Bergoglio, "il Papa più europeista"

Nel secondo incontro del ‘Cenacolo degli amici di Francesco’, mons. Toso illustra i modi di rivitalizzare la democrazia del Papa argentino. Presenti i cardinali Kasper e Coccopalmerio, padre Spadaro e il prof. Raniero La Valle

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Mercoledì 10 dicembre il Centro Russia Ecumenica a Borgo Pio ha ospitato il secondo incontro organizzato dal ‘Cenacolo degli amici di papa Francesco’ (il primo si era svolto l’11 novembre su argomenti sinodali). Stavolta il tema annunciato era quello relativo al discorso di papa Francesco ai movimenti popolari; in realtà la serata si è piuttosto concentrata sulla necessità di rivitalizzare un sistema democratico gravemente degradato a livello europeo e mondiale. Una quindicina i presenti, tra i quali si evidenziavano – oltre al relatore mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace – i cardinali Kasper e Coccopalmerio, il direttore di ‘Civiltà cattolica’ padre Spadaro, il professor Raniero La Valle. Pochi dunque i convenuti, che tuttavia hanno saputo offrire diversi spunti di interesse e di riflessione su un argomento vitale per il futuro dei popoli.

Nell’introduzione il coordinatore del ‘Cenacolo’ Raffaele Luise si è dapprima compiaciuto per i nuovi Lineamenta in vista del Sinodo 2015: essi dimostrano che “indietro non si torna” ed è del resto “straordinario il questionario con le 48 domande, che si addentrano nei grandi problemi” della pastorale della famiglia. Venendo al discorso del Papa ai partecipanti all’incontro mondiale dei movimenti popolari, il 28 ottobre scorso, Luise ne ha evidenziato l’ “importanza storica”.  

Di quell’incontro uno dei promotori è stato il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, di cui l’arcivescovo Mario Toso è il segretario. Per il salesiano il discorso del Pontefice “non va letto a sé, come un masso erratico”, ma nel contesto di un’ampia riflessione sulla “riappropriazione della democrazia”.

I movimenti popolari, “esperienza di solidarietà che cresce dal basso” (“Hanno i piedi nel fango e le mani nella carne”, odorano “di quartiere, di popolo, di lotta”), devono essere valorizzati, espressione come sono dell’urgenza di rivitalizzare il sistema democratico ormai malato.

Nell’Aula Nervi c’erano “cartoneros, riciclatori, venditori ambulanti, sarti, artigiani, pescatori, contadini, muratori, minatori, operai di imprese recuperate, membri di cooperative di ogni tipo e persone che svolgono mestieri più comuni”, tutte persone “escluse dai diritti dei lavoratori”. Essi sono “un torrente di energia morale” che deve trovare una forma di “incanalamento” che ne sfrutti al meglio le potenzialità, così da contribuire a recuperare un sistema democratico fondato sulle esigenze della persona umana e non su quelle della speculazione finanziaria. 

Papa Francesco, come già anche nella Evangelii gaudium, “va controcorrente” rispetto alla cultura dominante, è “un rivoluzionario” e quanto dice – fondato pienamente sulla dottrina sociale della Chiesa – dovrebbe essere applicato dai governanti: se ciò accadesse, ne conseguirebbe “un radicale cambio di direzione” nelle loro politiche.

Per mons. Toso oggi viviamo in una “democrazia a bassa intensità”, caratterizzata da alti tassi di povertà e disuguaglianze crescenti, da un deficit di politica e una “crescente separazione tra élites e società civile, istituzioni e cittadini”, dalla carenza di una “visione complessiva” dei problemi di un Paese, dalla proposta dei governanti di “questioni secondarie trattate come se fossero principali”, da un “individualismo libertario e utilitaristico che infetta i cittadini”, dalla “mediatizzazione della politica che fa prevalere leadership inconsistenti”.

Le allusioni alla situazione italiana sono bem presenti nell’intervento del Rettore emerito della Pontificia Università Salesiana e tuttavia aspetti importanti di tale situazione si ritrovano anche in altri Paesi, specialmente in Occidente. Dell’Occidente è parte integrante l’Europa. Nei due discorsi tenuti il 25 novembre davanti alle massime istituzioni europee il Papa ha evidenziato che l’Europa caratterizzata da “stanchezza, invecchiamento, non più fertile e vivace”, va “rifondata attraverso una rifondazione dello Stato di diritto”, che trova le sue radici nella “legge morale naturale”. Lo Stato di diritto ha “un nemico principale, l’odierno individualismo libertario, per cui “ogni singolo si inventa i propri diritti” in un mondo “che si dimentica di Dio”.

Sulla situazione europea si è poi sviluppato un ampio dibattito, che ha visto tra gli altri l’annotazione del card. Coccopalmerio: “Se noi ci dimentichiamo della persona umana, con i suoi beni personali tutelati e promossi, abbiamo perso il diritto”. Per il card. Kasper, Bergoglio si dimostra “il più europeista dei Pontefici”, considera l’Europa con lo sguardo di chi viene dalle periferie, dal di fuori del continente e ne scopre più facilmente le debolezze e le nuove sfide, quelle “dell’immigrazione, delle nuove culture, delle nuove religioni”, che sono già tra noi. L’Europa odierna tende a essere ripiegata su se stessa, sulle sue paure e non guarda più al mondo. Per l’arcivescovo Toso questo Papa, “in continuità con i suoi predecessori, sa che l’Europa “avrà un futuro solo se saprà riconcentrarsi sulla dignità della persona”. Dobbiamo postulare l’Europa dei popoli prima che quella dei mercati”.

Si è discusso anche dell’espressione “radici religiose” dell’Europa, più volte utilizzata da papa Francesco nei discorsi di Strasburgo. “Radici religiose”, non “radici cristiane”. Per Coccopalmerio con “radici religiose” si potrebbe intendere l’eredità giudaico-cristiana. Secondo mons. Toso è evidente “che le cattedrali non sono un’illusione ottica” e tuttavia oggi ci si deve chiedere “quanto la gente sia cosciente di tale presenza”. Nell’Università di Salamanca, ad esempio, gli studenti considerano i simboli cristiani nelle aule “un po’ come dei soprammobili”.

Il professor Raniero La Valle ha infine fatto notare “una grande differenza tra il discorso di Francesco all’Europarlamento e quello al Consiglio d’Europa: il primo, “severo, critico”; il secondo “pieno di speranza nel futuro”. Perché? Il primo è stato rivolto a un organismo di 28 Paesi dall’economia globalizzata, il secondo a un organismo che rappresenta un intero continente e si occupa soprattutto di promuovere i diritti umani. 

Fonte: RossoPorpora.org

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Giuseppe Rusconi

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