La caduta

In ogni perdono donato ogni colpevole può godere la luce dell’insuperabile e sovrabbondante perdono di Dio

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Quella mattina del primo giorno degli esercizi spirituali a Petrella, una suora del convento, la cuoca per la precisione, mi chiama in cucina per offrirmi il caffè direttamente dalla grande moka.

Una moka per dodici persone. Appena la tocca, la moka si rovescia, riversando la preziosa bevanda sulle piastre e per terra. La religiosa – osservo edificato – reagendo con un silenzioso sorriso, raccoglie pazientemente il liquido dappertutto con lo straccio.

Intenta a pulire, non bada al latte in ebollizione che, a sua volta, si riversa trasbordando silenziosamente sui fornelli. Il suo commento ad alta voce – “un altro disastro” – ha richiamato l’attenzione della superiora che passava di là e che appena si rese conto, così commentò: “non c’è due senza tre”.

Constatavo con meraviglia che tutta la colpa se l’arrogava la cuoca e temevo che la superiora gliela facesse pesare. Ma dentro di me pensavo diversamente: la colpa è mia – mi dicevo – perchè, forse con la mia presenza in cucina, ho contribuito alla distrazione…

Quanti episodi, quanti fatterelli simili in comunità costellano la giornata. Si finisce col domandarsi: “La colpa di chi è? Chi è stato?”

Ma in convento si può vivere non certo cercando il colpevole, ma perdonando sempre e comunque.

Allora ogni colpevole ha la grazia di riconoscere in ogni caduta la sua miseria; in ogni perdono donato può godere la luce dell’insuperabile perdono di Dio che sovrabbonda su ogni caduto e ad ogni caduta.

Ciao da p. Andrea

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Andrea Panont

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