Papa Francesco: non un comunicatore, ma anzitutto un testimone

Presentato ieri, nella sede de “La Civiltà Cattolica” a Roma, “La verità è un incontro” il volume che raccoglie 186 omelie del Pontefice nelle Messe mattutine a Santa Marta

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Si è svolta ieri pomeriggio, nella prestigiosa sede de “La Civiltà Cattolica” la presentazione del libro “La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta”, il volume che raccoglie le 186 omelie mattutine di Papa Francesco. L’evento è stato moderato da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, che ha esordito riflettendo sulla vivacità e la concretezza dello stile comunicativo del Pontefice. Tanto per fare capire al pubblico quanto sia energico Papa Francesco, e quanto sia difficile stargli dietro, padre Lombardi ha fatto un lungo e dettagliato resoconto di tutte le cose che Papa Francesco ha fatto nelle ultime 24 ore.

Antonio Spadaro, non solo curatore, ma anche magistrale interprete di Papa Francesco, ha iniziato la sua relazione descrivendo quella che lui stesso ha definito “sensazione di collasso” quando il 13 marzo 2013 ha capito che il gesuita Jorge Mario Bergoglio era stato eletto Papa. La stessa sensazione, avvertita con ancora maggiore intensità, quando il 14 maggio 2013 il Papa lo ha chiamato al telefono dicendo: “Ciao, sono Papa Francesco!”.

Il religioso, dopo aver chiesto al Santo Padre in che modo avrebbe dovuto chiamarlo, si è sentito rispondere: “Lascia stare!”. Questo episodio mostra, secondo il direttore de “La Civiltà Cattolica”, come il Papa imponga la sua autorevolezza abolendo la distanza, contrariamente a quanto normalmente avviene.

Per Padre Spadaro, il Papa non è un comunicatore, ma è prima di tutto presenza. Non compie sforzo comunicativo: è semplicemente se stesso. Non è un emittente di informazione dogmatiche. Non comunica un messaggio, ma è un testimone che condivide con gli altri la sua esperienza. Non dice cose, ma crea incontro. Non trasmette a mo’ di un broadcasting, ma fa shering. Si tratta di un modo di comunicare moderno, adatto ai tempi di oggi.

Secondo Spadaro, le sue parole restano volutamente aperte e inconcluse, perché la sua comunicazione è esortativa, interpella chi ascolta ed è compito dell’uditore, reso partecipe, chiudere il discorso. Non ama organizzare, ma preferisce avviare processi.

Da un punto di vista comunicativo Giovanni Paolo II e Francesco sono molto diversi. Mentre Papa Wojtyla era un cultore della densità della parola e si muoveva al ritmo delle sue parole, per Bergoglio avviene il contrario: parte dall’azione e dal movimento del suo corpo e su questi modula il suo linguaggio. L’azione prevale sul detto, lo possiamo anche riscontrare nelle sue catechesi molto brevi seguite da un lungo incontro con i fedeli.

Nel suo intervento, il Presidente del Senato Pietro Grasso ha notato come le frasi corte e incisive di Papa Francesco siano dettate dall’esigenza di farsi capire e di scuotere i suoi ascoltatori. Egli arriva al cuore, va in profondità e porta in superficie i contenuti più autentici.

Essendo il nostro immaginario prevalentemente visivo, il Papa recupera il linguaggio di Gesù che si esprimeva in parabole: conosciamo ormai tutti le espressioni “ospedale da campo”, “periferie esistenziali”, “cristiani da salotto”, ecc.

Essendo stato per molto tempo impegnato nella lotta alla mafia, il “numero due” dello Stato è rimasto particolarmente colpito dalle parole usate da Papa Francesco contro la delinquenza organizzata: “Il potere e il denaro che avete è denaro insanguinato e non potrete portarlo nell’altra vita”. Un messaggio simile al forte “Convertitevi!” di Giovanni Paolo II gridato ad Agrigento.

Secondo il Presidente del Senato, molto diversa è stata la comunicazione con i parlamentari quando questi hanno partecipato alla messa del Papa. Il Santo Padre ha stigmatizzato l’ipocrisia, il fariseismo e il distacco dal popolo che spesso albergano in coloro che fanno politica. Per quanto riguarda il registro linguistico, quello del Papa è molto diverso da quello dei politici, che è spesso autoreferenziale, chiuso ed astratto. La politica inoltre adotta slogan vuoti, mentre il Papa parla dei temi che toccano la vita delle persone.

Vittorio Sermonti, saggista e scrittore, ha definito il linguaggio di Papa Francesco esatto come quello dei bambini e allo stesso tempo grande come quello dei poeti. Essendo uno dei massimi esperti di Dante e della Divina Commedia, Sermonti ha tracciato un parallelismo fra il San Francesco dell’undicesimo canto del Paradiso e Papa Francesco.

Monica Maggioni, direttore di Rainews24, ha definito Papa Francesco “uno straordinario prodotto televisivo” al quale, solo con un grande affanno, si riesce a stare dietro, essendo così ricco in quantità e profondità. Secondo la giornalista, Papa Francesco ha scelto di concentrare il suo messaggio in parole chiave. La Maggioni ha avuto modo di partecipare in forma anonima il 14 novembre scorso ad una messa del Papa a Santa Marta ed è rimasta disarmata dalla semplicità di Papa Francesco che sembra un semplice prete che celebra la messa ed è rimasta colpita da come, una volta terminata la celebrazione, il Papa si sieda fra gli altri fedeli, contemplando insieme a loro il Crocifisso.

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Nicola Rosetti

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