La festa del Corpus Domini è spiegata in maniera chiara ed illuminante attraverso il sesto capitolo del Vangelo di Giovanni, che costituisce un vero e proprio testo liturgico, perchè indica i cardini della teologia cristiana. L’inizio di questo capitolo si apre con il segno della moltiplicazione dei pani, un prodigio compiuto da Gesù, non solo per sfamare quella folla che lo seguiva, ma per richiamare l’attenzione sulla Sua origine divina. Il segno, infatti, non è mai fine a se stesso. Esso vuole indicare un qualcosa di più grande, vuole indirizzare al senso ultimo del nostro pellegrinaggio terreno, che consiste nella scoperta dell’esistenza di un Dio che ci ama e ogni giorno vuole offrire la sua vita per noi.
Come se il grandioso segno della moltiplicazione dei pani non bastasse, nella notte di quello stesso giorno, Gesù compie il secondo segno: cammina sulle acque del lago di Tiberiade per raggiungere i suoi discepoli. Gesù con questo prodigio dimostra un’altra volta la sua origine divina. Solo Dio ha il pieno controllo sugli elementi della natura, solo Lui può camminare sulle acque ed ordinare al vento di cessare di soffiare.
Ma tutto questo non è sufficente alla comprensione dei Giudei e per questo Gesù si reca nella sinagoga di Cafarnao per insegnare il senso ultimo dei gesti che ha appena compiuto. Tutta la spiegazione di Gesù è centrata sul significato del vero pane, il pane di Dio, il pane disceso dal cielo. Infatti, come per i Giudei la manna rappresentava la legge che Dio aveva dato al popolo di Israele per mezzo di Mosè, così il pane del cielo è la stessa persona di Gesù Cristo, il Verbo fatto carne, che viene a noi donato per avere la vita eterna.
Il cambio di mentalità richiesto è davvero radicale, perchè Gesù esorta i suoi ascoltatori a passare dall’osservanza della legge alla relazione con la persona di Gesù Cristo, il Dio che ha assunto la carne e il sangue dalla Vergine Maria. La reazione degli stessi discepoli di Gesù fu di sconcerto e di incredulità: “Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?».” (Gv 6, 60).
Ma Gesù conosce l’animo umano e non lascia mai turbato il loro cuore. Egli sa benissimo che la mormorazione è la prima reazione dell’uomo davanti all’incomprensione e alla difficoltà del credere. Le Parole di Gesù aprono una via, illuminano le zone d’ombra del cuore dell’uomo: “Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita.” (Gv 6, 61-63)
Ecco spiegate in queste poche parole il cuore della vita cristiana, il cuore della fede in Dio. Noi siamo scandalizzati dall’amore smisurato di Dio che ha per ognuno di noi. Davanti a questo amore, non siamo capaci di corrispondere, e per paura fuggiamo perchè ci riteniamo indegni.
Ma Gesù non rimane in silenzio davanti alla nostra incredulità, ma amplia il suo insegnamento, lo arricchisce di nuovi contenuti. Egli continua a dichiarare di essere il Figlio di Dio, di essere Dio stesso, rimanda a quando i discepoli vedranno il Figlio dell’uomo salire al cielo, sedersi alla destra di Dio, ritornare da dove è venuto.
Ma per portare anche noi al cielo, Gesù si è incarnato, ha preso la nostra carne ed il nostro sangue, perchè Egli vuole portare sulla terra, già da subito, il suo Spirito. Ecco perchè parla di carne e di sangue, ma parla anche di Spirito. Carne per vivere con noi, il sangue per indicare il dono della sua vita, affinchè noi potessimo, già da subito, ricevere la Sua stessa vita (zoè) nella nostra povera vita umana (bios).
Davanti a queste parole di salvezza assistiamo al rifiuto della rivelazione: “«Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.” (Gv 6, 64).
L’incredulità è alla base di ogni tradimento. Giuda l’iscariota è un esempio eloquente. Ma l’assenza di fede conduce anche al distacco, all’indifferenza. Molti discepoli di Gesù lo lasciarono, decisero di ritornare alla loro vita passata, alle loro abitudini. “Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.” (Gv 6, 66). E questo ci deve fare riflettere su cosa cerchiamo nel seguire Cristo. Cerchiamo consolazioni solo per questa vita, vogliamo essere sfamati di pane mondano, seguiamo un Dio che si pieghi alla nostra volontà. Tutto questo riassume il pensiero di questi discepoli che hanno abbandato Gesù.
Di parere contrario troviamo gli apostoli ed in particolare Pietro che per bocca di tutti professa la sua fede in Gesù Cristo: “Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».” (Gv 6, 67-69).
Le parole di Pietro sono la fede della Chiesa, esprimono la vera fede eucaristica. Questa è la fede che fa scaturire il rendimento di grazie per il dono della vita. Questa è la fede che si apre alla comunione con Dio e con il prossimo. Questo è il vero senso della partecipazione alla Santa Messa dove ogni volta siamo chiamati a rinnovare la nostra fede che a causa del peccato tende ad invecchiare, ad indebolirsi, a curvarsi su se stessa.