L’aveva preparata Francesco, ma l’ha letta il cardinale Scola l’omelia della Concelebrazione Eucaristica nel piazzale degli Istituti Biologici, nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù. Per una lieve indisposizione – abbastanza frequente ultimamente – il Pontefice è stato costretto a rinviare la visita al Policlinico Gemelli, che celebra quest’anno il 50° anniversario di fondazione, e alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica.
L’arcivescovo di Milano, presidente dell’Istituto Toniolo, ha quindi presieduto la Messa con i malati e i fedeli, pronunciando ugualmente l’omelia preparata dal Santo Padre. Un’omelia tutta incentrata sulla fedeltà e l’amore di Dio all’uomo, che “si è manifestato e realizzato pienamente in Gesù Cristo”. Egli, “per onorare il legame di Dio con il suo popolo, si è fatto nostro schiavo, si è spogliato della sua gloria e ha assunto la forma di servo”, ha detto il cardinale.
E ha ricordato che “Dio si è legato a noi, ci ha scelti, e questo legame è per sempre, non tanto perché noi siamo fedeli, ma perché il Signore è fedele e sopporta le nostre infedeltà, le nostre lentezze, le nostre cadute”.
L’amore di Dio, infatti, non segue né la logica né le mere strategie degli esseri umani: “Dio non ha paura di legarsi”, ha affermato Scola, anzi “ama i legami, crea legami; legami che liberano e non costringono”. Colui che chiamiamo “l’Assoluto”, in realtà, “è ‘assoluto’ sempre e soltanto nell’amore”. Lo stesso amore per cui ha stretto alleanza con Abramo, con Isacco, con Giacobbe, verso cui si è sempre mostrato fedele.
Ed è importante sapere questo, soprattutto in un momento come quello attuale, dove “la fedeltà è un valore in crisi perché siamo indotti a cercare sempre il cambiamento, una presunta novità, negoziando le radici della nostra esistenza, della nostra fede”. “Senza fedeltà alle sue radici, però –ha detto l’arcivescovo di Milano – una società non va avanti: può fare grandi progressi tecnici, ma non un progresso integrale, di tutto l’uomo e di tutti gli uomini”.
Sarà per questo, invece, che la Chiesa va avanti da millenni: alla base c’è un Dio che è fedele, e per suggellare questa fedeltà ha inviato anche il Suo unico Figlio, che “nel suo amore non si è arreso davanti alla nostra ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto”, ha rimarcato Scola.
“Gesù – ha proseguito – non è venuto a conquistare gli uomini come i re e i potenti di questo mondo, ma è venuto ad offrire amore con mitezza e umiltà”. È questo il senso della festa del Sacro Cuore di Gesù che si celebra oggi, scoprire cioè sempre più e “farci avvolgere dalla fedeltà umile e dalla mitezza dell’amore di Cristo”.
In ogni stagione della vita “noi possiamo sperimentare e assaporare la tenerezza di questo amore: nel tempo della gioia e in quello della tristezza, nel tempo della salute e in quello dell’infermità e della malattia”, ha detto. E ogni giorno, in virtù della fedeltà di Dio, possiamo “accogliere la vita come avvenimento del suo amore” e testimoniarlo ai fratelli “in un servizio umile e mite”.
È quanto sono chiamati a fare specialmente i medici e il personale paramedico nel Policlinico Gemelli, dove – ha sottolineato il cardinale – “ciascuno porta ai malati un po’ dell’amore del Cuore di Cristo, e lo fa con competenza e professionalità”, fedeli ai “valori fondanti” che Padre Gemelli pose alla base dell’Ateneo dei cattolici italiani. Il francescano voleva infatti “coniugare la ricerca scientifica illuminata dalla fede e la preparazione di qualificati professionisti cristiani”.
Perché “ogni gesto, ogni parola di Gesù lascia trasparire l’amore misericordioso e fedele del Padre”, ha ribadito Scola. Allora – ha concluso – “dinanzi a Lui ci domandiamo: com’è il mio amore per il prossimo? So essere fedele? Oppure sono volubile, seguo i miei umori e le mie simpatie? Ciascuno di noi può rispondere nella propria coscienza”. Intanto, possiamo chiedere al Signore: “Gesù, rendi il mio cuore sempre più simile al tuo, pieno di amore e di fedeltà”.