Oggi siamo tutti convinti che la peste, flagello in passato per intere popolazioni, sia solo un lontano ricordo! Sicuramente non si vedono più le scene apocalittiche di un tempo. L’uomo, come è risaputo, non aveva ancora fatto i passi necessari per migliorare la qualità della vita, in ogni sua forma espressiva. Le epoche cambiano comunque velocemente e anche la peste si è adeguata ai nuovi contesti sociali e ambientali, mutando pelle e soprattutto camuffando in modo perfetto il suo nuovo look! Le sue piaghe attuali lasciano i segni nel cuore e nella testa dell’uomo, aprendo giorno dopo giorno dei varchi mortali anche a livello fisico, dove tutto alla fine si affaccia sancendone il disastro. L’uomo ha perso il suo vero contatto con il cielo, guarda con distacco verso il suo Dio, utilizzando Cristo e il vangelo come elementi di rango nelle espressioni culturali correnti. Si adorano altre cose, più alla portata di mano e il culto divino per molti rimane solo una particolare e momentanea forma liturgica. Papa Francesco a Cassano sullo Ionio in Calabria ha detto a chiare note che quando non si adora Dio si diventa adoratori del male. Nel caso specifico ha sottolineato con forza: “La ‘ndrangheta è adorazione del male…”. Sulla stessa scia Il segretario della CEI Mons. Nunzio Galantino, vescovo della cittadina visitata dal Santo Padre: “Chi non si riconosce nella centralità di Dio e sceglie idoli finisce per essere travolto dalla violenza. Ed è quello che è successo nella nostra comunità nei primi due mesi dell’anno con la vicenda di Cocò e con l’uccisione di don Lazzaro”.
La nostra società che ha migliorato con mille scoperte scientifiche la qualità della vita, riducendo al minimo vecchi rischi e aggressioni naturali per la salute dell’uomo, ha comunque aperto le sue porte a nuove imprudenti problematiche. Scrive il teologo e pastore mons. Costantino Di Bruno: “Oggi vi è una peste più grande che però nessuno teme, nessuno evita, tutti cercano. Questa peste che distrugge dal di dentro il nostro corpo, con conseguenze che durano nei secoli, che non si fermano alla singola persona, come per l’antica peste, si chiama con diversi nomi: droga, alcool, fumo, cibo, lussuria, impudicizia, scandalo”. Considerazione quest’ultima, netta e puntuale, che, assieme a quanto detto da papa Francesco e mons. Galantino sulla mafia, fa emergere una precaria coscienza civile. Non è certo un mistero affermare che tutti questi ultimi elementi, associati ed altre moderne dipendenze, rappresentano spesso dei primari traguardi esistenziali, su cui magari impiantare mille disquisizioni pubbliche, senza però entrare mai sfiorare le radici del problema. Il relativismo che avanza, alla fine, trova sempre un varco per analizzare, in positivo, ogni criticità sotterranea o visibile che si manifesta nelle nostre comunità e sui singoli individui. Con “arte”, quasi sempre, si tende a contestualizzare, con il periodo storico in atto, tutto ciò che necessita di essere giustificato e comunque ammorbidito sotto il fragile mantello della libertà personale.
Sulla droga il Papa è stato duro, ma le sue parole non hanno avuto la ribalta di altre sue puntualizzazioni. Come mai? Infatti la droga è una peste che consuma l’interno di chi ne fa uso e lo riduce in polvere. Non ci sono droghe leggere e droghe pesanti. Tutte richiedono il sacrificio, l’olocausto fisico di chi ne fa uso. Ma l’ebbrezza iniziale scavalca ogni triste conseguenza e porta l’uomo ad utilizzarla comunque. Così l’alcool, preso a quantità fuori di ogni regola, viene spesso assunto quasi a simbolo di un potere individuale da esaltare pubblicamente e in privato. I mali fisici e psichici a volte sono dirompenti! La peste lenta del fumo, da sempre legalizzata, agisce indisturbata in una società che più volte, per superare le difficoltà fisiche e interiori, ha bisogno di esorcizzare ogni debolezza. Si glissa così sul vuoto interiore dell’uomo, che la mancanza di un legame spirituale ingrandisce giorno dopo giorno. Fa la sua parte anche la lussuria che riduce tutto in un oggetto, minando la stabilità quotidiana di un qualsiasi collettivo. Il cibo stesso, ormai truccato, falsato, inquinato, fuori da ogni elemento di sobrietà e parsimonia, conduce l’essere umano a convivere con nuove malattie sociali. L’impudicizia, poi, fa sì che il nostro corpo non sia vissuto secondo la sua verità, la sua finalità, la giustizia che deve sempre regolarne l’uso. Con lo scandalo, infine, altra peste rovinosa, il male entra nel cuore e nella mente dei nostri fratelli e li conduce alla rovina. Ci fossero oggi i monatti, di memoria Manzoniana, avrebbero certo un bel da fare! I nuovi idoli sono purtroppo tanti ed hanno appestato e minato, indisturbati, il mondo. Solo la strada che conduce a Cristo può guarire ogni male e inaugurare una nuova stagione di benessere generale.
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