In pellegrinaggio a Nazareth dalla Santa Famiglia

Lectio Divina sulle letture liturgiche della Domenica della Santa Famiglia, 28 dicembre – Anno B

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre la seguente riflessione sulle letture liturgiche di oggi, Domenica della Santa Famiglia, 28 dicembre (Anno B).

Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.

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LECTIO DIVINA

Rito Romano
Gen 15,1-6; 21,1-3; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40

Rito Ambrosiano
Ger 31,15-18. 20; Sal 123; Rm 8,14-21; Mt 2,13b-18Domenica – IV giorno dell’ottava di Natale

1) La Famiglia Santa, dunque vera.

La liturgia ci propone di celebrare la Santa Famiglia come modello di tutte le famiglie umane e non solo di quelle cristiane1. In un tempo di profonda crisi d‘identità delle famiglie soprattutto occidentali, con separazioni, divorzi e convivenze di ogni genere, proporre all’attenzione delle nostre famiglie questa singolare famiglia di Nazareth significa “riscoprire la vocazione e la missione della famiglia, di ogni famiglia. E, come accadde in quei trent’anni a Nazareth, così può accadere anche per noi: far diventare normale l’amore e non l’odio, far diventare comune l’aiuto vicendevole, non l’indifferenza o l’inimicizia” (Papa Francesco, Udienza Generale del 17 dicembre 2014).

La Santa Famiglia di Nazareth mostra qual è l’inizio ed il centro di ogni famiglia vera: Gesù Cristo. La Famiglia di Cristo fu santa, perché Sua, perché Lo accolse e Lo donò al mondo. Le nostre famiglie sono chiamate a fare altrettanto. Se si è radicati in Lui che ha vissuto in essa, si può capire e vivere i grandi beni che sono il matrimonio, la famiglia, il dono della vita. Si capirà anche quale grande pericolo sia per l’uomo e la sua dignità, la loro degradazione nelle istituzioni civili.

Credo sia utile partire dall’episodio narrato dal San Marco al capitolo 3, in cui a chi gli dice “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano”, Gesù risponde: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”.

Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mc 3, 31-35). E’ come se Gesù Cristo dicesse: “La mia famiglia è tutta qui. Non ho altre famiglie. I rapporti di sangue non contano se non sono confermati nello spirito. I miei fratelli sono i poveri che piangono, le mie sorelle sono le donne che hanno detto sì all’Amore, che hanno purificato ed elevato l’amore”.

Gesù non disprezzava Sua Madre, San Giuseppe, suo padre legale, e la Sua parentela. Lui non rinnegava la Madre del cui grembo Lui era il frutto: voleva dire che Lui non apparteneva solo alla “piccola” Santa Famiglia di Nazareth, ma alla Sua missione di Salvatore della “grande” famiglia umana. Dio viene a ricostruire il senso vero della famiglia umana, la vocazione di ogni uomo che è quella di figlio e fratello. Dio riunisce la sua famiglia per insegnare ad essere familiari davvero, perché vuole liberare dalla tentazione della solitudine. Dio sa che non è mai buono per l’uomo essere solo. Dio stesso non vuole stare solo. Per questo genera una famiglia per “tutte le genti”, come canta Simeone.

2) Pellegrini a Nazareth.

Come Papa Francesco ha recentemente proposto ad ogni famiglia, ad ogni mamma ad ogni papà, ad ogni figlio, facciamo uno spirituale pellegrinaggio a Nazareth per riempire il proprio spirito delle sublimi virtù di Maria, l’umile Serva del Signore, di Giuseppe, l’uomo giusto, il falegname, il Custode della santa famiglia e di Gesù, il Figlio di Dio, che era loro sottomesso e cresceva in età, sapienza e grazia.

La liturgia di oggi ci presenta una meditazione tutta centrata sul Cristo, che interessa in modo particolare le famiglie cristiane; ci presenta il mistero della vita di Gesù bambino con i suoi genitori.

Il brano del Vangelo di oggi ci presenta un quadro familiare di grande efficacia per la comprensione del mistero del Salvatore. Siamo al momento della presentazione del Signore al tempio e ad aspettare questo grande e atteso evento c’è il vecchio Simeone che oggi occupa la scena principale del vangelo sulla Santa Famiglia. Il vecchio Simeone riconosce in Gesù il vero ed atteso salvatore ed è felice che il Signore gli abbia permesso di vedere questo giorno. E’ la persona della gratitudine, ma anche della profezia, del coraggio e dell’assenza di ogni paura soprattutto della morte che nel Bambino Gesù già vede la vittoria su di essa. Ora questo santo uomo di Dio, che aveva atteso per anni la venuta del messia, può lasciare felice la terra per incontrare per sempre il Signore nell’eternità.

Nelle nostre famiglie si educhi al senso dell’eterno e della comunione. I bambini crescono osservando come gli adulti vivono. Perciò educare i figli significa farli partecipare alla realtà della comunione del papà e della mamma, che hanno dato loro la vita. Educare i figli significa introdurli nella vita insegnando loro la gratitudine.

3) Un protagonista dimenticato.

La Santa Famiglia non era una famiglia senza problemi. Maria e Giuseppe hanno condiviso la condizione di quel figlio sconcertante, seguendolo passo per passo nella rivelazione del suo mistero. Ed è proprio per questa loro disponibilità totale che meritano tutta la nostra ammirazione. Non è semplice sapere di aver in custodia il Figlio di Dio e fuggire in Egitto, ritornare in patria e vivere a Nazareth, villaggio periferico per gli Ebrei, vedere crescere in sapienza e grazia Gesù, che conduceva una vita ordinaria, senza manifestazioni eccezionali fino a trent’anni.

Si vorrebbe saperne di più, sulla vita di quella straordinaria famiglia; in fondo, però, San Luca dice quanto basta a delinearne la fisionomia. Pur se straordinaria, per tanti aspetti è una famiglia come tutte, con le sue gioie, i suoi dolori, i suoi segreti: conduce una vita secondo la fede, prova la gioia di un bambino che nasce e cresce sano e forte, è colpita da profezie che annunciano un futuro difficile. In tutte le famiglie non sempre gli anni scorrono tranquilli; prima o poi si affacciano problemi, sofferenze, preoccupazioni, tanto più dolorosi se provocati dalla mancanza di amore. La Famiglia di Nazareth affrontò le gioie e le difficoltà della vita sotto la guida e custodia di San Giuseppe.

– E’ importante comprendere la grandezza di quest’uomo unico che è stato lo sposo di Maria e che è stato spesso ridotto a essere il procuratore dei beni materiali, come se nella Santa Famiglia lui avesse avuto solamente il ruolo “esterno” dell’uomo al quale si affidano compiti non importanti, che non esigono le virtù più alte. In effetti, se ci si mette nella situazione in cui si trovava Maria, quando lei portava nel suo seno l’incipiente vita carnale del Figlio di Dio, se ci si mette dal punto di vista legale, questa situazione è qualcosa di scioccante per Giuseppe, perché –umanamente e legalmente parlando- la sua fidanzata doveva essere considerata un’adultera degna di castigo e, quindi, della lapidazione.

– Come ha potuto Giuseppe ammettere che Maria era innocente? Eppure lui non è stato neppure sfiorato dal dubbio. Il suo amore per la Madonna non è stato ferito e ha voluto proteggerne la reputazione anche per non farle correre nessun rischio di vita. Giuseppe crede fermamente all’Angelo e prende con sé Maria, perché in ogni caso lei non corra alcun rischio. Lei ed il di lei Bambino hanno bisogno di lui, Giuseppe, che con il suo amore sponsale accetta di restare anche lui vergine perché Colui che è in Maria per opera dello Spirito Santo, nasca, cresca e salvi il mondo. L’annuncio angelico: “Non temere di prendere Maria come tua sposa”
è il sigillo di dio su questo matrimonio unico, al cuore dell’amore umano più profondo, più autentico, più divino. Ebbene, un uomo che è capace di una tale grandezza, appartiene alla razza dei giganti, dei santi. Giuseppe accetta di vivere verginalmente il suo amore per non infliggere la benché minima ferita alla sua amata. Il matrimonio di Maria e Giuseppe ha permesso a Cristo di entrare nel mondo con onore, ha consentito a Cristo di vivere la vita nascosta di Nazareth ben protetto, crescendo in sapienza e grazia. A Nazareth Giuseppe, Maria e Gesù hanno vissuto il quotidiano in modo eroico, così che l’eroico diventasse quotidiano e anche noi potessimo imitarli nel nostro quotidiano.

– Giuseppe si impegnò con tutta la sua persona nell’opera di Redenzione del Figlio di Maria: ha donato a Dio la sostanza della sua tenerezza e del suo cuore, sacrificando il suo amore.

– Che si sia genitori grazie al matrimonio o che si sia padri e madri spiritualmente, l’esempio della Santa Famiglia ci chiede di essere pronti al sacrificio che fa vera la vita.

– Prego San Giuseppe, che è il custode e protettore delle vergini, come lo fu di Maria, che ottenga per le vergini consacrate nel mondo di saper far fruttare le ricchezze del loro cuore perché perseverino nella via della santità mediate il dono totale di se stesse al Signore, che ci ama di amore infinito, paziente: tenero.

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LETTURA PATRISTICA

Sant’Agostino d’Ippona, Vescovo (354 – 430)

Sermo 51, 10.17; 11, 18-19; 12, 19-20

“Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli…Chi onora la madre è come chi accumula tesori”.(Sir 3, 2.4)

Il mondo è sottomesso a Cristo, Cristo è sottomesso ai genitori

Il Signore Gesù Cristo essendo, in quanto uomo, nell’età di dodici anni, egli che, in quanto Dio, esiste prima del tempo ed è fuori del tempo, rimase separato dai genitori nel tempio a disputare con gli anziani, che rimanevano stupiti della sua scienza. I genitori, invece, ripartiti da Gerusalemme, si misero a cercarlo nella loro comitiva, cioè tra coloro che facevano il viaggio con loro ma, non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme angosciati e lo trovarono che disputava con gli anziani, avendo egli – come ho detto – solo dodici anni. Ma che c’è da stupirsi? Il Verbo di Dio non tace mai, sebbene la sua voce non sempre si senta. Viene dunque trovato nel tempio e sua madre gli dice: Perché ci hai fatto una simile cosa? Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo. Ed egli: Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio? (Lc 2, 48-49). Egli rispose così, poiché il Figlio di Dio era nel tempio di Dio. “Ecco – dice qualcuno – non ammise d’essere figlio di Giuseppe”. In realtà Egli non voleva far credere d’essere loro figlio senza essere nello stesso tempo Figlio di Dio. Difatti, in quanto Figlio di Dio, egli è sempre tale ed è creatore dei suoi stessi genitori; in quanto invece figlio dell’uomo a partire da un dato tempo, nato dalla Vergine senza il concorso d’uomo, aveva un padre e una madre. In qual modo proviamo quest’asserzione? L’ha già detto Maria: Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo.

In primo luogo, fratelli, non è da passare sotto silenzio la modestia tanto santa della Vergine Maria, perché sia norma di vita per le donne, nostre sorelle. Aveva partorito il Cristo, era andato da lei l’angelo e le aveva detto: Ecco, concepirai nel seno e darai alla luce un figlio che chiamerai Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo (Lc 1, 31-32). Aveva meritato di dare alla luce il Figlio dell’Altissimo, eppure era umilissima; nemmeno parlando di se stessa prende il primo posto anteponendosi al marito, col dire: “Io e tuo padre”, ma: Tuo padre – dice – e io. Non tiene conto della propria dignità di madre, ma bada a rispettare il diverso grado proprio dei coniugi. Il Cristo umile non avrebbe certo insegnato alla propria madre a insuperbirsi.

Essendo poi sceso con loro, [Gesù] si recò a Nazaret ed era loro sottomesso (Lc 2, 49-51).La Scrittura non dice: “Era sottomesso alla madre”, oppure: “Era sottomesso a lei”, ma: Era sottomesso loro. Chi sono questi, ai quali era sottomesso? Non erano forse i suoi genitori? Erano entrambi i suoi genitori coloro ai quali Cristo era sottomesso per la degnazione per cui era figlio dell’uomo.Finora le donne hanno sentito le norme loro proprie; sentano adesso le loro i ragazzi, perché ubbidiscano ai genitori e siano loro sottomessi. Il mondo è sottomesso a Cristo, Cristo è sottomesso ai genitori.

Vedete dunque, fratelli, che Cristo, dicendo: “Occorre che mi occupi delle cose del Padre mio”, non voleva che noi intendessimo le sue parole presso a poco in questo senso: “Voi non siete miei genitori”, ma nel senso ch’essi erano genitori nel tempo, il Padre invece da tutta l’eternità. Quelli erano genitori del Figlio dell’uomo, il Padre invece lo era del proprio Verbo e Sapienza, era Padre della sua Potenza, grazie alla quale ha creato tutte le cose. Se tutte le cose sono create dalla Potenza che si estende da un’estremità all’altra del mondo con forza e regge l’universo con bontà, per mezzo del Figlio di Dio furono creati anche coloro ai quali egli medesimo si sarebbe sottomesso come figlio dell’uomo.

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NOTE

1 Papa Francesco: “Ho deciso perciò di riflettere con voi, in questo anno, proprio sulla famiglia, su questo grande dono che il Signore ha fatto al mondo fin dal principio, quando conferì ad Adamo ed Eva la missione di moltiplicarsi e di riempire la terra (cfr Gen 1,28). Quel dono che Gesù ha confermato e sigillato nel suo vangelo.La vicinanza del Natale accende su questo mistero una grande luce. L’incarnazione del Figlio di Dio apre un nuovo inizio nella storia universale dell’uomo e della donna. E questo nuovo inizio accade in seno ad una famiglia, a Nazaret. Gesù nacque in una famiglia. Lui poteva venire spettacolarmente, o come un guerriero, un imperatore… No, no: viene come un figlio di famiglia, in una famiglia. Questo è importante: guardare nel presepio questa scena tanto bella.” (17 dicembre 2014)

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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