Da più parti c’è gente che chiede “ordine”. Ogni tipo di società conosciuta finora ha avuto un “datore di ordine”, una religione, una filosofia, un dittatore, ognuno dei quali però conteneva una visione parziale dell’uomo, essendo spesso una reazione a un’estremizzazione della visione opposta.
Dopo i due conflitti mondiali, stanchi di ideologie forti e bisognosi di una comprensibile libertà individuale, la società ha risposto con entusiasmo a proposte ideologiche di tipo libertario, che da una parte hanno dato una spinta positiva all’evoluzione umana, dall’altro, sposando come sempre capita posizioni estreme, hanno prodotto un annullamento di quei principi che andavano invece conservati e protetti.
Nel XIX secolo abbiamo avuto il positivismo, con la sua fede estrema nel progresso scientifico, nel XX secolo abbiamo avuto invece un fenomeno che definirei “positivismo qualunquista”, caratterizzato nella fede cieca nell’uomo lasciato libero di creare i propri punti di riferimento, indipendentemente dai fondamenti scientifici.
Noi siamo i figli di quel periodo e per fortuna negli ultimi cinquant’anni molte posizioni sono tornate ad essere moderate, ma ci sono alcuni ambiti sociali ed etici che sono ancora oggetto di lotte ideologiche e politiche (l’ideologia crea verità mostruose, la politica può creare azioni mostruose, immaginate cosa combinano insieme…). Uno di questi ambiti è la famiglia.
Appare incomprensibile come l’istituto sociale più importante a garanzia della prosecuzione e dell’evoluzione della nostra specie venga messo sotto attacco continuamente: principi evidenti, come la genitorialità eterosessuale e la libertà educativa, vengono negati sulla scia di interessi lobbistici ed ideologici e chi si trova, suo malgrado, a voler difendere tali principi viene sottoposto a una pressione sociale incomprensibile.
Alla famiglia di oggi viene chiesto di rinunciare al diritto di poter educare i propri figli secondo le proprie appartenenze culturali e tradizionali, il Natale che diventa festa d’inverno, scuole che tolgono il crocefisso e il presepio, i genitori che diventano numeri, uno e due. Alla famiglia viene chiesto di accettare l’idea, anzi l’ideologia, di educare i figli a una indifferenziazione del maschio e della femmina, della mamma e del papà, sulla base di fantomatiche evidenze scientifiche (io continuo a non trovarle, forse cerco in posti sbagliati…) che legano questo tipo di educazione alla scomparsa delle discriminazioni sociali. Sono convinto che per superare le discriminazioni di genere andrebbero valorizzate le differenze, non cancellate. Ma torniamo alla famiglia.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di tornare ad un ordine naturale e la società se ne rende conto. Il grande dibattito sui temi del “gender” e della famiglia andrebbe intavolato e trattato con il solo fine ordinato di capire il bene dell’Uomo, non di questo o quell’uomo, ma dell’Umanità. A un fine ordinato dovrebbe corrispondere un punto di partenza ordinato, cioè quei principi condivisibili perché naturali. E anche il metodo di confronto potrebbe avere un ordine maggiore, ma essendo inquinato da interessi di parte (appunto ideologici, politici e purtroppo anche economici), vive in un caos talmente disordinato che a volte la scelta più comoda è quella di uscire dal dibattito.
Abbiamo bisogno di un ordine delle nostre facoltà intellettive: la conoscenza è il fine dell’intelletto, e usare quest’ultimo per creare conoscenze comode e auto-pacificanti a scapito della verità è disordinato.
Abbiamo bisogno di un ordine dell’agire e del parlare: avere il coraggio di partecipare al dibattito e alla costruzione di un sistema di principi saldi, non fare la parte delle tre scimmiette famose (non vedo, non sento, non parlo) salvo poi mugugnare quando qualcosa va per il verso sbagliato.
Abbiamo bisogno di un ordine del senso di giustizia: ogni bambino ha bisogno che gli adulti siano dei punti di riferimento affidabili. Già la nostra generazione sta pagando gli errori sociali dei nostri padri. Non facciamo pagare ai nostri figli i nostri errori dettati da egoismi e da teorie educative non dimostrate vere.
Abbiamo bisogno di ritrovarci intorno a un tavolo, magari si discuterà, si litigherà, ma poi si potranno trovare delle condivisioni che non annullino le differenze individuali ma che permettano a tutti gli uomini e a tutte le donne di poter investire su un futuro più accogliente. Proprio come capita nelle migliori famiglie.