Vita e famiglia: il contributo dei ginecologi cattolici

Il professor Giuseppe Noia parla dell’Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici, di cui è presidente

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“Una società che ammicca costantemente al relativismo etico ed è indifferente al destino dell’uomo porta inevitabilmente alla cecità dell’anima”. È la constatazione di questo impietoso scenario che ha spinto un gruppo di medici – impegnati nell’ambito della tutela della salute della donna e della vita nascente – a riunirsi nella Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici (Aigoc), al fine di “invertire questa realtà” veicolando “i valori più belli” come “il dono della vita, la giustizia, la libertà di coscienza, la solidarietà e la verità sull’uomo”. Il 12 dicembre scorso presso il Policlinico “Gemelli” l’Aigoc ha tenuto un seminario con l’intento di esprimere “le sinergie per una grande strategia in favore della vita e della famiglia”. Di questo tema, nel giorno in cui la Chiesa invita a contemplare la Sacra Famiglia di Nazareth, ne parla a ZENIT il prof. Giuseppe Noia, presidente dell’Aigoc.

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Prof. Noia, come nasce l’idea di costituire una Associazione di Ginecologi Cattolici?

In primo luogo nasce dal dolore e dalla constatazione quotidiana che la vita umana, la persona umana, l’affettività e il grande valore della famiglia sono state e sono devastate dalla cecità degli occhi del cuore. Però è sotto gli occhi di tutti che l’aborto volontario, la fecondazione artificiale, le pillole abortive, l’aborto eugenetico della diagnosi pre-natale e tutto l’eugenismo sulla vita pre-concezionale, le cellule staminali embrionali uccidono la preziosità e la dignità del valore della vita umana. Sono tentacoli di un’unica piovra che opera una fabbrica della morte ed è anche un’agonia culturale della scienza. La scienza è indifferente e neutra dinanzi al destino dell’embrione e della famiglia e “pilatescamente” se ne lava le mani o addirittura contribuisce e  si accanisce con la sua tecnologia contro l’embrione, “il più povero tra i poveri” (Madre Teresa), o contro la fragilità della famiglia. Attraverso una serie di menzogne culturali ha operato e opera la triste manipolazione semantica per cui “il delitto diventa un diritto” (San Giovanni Paolo II). Ha operato e opera una manipolazione scientifica e psicosociale, perché non basata sull’evidenza dei valori, bensì sul narcisismo tecnologico e sull’emozionalismo individualistico. Ma c’è anche un altro motivo, di carattere oggettivo, dietro la nascita di questa Associazione.

Qual è?

L’invito a laici, a ginecologi cattolici, da parte di autorità ecclesiastiche e accademiche, di riappropriarsi della responsabilità e del proprio ruolo testimoniale dinanzi a una deriva etica sulla vita nascente e sulla frammentazione della famiglia, a crescita esponenziale. Un invito pressante a usare tutta la forza del sapere scientifico ma ispirato ai documenti del magistero (Humane Vitae, Evangelium Vitae, Deus Charitas Est, Dignitas Personae) affinché la fede e la ragione possano liberare l’uomo dalle gabbie della non verità. Mi è stato insegnato a non propormi ma “se ti chiamano, vai: dietro quella chiamata ci può esse Qualcuno che chiama”.

Ritiene che queste “gabbie” cui fa riferimento stiano imprigionando i principi morali cattolici in merito alla bioetica medica?

Certo, le difficoltà non sono particolari ma sono ubiquitarie, dappertutto e, spesso, anche nel nostro stesso mondo cattolico. L’analisi di questo andare in salita, contro corrente, è riconducibile, a parer mio a due fattori. Il primo è la perdita del senso più alto di fare scienza come servizio alla persona umana. Il secondo è la perdita del senso della fede e dell’appartenenza alla Chiesa e al Magistero Cattolico come ricchezza e risorsa per tutti, credenti e non credenti. Infatti l’Aigoc non nasce per fare un fondamentalismo etico ma per parlare attraverso la ragione scientifica, giuridica, filosofica e psicosociale a tutti, credenti e non credenti, con un linguaggio e una metodologia basati sul dialogo e sul confronto. Cerca di operare una chiarificazione del pensiero con gli strumenti dell’evidenza scientifica non per una vittoria ideologica ma per tessere ponti di condivisione. A nostro parere è un progetto di pacificazione culturale, e quindi sociale. E tutti noi vediamo quanto bisogno di pace interna e esterna c’è nella nostra società. Il prezzo da pagare è quello simile ai sermoni: vanno contro corrente, depositano le uova e poi muoiono. Nel nostro caso spesso per depositare le uova della verità sulla persona umana si muore nel pregiudizio culturale, nelle ostilità irrazionali, nell’ideologismo e nella malafede.

Tutta la seconda sessione del convegno che si è tenuto lo scorso 12 dicembre è stata dedicata al tema dell’obiezione di coscienza. Avverte un clima ostile intorno ai medici obiettori?

Non l’ho detto io ma è una marea montante che si evince dai fatti e dalle decisioni operate da autorità regionali, nazionali e europee. È una forma di prepotenza giuridica contro un diritto sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dal Comitato Nazionale di Bioetica e, recentemente, dalla stessa Corte europea. Combattere l’obiezione di coscienza è gravissimo a tutti i livelli perché significa combattere il nucleo intimo della libertà dell’uomo. Questo atteggiamento ci ricorda i totalitarismi culturali e politici che hanno macchiato la storia con delitti e infamie su milioni di esseri umani: hanno ucciso l’umanità dell’uomo! Quale messaggio lasciamo e lanciamo alle giovani generazioni? La storia ha giudicato e ha pesato il pieno fallimento dei totalitarismi.

Umberto Veronesi ha parlato, in una recente intervista, di una sorta di movimento clandestino di medici italiani che praticano già l’eutanasia. Quest’argomentazione potrebbe persuadere l’opinione pubblica, un po’ come accadde per l’aborto nel 1978, verso la legalizzazione di una pratica oggi illecita?

Veronesi non è nuovo a tecniche e a strategie che giocano sull’uso della sua credibilità e il suo nome per fare accettare come fatto ineludibile alcuni atteggiamenti e scelte mediche eticamente e umanamente tristi e misere. Mi chiedo piuttosto come si possano sposare cause che distruggono l’uomo in nome di una falsa libertà e di un falso diritto. Tuttavia credo che il tempo sia galantuomo e la verità sulla preziosità della persona umana può sembrare che perda le battaglie ma vince sempre le guerre.

Battaglia preminente è oggi quella della crescita demografica. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha avviato ad ottobre un’assemblea permanente di esperti per rilanciare la natalità…

È molto ben accetto ogni progetto che miri alla consapevolezza che 30 anni di cultura della morte e di messaggi diseducativi hanno creato una scelta suicida che porta all’invecchiamento della popolazione e suscita gravi conseguenze. Bisogna rilanciare grandi progetti di educazione sociale sull’importanza dei valori dell’affettività, della sessualità, della vita e della famiglia. La laica Francia ha iniziato 20 anni fa qualcosa di simile, migliorandolo ogni 2-3 anni con politiche familiari – pratiche e gratificanti – e ha raggiunto il tasso di natalità più alto d’Europa. La laica Francia investe sulla vita e sulla famiglia e ottiene risultati sul piano sociale in termini di ricchezza economica e di ricchezza umana.

Da dove iniziare per ottenere quegli stessi risultati anche qui in Italia?

Da politiche che mirino ad educare le generazioni ai criteri valoriali. Un po’ di anni fa un certo Platone affermò che non saranno capaci di governare bene un Paese quei politici del tutto privi di conoscenza della verità. Oggi è l’emergenza sulla verità della persona umana e sui valori della vita e della famiglia che devono essere gli strumenti di educazione alla vita sociale. La grande “strategia della vita”, a
360 gradi, in maniera “opportuna e non inopportuna” sono le misure prioritarie per rilanciare una cultura aperta alla vita e incrementare le nascite.

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Federico Cenci

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