"Lasciamo che il Dio della tenerezza e della misericordia ci incontri"

Omelia del patriarca Moraglia nella Messa della notte di Natale 2014

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Riportiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata da monsignor Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, nella Messa della notte di Natale 2014.

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Fratelli e sorelle carissimi,

in questa notte ci troviamo tutti – così come siamo – davanti al Bambino che “è nato per noi”, al Figlio che “ci è stato dato” (Is 9,5).

Facciamo, allora, in modo che Gesù – il Bambino, il Figlio, nato a Betlemme – parli veramente alla nostra vita e alla nostra storia.

“In questa umanità – diceva proprio un anno fa Papa Francesco – oggi è nato il Salvatore, che è Cristo Signore. Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Lasciamo che il nostro cuore si commuova: non abbiamo paura di questo… Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio; abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza” (Papa Francesco, Messaggio Urbi et Orbi per il Natale 2013).

E’ quindi necessario che il mistero del Natale ci raggiunga di nuovo come fatto straordinario, come realtà sconvolgente: Dio si fa uomo e inizia a vivere un’esistenza in tutto simile alla mia, una vita pienamente umana.

Per tutti noi, in questa santa notte, sono risuonate le parole del profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia” (Is 9, 1-2).

E la lettera di Tito ha proclamato: “È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza…” (Tt 2, 11-13).

Apprendiamo, così, che Gesù è l’umanità veramente gradita a Dio, l’uomo come avrebbe dovuto essere sin dalle origini, prima del peccato e per sempre. Il Natale è così, in questo senso, il compiersi della creazione.

Il Natale – per usare il linguaggio di Papa Francesco – è la grande misericordia di Dio, la grande tenerezza del Padre che, nel piccolo bambino di Betlemme, ci dona suo Figlio.

Sta ora a noi accogliere lo “straordinario disegno” con cui Dio si offre e si fa conoscere agli uomini e alle donne di ogni tempo. E lo fa nel modo più umano e semplice possibile, attraverso il Bambino di Betlemme.

La logica di Dio, infatti, passa attraverso la debolezza e la piccolezza e questa rivelazione – se ci pensiamo – è per noi di grandissima consolazione. Il messaggio della notte di Betlemme è chiaro e dona, a tutti, speranza: Dio lo s’incontra non nei fatti clamorosi e nei pensieri eruditi ma nelle cose semplici, come seppe esprimere splendidamente Francesco a Greccio, nel 1223, realizzando il presepe e mostrando a tutti la cifra autentica e realistica del Natale.

Ripartendo da questa notte, dunque, si tratta d’entrare nella logica della fede, una fede che ci libera e ci rende capaci di fare quanto da soli non riusciremmo mai a fare.  

Bisogna assumere lo sguardo di chi scorge il tutto nel frammento, il mistero del Dio onnipotente nel piccolo Bambino di Betlemme, lo sguardo di chi non si scandalizza perché Dio-creatore si abbassa a incontrare la sua creatura, là dove essa si trova a causa della sua fragilità.

Sì, la logica del Natale è la logica del tutto nel frammento, del mistero di Dio onnipotente nella fragilità dell’uomo concreto e reale. E fuori della logica di Dio non si capisce più come la redenzione – questo Bambino, infatti, è il Salvatore del mondo! – sia un cammino libero a cui siamo personalmente invitati a dire il nostro sì, per trovare il nostro posto nella storia della salvezza.

Solo il bambino di Betlemme – che ha un volto e un nome ben definiti, il volto e il nome di Gesù – ha vinto la morte e può quindi offrirci la vera vita. Ma, per accogliere questo dono, è necessario assumere la logica e la spiritualità del Natale cristiano ed entrare in questo cammino di vita che nasce dalla morte.

L’augurio di buon Natale – che in queste ore ripetutamente riecheggia tra le persone e anche tra noi – diventi per tutti un invito profondo: lasciamo che il Dio della tenerezza e della misericordia ci incontri, lasciamo che ci incontri il Dio che salva e dona la vita!

Dio si è chinato sulla vita dell’uomo e l’ha assunta tutta, per dirci che sempre va difesa e valorizzata dal suo inizio, nel grembo materno, al suo naturale spegnersi.

Lasciarci incontrare da Dio, decidere finalmente di fidarsi di Lui e di consegnarsi a Lui: è questo il vero segreto del Natale e questo diventa possibile perché Egli – Colui che, secondo una bella espressione di Isacco di Ninive, è “esperto della nostra debolezza” e porta “le pene della nostra piccolezza” – ha voluto venirmi incontro là dove ha inizio la mia umanità, il mio essere uomo.

“In Lui – ci fa dire la liturgia – oggi risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale” (Prefazio di Natale III).

Sarà davvero un buon Natale se diventeremo più “credenti”, se sapremo guardare con fede al piccolo Bambino di Betlemme in cui brilla il mistero di Dio, se saremo capaci di fidarci di Lui e di affidarci al suo Amore che rimane per sempre.

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ZENIT Staff

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