1914: quando la Chiesa andò in trincea

Pubblicato da Salerno Editrice, il libro di Bruno Bignami su “I preti nella Grande Guerra”

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Sabato 6 dicembre, nell’ambito della Fiera della piccola e media editoria di Roma Più Libri Più Liberi, è stato presentato il libro di don Bruno Bignami La Chiesa in trincea – I preti nella Grande Guerra, edito dalla Salerno Editrice. Oltre all’autore, Bruno Bignami (1), sono intervenuti lo storico ed ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, la vaticanista Franca Giansoldati ed il missionario padre Giulio Albanese (2).

L’opera (pp. 142, € 12) si inserisce nel contesto delle tante iniziative editoriali, culturali e cinematografiche che rievocano il centenario della Prima Guerra Mondiale. Nell’ora di presentazione, Paolo Mieli ha avuto il compito di inquadrare il periodo storico, il ruolo della Chiesa e quello di Papa Benedetto XV nel corso del primo conflitto mondiale; padre Albanese si è concentrato maggiormente sui moderni conflitti (3).

In questa sede tratteremo del libro presentato, tenendo a mente quel timido cappellano militare, interpretato da Alberto Sordi, nella riduzione cinematografica di Addio alle Armi di Ernest Hemingway (4) e sottolineando quanto quelle sequenze possono essere di supporto alle circa quaranta pagine del quarto e ultimo capitolo, intitolato La prova della Trincea, nell’opera di Bruno Bignami.

Così scrive l’autore, nelle prime righe di questo quarto capitolo: “Durante l’inutile strage (5) furono arruolati oltre 24.000 ecclesiastici militari, 15.000 dei quali erano sacerdoti. Al termine del conflitto si contarono 845 morti, 795 feriti e 1.243 decorati con medaglie al valor militare per meriti di guerra”.

I primi tre capitoli (La Chiesa in Guerra, La “Guerra Giusta”, Il Fronte Italiano) sono il preludio ed il contesto storico di quelle ultime pagine che entrano nella carne viva del lettore, con tutto il dramma della guerra. I luoghi inospitali, una religiosità che, via via, va scemando in quanto non più collante di truppe abbrutite dalla fatica e dall’abbraccio della morte, una lotta per la sopravvivenza, le diserzioni e le punizioni.

In tutto questo, molti sacerdoti (e non solo i circa 2400 cappellani militari che per il loro ruolo avevano il grado di tenente, e quindi appartenevano al corpo ufficiale) nelle difficoltà quotidiane anche di celebrare messa, si ritrovano a dare il loro contributo, oltre che al fronte, anche negli ospedali da campo o nelle immediate retrovie, subendo lo shock di vedersi catapultati in una quotidianità caotica e dolorosa contrapposta alle rigorose ma tranquille regole della vita nei seminari, scandite da studi e preghiere.

Sono molto coinvolgenti le pagine che descrivono questi preti, in particolare dell’Italia settentrionale, che hanno il compito di ascoltare anche tanti soldati meridionali, i quali, in una prima fase, forniscono il loro supporto, anche di fede, alle ragioni dell’intervento militare e poi, nel corso dei mesi e dopo le parole di Benedetto XV con la nota del 1 agosto 1917, cominciano a prendere maggiore coscienza delle ragioni di una pace che supera gli steccati degli interessi nazionali, steccati molto radicati nel cattolicesimo europeo.

Più volte Bignami accenna, come momento di profonda crisi, alla constatazione della “banalità della morte”, quando non è solo il fuoco del nemico ad uccidere i soldati, ma anche gli agenti atmosferici, i colpi occasionali, sino a quei drammatici attimi rappresentati dalle esecuzioni capitali dei disertori o traditori della Patria.

Se la guerra è stato un durissimo banco di prova per gli ecclesiastici, lo sarà altrettanto il dopoguerra, quando il prete-reduce dovrà rientrare nei luoghi di servizio e di preghiera ed in molti casi gli sarà necessario un periodo di transito, un accompagnamento spirituale che lo “ripulisca” dalle contaminazioni del conflitto, per riprendere la missione quotidiana; per molti, invece, si verificherà la rottura della vita sacerdotale, anche se non della fede.

Sono struggenti le ultime pagine, quando l’autore descrive il modo in cui tre preti, legati da profondissima amicizia, quali don Mazzolari, don Astori e don Carletti, hanno fornito le loro personali risposte alla crisi determinata dalla conclusione del primo conflitto mondiale. In particolare quest’ultimo non riuscirà più a trovare il punto di sintesi tra una Chiesa Istituzionale e una Chiesa Spirituale, sintesi che invece individuerà don Mazzolari in quell’equilibrio morale, “forse eredità delle origini contadine e della fede familiare, ma anche del calore spirituale sperimentato in persone vicine”.

***

NOTE

1) Bruno Bignami insegna Teologia Morale a Crema, Cremona, Lodi e Mantova ed è presidente della Fondazione “don Primo Mazzolari” di Bozzolo.

2) All’evento ha presenziato anche Enrico Malato, direttore editoriale della Salerno Editrice e vicepresidente della Casa di Dante in Roma. Il prossimo anno, nel 2015, cadrà il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri, alla di cui opera Papa Benedetto XV dedicò nel 1921 l’Enciclica In Praeclara Summorum.

3) In questa spola tra passato e presente, c’è stato quindi meno spazio per approfondire i temi più specifici dell’opera, pertanto nelle prossime settimane chiederemo all’autore di esplicitare alcune questioni con una intervista più puntuale.

4) Il film integrale è disponibile anche su YouTube.

5) “L’inutile strage” è l’espressione usata da Benedetto XV nella nota del 1 agosto 1917 indirizzata alle potente belligeranti. Per un ulteriore approfondimento sul tema della Prima Guerra Mondiale può essere letta l’intervista al giornalista Lorenzo del Boca presente sull’edizione di Zenit del 5 settembre 2014 intitolata La guerra che solo la Chiesa tentò di impedire.

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Antonio D'Angiò

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