Troppe armi in giro, dall’una e dall’altra parte. Ma se di là le armi ci stanno, eccome, perché il mondo, pagano o religioso che sia, fa il suo mestiere da sempre, di qua, che ci stanno a fare?
Stiamo in trincea, e va bene, la Chiesa è nata da sangue e acqua, conosce la prima linea. Ma forse abbiamo perso di vista che tipo di guerra siamo chiamati a combattere.
Bisogna difendere la tradizione, non bisogna mollare di un centimetro. Certo, ma che significa? Dici, prima ci hanno tolto i crocifissi, ora anche i presepi. Ed è vero, è la cifra di un mondo che sta facendo saltare a cannonate la famiglia, senza rendersi conto di radere al suolo le sue fondamenta.
Ma prima dei crocifissi e dei presepi aveva cancellato Dio. Nulla di strano se anche Adamo ed Eva non si riconoscano più. E’ tutto scritto nelle prime pagine della Scrittura. Non occorrono chissà quali approfondimenti sociologici.
Allora dirai, non è con il mondo che siamo in guerra, ma con chi, da dentro la nostra trincea, ci spara addosso. Il “fuoco amico” che vuol cambiare Vangelo e dottrina.
E non si finisce più. Le armi puntate a 360 gradi, e i colpi non risparmiano nessuno. Cominciamo a casa, la mattina appena svegli, già in tenuta da combattimento.
Marito, moglie, figli, sono tutti al di là del fronte, e ogni parola ci sembra un proiettile che ci sibila accanto. Dobbiamo difenderci, e contrattaccare.
Poi sali in macchina, ti infili nella metropolitana, entri in ufficio: tutto è un immenso campo di battaglia, tra bombe, mitragliatrici, fucili, pistole e baionette.
Come nella società. Tutti rubano tutto, le ingiustizie sono come granate che ti scoppiano a un centimetro e le schegge ti feriscono senza pietà. Il lavoro non si trova, le tasse ti scorticano, e questo clima insopportabile che è come il fumo di una guerra.
Ma se proprio qui Dio avesse scelto di farsi carne? Se avesse deciso di farsi bambino in mezzo al rumore della guerra? Disarmato, inerme, indifeso, piccolo che più piccolo non si può?
Non è in un mondo diverso da questo che anche quest’anno diventerà Natale. Perché Natale non avrebbe senso senza una stalla, e fetore e letame, e un mondo in subbuglio, ieri come allora. Non dominavano i Romani in Palestina? Non c’era la loro cultura ad insidiare le tradizioni dei Padri?
Non c’erano le loro armi a insanguinare le strade? Non c’erano i peccati, dai più terribili a quelli “abituali”? Corruzione, tasse inique, sesso a servizio di qualsiasi concupiscenza; e poi giudizi, rancori, tradimenti, avarizia e idolatria. Non c’era il male? Sì che c’era, tutto, come oggi.
Perché anche quest’anno Natale non ha senso senza il mondo, questo mondo. Quello che preferisce le tenebre, e rifiuta Dio. Perché altrimenti Dio si sarebbe fatto bambino? Poteva apparire in un miliardo di miliardi di modi differenti, e invece ha scelto il più umile.
Sembra proprio che abbia escogitato il modo per rendere più facile agli uomini il rifiutarlo. Un bambino, che vuol dire un nulla. Non avevano diritti in quei giorni, non ce l’hanno in questi. Per cancellarli bastava una rupe ieri, come una pillola oggi.
Ma è proprio questo il mistero del Natale! Dio è nato per farsi rifiutare. Si è fatto carne per perdere ogni battaglia, perché era l’unico modo per vincere la guerra contro il vero nemico, satana, il principe di questo mondo.
Per questo si è lasciato deporre in una mangiatoia, dalla quale poter dire al mondo: sono qui, prendetemi, fate di me quello che volete. Non aveva altra scelta: divenire come noi per incarnare il nemico che tutti, avvelenati dalla menzogna antica, volevamo e vogliamo uccidere.
Chi stai combattendo? Se sei in guerra contro un uomo, chiunque egli sia, sappi che stai puntando l’arma su di Lui, il Bambino nato a Betlemme. Guardalo nel presepe, è lì per te, per abbracciarti dentro una raffica di mitra. E’ in quella mangiatoia per spegnere i tuoi peccati nel sangue della sua misericordia.
Per questo a Natale la Chiesa ci annuncia la Pace, come gli angeli nel cielo di Betlemme. Pace perché la guerra è finita! Non abbiamo più bisogno di combattere nessuno e di difendere nulla, perché ci è nato un Bambino.
Quel Bambino è l’amore piantato nell’orrore. L’amore al peccatore sino a dare la propria vita per lui. Il suo sangue, infatti, e non la guerra, ha cambiato i cuori. Il sangue che ha versato in quello dei cristiani bambini come Lui, ha eroso le fondamenta decadenti dell’Impero romano e ha cambiato la storia dell’umanità, non le campagne mediatiche.
Accorriamo dunque senza indugio alla mangiatoia, e adoriamo Gesù, lasciandoci amare così come siamo. Allora contempleremo in Lui il volto di chi sino ad oggi abbiamo creduto un nemico. E lo ameremo, più di noi stessi.
Non è questa la Tradizione che abbiamo ricevuto, il sacramento nel quale Cristo si è donato, il tesoro più grande della Chiesa? E difenderlo non significa lasciare che ci trasformi sino in fondo nell’amore che esso significa? Tutto il resto verrà da sé…
La missione della Chiesa, infatti, è offrire l’amore di Cristo come un bambino si offre a chi lo abbraccia, senza difendersi. E per questo uscire, e cercare ovunque la pecora perduta, e disarmare i lontani con la pazienza e la misericordia.
Come i pastori trasformati dall’incontro con Gesù, siamo chiamati ad annunciare a tutti che Dio ci ama, senza condizioni, prendendo su di noi i loro peccati per regalargli un pegno sicuro di speranza.