Il ragazzo invisibile

Il film di Gabriele Salvatores esplora in maniera delicata e sincera dinamiche familiari quali il rapporto madre-figlio, l’assenza del padre, il bisogno di legami che trascendano quelli di sangue

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Trieste, giorni nostri. Michele ha 13 anni, la passione per i supereroi, e una cotta per Stella, la bionda compagna di classe che neanche si accorge di lui. Abita con sua madre (una poliziotta) e con il cane Mario, in una grande casa dove la figlia della domestica è una vivace e petulante presenza, più una sorellina che un’amica. Vessato a scuola da due bulletti, sente la mancanza di un padre che non ha mai conosciuto: un eroe – gli racconta sua madre –, un poliziotto che ha dato la vita per il suo lavoro e per la sua famiglia. Un giorno Michele, dopo una delle umiliazioni cui lo costringe l’età ingrata che sta attraversando, esprime il desiderio di diventare invisibile e la mattina dopo, ohibò, scopre di essere stato esaudito. Allo spavento iniziale si sostituisce l’euforia, finché l’affastellarsi d’inconvenienti e pericoli lo convince che la magia non c’entra niente e che l’improvviso “dono” (che il ragazzo impara a controllare) concerne una serie di misteriosi rapimenti e forse anche le origini della sua famiglia…

Forse non saranno memorabili le escursioni nella fantascienza, nel poliziesco, nel noir e ora nel fumetto da parte di Gabriele Salvatores (i suoi film più amati, crediamo, resteranno altri) ma è da guardare senz’altro con interesse la sua cavalcata attraverso i generi cinematografici lontani dalla tradizione italiana. Del progetto Il ragazzo invisibile ammiriamo innanzitutto il coraggio di battere una strada ancora inesplorata (forse è il vero tratto distintivo della filmografia del regista) e poi l’idea intelligente di elaborare un prodotto cross-mediale, che insieme al film in sala preveda anche un romanzo e una serie a fumetti. Chi piange sul latte versato della crisi delle idee nel cinema italiano potrebbe guardare a operazioni del genere, se non altro per smettere di lamentarsi.

Venendo al film, l’incontro tra Salvatores e i supereroi a fumetti porta a un gradevole racconto di formazione, giocato su un’unica trovata, prelevata di peso da Gli incredibili ma sviluppata con coerenza (l’adolescenza come età in cui ci si sente invisibili o si vorrebbe esserlo), e ambientato – se così si può dire – tutto nella mente e nell’immaginario adolescenziale. Più che film d’azione e avventura, Il ragazzo invisibile è infatti un film sui sogni, i desideri, le paure di un ragazzo di 13 anni, un’età in cui si è ancora in tempo per credere alle fiabe e ai miti (sia pure quelli moderni in cui le tute in latex hanno sostituito le corazze medievali) e si possono accettare come elementi della realtà aspetti che un adulto riterrebbe impossibili, assurdi e paradossali. Sotto la coltre del fantasy, comunque, il film esplora in maniera delicata e sincera dinamiche familiari quali il rapporto madre-figlio, l’assenza del padre, il bisogno di legami che trascendano quelli di sangue e dice cose non scontate su un’età in cui la scoperta del proprio destino passa attraverso la capacità di immaginarselo.

Se dobbiamo cercare un difetto nel film, lo troviamo nella tentazione, cui Salvatores cade continuamente, di voler essere sempre cool, smart e trendy (l’abbigliamento, l’arredamento, la colonna sonora…), così che si fatica a empatizzare con un protagonista bello, benestante, e nonostante tutto pieno di risorse, che almeno all’inizio dovrebbe farci tenerezza e malinconia (pensate al Bastian de La storia infinita) ma di cui invece non si avverte mai veramente il dolore.

Oltre che al regista, comunque, il film appartiene senz’altro al trio di sceneggiatori Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo. Che siano nati tutti e tre tra il 1972 e il 1979 è un dato non secondario: c’è una generazione cresciuta con i cartoni animati giapponesi, i fumetti della Marvel, il cinema degli anni Ottanta di Spielberg e Lucas – ma anche con il disastro di Chernobyl e la caduta del Muro di Berlino – che condivide un immaginario che è diverso da quello della generazione precedente. I racconti, le storie, le narrazioni ne risentono. Per certi versi si globalizzano. Il ragazzo invisibile è quindi un film moderno, sincronizzato con un modo di essere e di pensare trasversale a culture e  Paesi, cui manca forse solo un po’ di disinvoltura.

*

Titolo Originale: Il ragazzo invisibile
Paese: ITALIA, FRANCIA
Anno: 2014
Regia: Gabriele Salvatores
Sceneggiatura: Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo
Produzione: Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori per Indigo Film con Rai Cinema, in coproduzione con Fabio Conversi, Fulvia Manzotti, Marta Manzotti per Babe Films e Faso Film, in associazione con Ifitalia SPA, Gruppo BNP Paribas e Sting Occhiali By De Rigo SPA
Durata: 100
Interpreti: Ludovico Girardello, Valeria Golino, Fabrizio Bentivoglio, Hristo Jivkov, Noa Zatta

Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it

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Raffaele Chiarulli

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