Iraq: rifiutano di sposare jihadisti, uccise 150 donne

L’esecuzione di massa è avvenuta nella provincia di Anbar e i corpi delle vittime, alcune delle quali incinte, sono stati gettati in una fossa comune vicino Falluja

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Un massacro sconcertante, quello avvenuto nella provincia di Anbar, nella parte nord-occidentale dell’Iraq. Secondo la denuncia del ministero per i Diritti umani di Baghdad, almeno 150 donne, alcune delle quali incinte, sono state uccise dallo Stato islamico per aver rifiutato di sposare jihadisti.

I corpi delle vittime – riferisce l’emittente satellitare al Arabiya – sarebbero stati sepolti in una fossa comune alla periferia di Falluja. Identificato l’esecutore del massacro: si tratta di Abu Anas al Libi, omonimo di un altro terrorista responsabile degli attentati alle ambasciate di Kenya e Tanzania nel 1998.

La maggior parte delle donne massacrate sarebbero di etnia yazida. In un manuale diffuso dai vertici del Califfato per i jihadisti, l’Isis giustifica l’uso della riduzione in schiavitù di queste donne sostenendo che le tribù yazide adorano il diavolo.

Un’altra atrocità si registra intanto in Siria, dove i corpi di oltre 230 persone uccise sempre dai jihadisti dello Stato islamico sono stati trovati in una fossa comune nella provincia di Deyr az Zor, nell’est del Paese. Lo ha reso noto l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), precisando che le vittime sono membri della tribù degli Sheitat, di cui era stato denunciato un massacro in settembre.

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ZENIT Staff

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