"Le prepersone": un cortometraggio ai confini con la realtà

Ideato e realizzato da tre giovani cineasti milanesi, il film immagina un mondo dove l’aborto post-natale è consentito fino al dodicesimo anno di vita

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Le prepersone è un film cortometraggio indipendente di 20 minuti sul tema dell’aborto e dell’aborto post-natale, realizzato da tre studenti Gabriele Lodi Pasini (ideatore, regista, co-sceneggiatore, montatore), Antonio Losa (regista, direttore della fotografia, montatore) e Mattia Conti (co-sceneggiatore), neolaureati alla IULM di Milano in Televisione, Cinema e New Media.

Il progetto, filmato a Jerago con Orago, in provincia di Varese, montato e post-prodotto a Lecco, “ha visto coinvolte persone comuni e non professionisti, chiamati a mettersi in gioco come attori e come collaboratori nella realizzazione di questo progetto”, spiegano gli autori a ZENIT.

“Il cortometraggio no-profit e no-budget è stato realizzato grazie alla collaborazione di molte persone che, gratuitamente, si sono rese disponibili – proseguono Lodi Pasini, Losa e Conti -. Il cortometraggio, con tutti i possibili limiti legati alle modalità di realizzazione e alla mancanza di un budget produttivo, è comunque di buona fattura e rappresenta un coraggioso tentativo di parlare di un tema difficile e contraddittorio”.

Come è nato Le prepersone?

Lodi Pasini, Losa, Conti: Le premesse del cortometraggio sono tratte da un articolo scritto da due bioeticisti italiani nel 2011, pubblicato sul Journal of Medical Ethics ed intitolato Aborto post-natale: perché il bambino deve vivere?. Secondo l’articolo, uccidere un bambino appena nato è lecito poiché, si legge, “se pensiamo che l’aborto è moralmente permesso perché i feti non hanno ancora le caratteristiche che conferiscono il diritto alla vita, visto che anche i neonati mancano delle stesse caratteristiche, dovrebbe essere permesso anche l’aborto post-nascita”. In questo contesto sociale, si inserisce il cortometraggio Le prepersone che, attraverso il punto di vista dei bambini, libero da cinismo, fredda logica, pregiudizi e retorica, dimostra l’assurdità di certe posizioni abortiste. Inizialmente il cortometraggio doveva parlare “solamente” dell’aborto, visto sotto una prospettiva fantascientifica e metaforica, volutamente esagerata poiché racconta la possibilità di “abortire” bambini di sei anni e sani. Tuttavia, documentandoci in fase di pre-produzione, ci siamo accorti di quanto il cortometraggio fosse in realtà più vasto e toccasse effettivamente il possibile tema dell’aborto post-natale.

Fantascienza o realtà?

Lodi Pasini, Losa, Conti: Quello che viene raccontato nel cortometraggio è comunque sempre un’“esagerazione” della situazione attuale e di quello che è e sarà l’aborto post-natale (da quello che abbiamo sentito, viene proposto per i bambini appena nati e con disabilità grave, di certo non per bambini di sei anni e sani). Tuttavia l’aver voluto raccontare la storia, presentando bambini sani di sei anni, esagerando volutamente le circostanze dell’aborto post-natale, ci ha permesso di avvicinare di più lo spettatore comune alla situazione, per rendere più immediata la comprensione e l’immedesimazione.

Com’è nata l’idea di lavorare insieme?

Lodi Pasini, Losa, Conti: Nelle ore passate in università avevamo deciso di realizzare insieme un progetto unendo le nostre capacità e conoscenze personali. Non avevamo idea di cosa raccontare, o meglio, avevamo molte idee, molte storie in mente e molte possibilità, ma nessuna ci sembrava sufficientemente valida per giustificare uno sforzo produttivo. Con tante idee, dovevamo focalizzare una linea di principio per scegliere quale storia raccontare. Abbiamo capito che le uniche storie che valeva la pena raccontare e che avremmo voluto raccontare, erano quelle che non solo avrebbero potuto piacere a noi e al pubblico, ma anche che avrebbero potuto in qualche modo essere utili alle persone. Volevamo evitare film fini a se stessi e concentrarci su storie che fossero soprattutto utili.

Com’è nato, quindi, questo cortometraggio?

Lodi Pasini: A questo punto ho deciso di proporre l’adattamento di un racconto breve di Phil K. Dick, intitolato The Pre-persons. Nel 1974 l’autore aveva immaginato una società in cui l’aborto fosse permesso fino ai dodici anni di vita, quando il bambino diventa “persona a tutti gli effetti”, status che gli viene attribuito nel momento in cui è in grado di compiere una serie di operazioni matematiche complesse.

Conoscevo Phil K. Dick (autore del romanzo da cui è stato tratto il film Blade Runner, capostipite del genere fantascientifico moderno) dal 2011 quando, per una ricerca universitaria, mi è capitato, quasi per caso, il testo di The Pre-persons. L’incipit, l’arrivo del furgone degli aborti, il punto di vista dei bambini, con la loro paura viscerale e la loro impotenza e le sensazioni che ho avuto, mi hanno impressionato molto e si sono impresse fortemente nella mia memoria.

Arrivato il momento di decidere con Mattia ed Antonio quale film realizzare, mi è tornato in mente questo racconto. L’idea è subito stata accettata ed è iniziata la fase di pre-produzione, con la stesura della sceneggiatura.

La sceneggiatura è la stessa del libro?

Lodi Pasini, Losa, Conti: La sceneggiatura si discosta fortemente dal testo originale, di cui conserva solo l’incipit, per proseguire autonomamente su una direzione completamente originale e che vuole focalizzare l’attenzione dello spettatore sul rapporto tra i due bambini e sull’impotenza dei bambini stessi nei confronti di un mondo adulto cinico e materialista.

Il tema dell’aborto è molto delicato: che messaggio avete voluto lanciare?

Lodi Pasini, Losa, Conti: Il tema affrontato dal cortometraggio è appunto quello dell’aborto e dell’aborto post-natale, cioè la possibilità di “abortire” un bambino anche dopo la nascita, se, ad esempio, nasce prematuramente e/o con determinate malformazioni. Il dibattito sull’idea e sulla possibilità dell’ “aborto post-natale” è molto presente nella nostra società, ma spesso viene ignorato, più o meno tenuto nascosto e molto spesso non raggiunge l’opinione pubblica.

Le varie opinioni e posizioni si scontrano, dialogano e cercano di prevalere le une sulle altre, tra vere e false informazioni, strumentalizzazioni politiche e morali, in un mondo dove la differenza tra accanimento terapeutico e diritto alla vita spesso si confonde, si mischia e, appunto, viene volutamente strumentalizzata. Il cortometraggio non è una presa di posizione unidirezionale sul tema e soprattutto non è un giudizio morale nei confronti delle persone, ma vuole essere un invito alla riflessione. Il cortometraggio non è un giudizio sulle donne che decidono di avere un aborto: la scena finale, con la madre che decide di “recuperare” il figlio dimostra che fino alla fine si può cambiare idea; tutto dipende dalla scelta personale. In nessun modo noi giudichiamo la scelta poiché non possiamo sapere i motivi per cui una donna decide per l’ aborto; i motivi sono troppo vari e troppo personali per poter essere generalizzati in un film.

Noi non ci occupiamo né di medicina, né di morale ma cerchiamo, nei limiti delle nostre possibilità e capacità, di fare cinema, pertanto raccontiamo quello che vediamo e sentiamo dentro. Abbiamo le nostre idee personali, riflessioni che condividiamo volentieri con altri, senza avere la pretesa di imporle a nessuno; raccontiamo per chi ci vuole ascoltare e vuole riflettere con noi.

Perché avete scelto questo argomento?

Lodi Pasini, Losa, Conti: Il tema non è stato preso, perché si tratta di un tema difficile e controverso e perché avrebbe destato scalpore, ma perché la nostra linea guida per scegliere un nuovo progetto è il poter aiutare altre persone a riflettere, vedere ed essere messi in guardia sui pericoli della nostra società e cultura.

Cosa ha significato fare questo fil
m?

Lodi Pasini: Il cortometraggio è stato girato in sette giorni e montato in sei, ma la produzione si è estesa per oltre un anno poiché tra impegni personali ed universitari, oltre che per impegni dei vari membri del cast, non è stato possibile girare con costanza e cadenza regolare. È stata innanzitutto una bellissima esperienza umana, perché ho conosciuto nuove persone e con altre ho approfondito il rapporto che già avevo, ma soprattutto perché, insieme ad Antonio e a Mattia, ho visto come le persone abbiano a cuore questo tema; siamo rimasti colpiti dalla disponibilità che molti ci hanno dato perché credevano nel progetto e nell’importanza di quello che si raccontava. È stato veramente bello vedere persone adulte che, con coraggio e senza vergogna, si sono messe in gioco nel difficile ruolo dell’attore. A loro, ai bambini e a tutti coloro che ci hanno sostenuti e hanno collaborato con noi, va la nostra gratitudine.

***

Per visualizzare il cortometraggio: https://www.youtube.com/watch?v=A52vDo4leKk

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Elisabetta Pittino

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