"Essere un dono per gli altri non è solo uno slogan"

A Natale, l’opzione per gli ultimi e per i poveri assume un significato sacramentale

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

San Francesco d’Assisi, ideatore del primo presepe di Gubbio, ha definito il Natale “la festa delle feste” e, come si legge nelle fonti francescane: “Il Santo desiderava che in un giorno come questo anche i muri mangino carne e che i poveri e i mendicanti fossero saziati dai ricchi”.

Il vero senso del Natale, risposta ad un dono celeste, è il ricambiare con un altro dono, messo a disposizione dei fratelli e di chi ha bisogno. L’uomo, infatti, non si realizza pienamente nell’avere e neppure nel fare, bensì si realizza nell’amare e nel donarsi.

Essere un dono per gli altri” non è un semplice slogan, ma un programma di vita che dà motivazione all’agire e all’essere presente e partecipe nella società.

Ecco il senso della carità cristiana, che non è elemosina, ma dono sincero e fratellanza, solidarietà e attenzione, sensibilità e generosità agita.

Si rinnovano in occasione delle feste di Natale le manifestazioni di solidarietà e di attenzione agli ultimi, i poveri, i senza tetto. Pensare agli ultimi e alle periferie sempre più dimenticate, è necessario e doveroso.

“Aiutare un povero è un segno sacramentale”, ha detto papa Francesco, ribadendo che  “Non c’è un mezzo più bello per annunciare oggi al mondo la gioia del Vangelo”.

 In risposta alla diffusa cultura dello scarto, “l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società rigetta e mette da parte” è un segno che rende efficacemente testimonianza a Cristo morto e risorto”.  

Con queste parole papa Bergoglio ha accolto la delegazione degli Amis de Gabriel Rosset, professore francese di letteratura vissuto nel ‘900, che “aveva ascoltato il grido dei poveri” e, “sconvolto di fronte alla sofferenza degli altri”, ha promosso un’organizzazione di servizio, di assistenza e di accoglienza delle fasce più deboli della società.

La specifica attenzione e le particolari sottolineature del Papa per una “Chiesa povera per i poveri”, hanno tracciato un nuovo percorso verso la solidarietà umana, Epifania della carità cristiana.

Le dinamiche e diffuse azioni di volontariato che vedono molto spesso protagonisti attivi i giovani, sono il segno di un cambiamento che comincia ad attuarsi.

Le generose adesioni alle iniziative di Telethon ne sono una conferma, come pure la diffusa pratica delle pesche di beneficenza, di gare e concerti di solidarietà, che favoriscono la raccolta di mezzi per aiutare chi soffre.

L’espressione evangelica “i poveri li avrete sempre con voi” sancisce l’impegno per un’azione che diventa costante e assidua e non solo in occasione del Natale .

I poveri, per i quali il Signore ha sempre manifestato attenzione, sono al centro del Vangelo. Essi “ci evangelizzano, ci comunicano la sapienza di Dio, misteriosamente – ha affermato il Papa -. Nel momento in cui oggi la persona umana è spesso rigettata come inutile, perché non rende più, va annunciato con forza che Dio, al contrario, riconosce sempre in essa la dignità e la nobiltà di un figlio amato; essa ha un posto privilegiato nel suo cuore”.

L’azione della carità, carezza di Dio, che giunge agli uomini tramite le mani e il cuore dell’uomo, necessita, oggi più che mai, una fattiva cooperazione e convergenza, unendo le forze dei singoli gruppi e associazioni, attivando interventi “in rete”, garanzia di efficacia e di positività agli sforzi che, come singoli, vengono messi in atto per aiutare gli altri.

I mille rivoli e gli interventi dei singoli gruppi risultano spesso inefficaci e improduttivi per un cammino di ripresa sociale e di recupero della dignità umana spesso calpestata.

Tante mani che s’intrecciano e collaborano formano, invece, una catena, attivano un laboratorio operoso che produce buoni frutti. Sono molti gli ambiti e i settori nei quali occorre assistenza, presenza e risposta cristiana. Paradossalmente emergono oggi, nuove forme di dipendenza e di schiavitù ed in queste periferie esistenziali, la solitudine aggrava ulteriormente le ferite della vita.

“Per capire davvero la realtà – ha detto papa Francesco -. Dobbiamo spostarci della posizione centrale di calma e tranquillità e dirigerci verso la zone periferica”.

La Chiesa che, come afferma il Papa, è “in uscita”, si trasforma in “ospedale da campo” e, come il buon samaritano, accoglie e si prende cura delle tante povertà che affliggono la società moderna e contemporanea.

I drammi sociali e familiari, le frequenti morti di bambini indifesi, di donne maltrattate, la corruzione e il malaffare che penetra in tutti i settori, la droga e l’alcool, sono segni indicativi e manifesti di una società malata, con pesanti catene di schiavitù e di miseria, bisognosa di cure forti, intense e capaci di operare un cambiamento radicale nel modo di pensare, di sentire e di agire.

Ciò potrà avvenire se l’insegnamento dell’amore cristiano si trasforma in vero apprendimento e quindi in concrete azioni di servizio che portino benefici alla società intera.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Giuseppe Adernò

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione