"A volte quando vedo un cristiano tanto rigido, penso: Signore, buttagli una buccia di banana…"

A Santa Marta, il Papa critica la troppa rigidità esteriore, sintomo di ipocrisia e cuore debole. Come quando Pio XII abolì la ‘croce’ del digiuno eucaristico e tanti gridarono: “Che eresia!”

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Saldo, forte e prudente. Così è il cuore del cristiano: un cuore che si poggia sulla roccia che è Cristo e che non si lascia trasportare come una ‘banderuola’ dal vento. Perché più ci si poggia su Gesù più si riesce a dare misericordia agli altri. Mentre invece, se ci si fonda solo sull’apparenza, sul mostrarsi cioè cristiani ‘doc’, dottrinalmente impeccabili ed esteriormente rigidi, alla fine si rischia di diventare degli ipocriti e opportunisti.

La Messa a Santa Marta di oggi è un’altra stoccata del Papa a tutti quei cristiani dal cuore doppio, tanto inflessibili nelle loro discipline quanto disposti a “negoziare” tutto, Cristo incluso. Tutti quei cristiani cioè che si comportano come i capi dei sacerdoti del tempo di Gesù, di cui narra il Vangelo del giorno, i quali domandano al Messia con quale autorità compia le sue opere.

“È una domanda che dimostra il cuore ipocrita di questa gente”, sottolinea il Santo Padre, “a loro non interessava la verità”, cercavano solo i loro interessi. Essi, aggiunge il Papa, andavano “secondo il vento”: ‘Conviene andare di qua, conviene andare di là…’ erano banderuole, eh, tutti! Tutti. Senza consistenza. Un cuore senza consistenza. E così negoziavano tutto: negoziavano la libertà interiore, negoziavano la fede, negoziavano la patria, tutto, meno le apparenze”. “A loro importava uscire bene dalle situazioni” oppure “approfittarne”.

Un giudizio forse troppo severo, in fin dei conti – osserva Bergoglio – “qualcuno di voi potrà dirmi: ‘Ma padre, questa gente era osservante della legge: il sabato non camminavano più di cento metri, mai, mai andavano a tavola senza lavarsi le mani e fare le abluzioni; ma era gente molto osservante, molto sicura nelle sue abitudini’”. “Sì, è vero” tutto questo, afferma il Pontefice: “erano forti”, ma solo nelle apparenze, solo “al di fuori”. Dentro invece “erano ingessati” e il loro cuore “era molto debole”, perché “non sapevano in cosa credevano”. La vita “di fuori” era dunque “tutta regolata”, intanto il cuore “andava da una parte all’altra”, indebolendosi sempre di più.

E Gesù, rimarca il Santo Padre, ci insegna il contrario; ci insegna, cioè, “che il cristiano deve avere il cuore forte, il cuore saldo, il cuore che cresce sulla roccia, che è Cristo”; ci insegna che bisogna sempre “andare con prudenza” e che non si fanno traffici con il cuore, con la roccia. “La roccia è Cristo, e non si negozia!”, ribadisce infatti Bergoglio. Gesù stesso – prosegue – “non negoziava mai il suo cuore di Figlio del Padre, ma era tanto aperto alla gente, cercando strade per aiutare”. Ogni volta però era costretto ad impattare col “dramma dell’ipocrisia di questa gente”: “Ma questo non si può fare; la nostra disciplina, la nostra dottrina dice che non si può fare!”. Oppure: “Perché i tuoi discepoli mangiano il grano in campagna, quando camminano, il giorno del sabato? Non si può fare!”; “no, la disciplina non si tocca, è sacra” e via dicendo.

Un atteggiamento, questo, permaso nella Chiesa fino a non molti anni fa. Ai tempi di Pio XII, ad esempio, il quale – ricorda Papa Francesco – “ci liberò da quella croce tanto pesante che era il digiuno eucaristico”. “Alcuni di voi forse ricordano… Non si poteva neppure bere un goccio d’acqua. Neppure! E per lavarsi i denti, si doveva fare in modo che l’acqua non venisse ingoiata. Ma io stesso da ragazzo sono andato a confessarmi di aver fatto la comunione, perché credevo che un goccio d’acqua fosse andato dentro”. E quando Pio XII cambiò la disciplina, più di qualcuno esclamò: “Ah, eresia! No! Ha toccato la disciplina della Chiesa!”. “Tanti farisei si sono scandalizzati. Tanti”, rammenta Bergoglio, perché Pio XII “aveva fatto come Gesù: ha visto il bisogno della gente. ‘Ma povera gente, con tanto caldo!’. Questi preti che dicevano tre Messe, l’ultima all’una, dopo mezzogiorno, in digiuno….”.

Invece tanti ancora a dire: “La disciplina della Chiesa”, “la nostra disciplina”. Un atteggiamento proprio da dottori della legge, sottolinea il Santo Padre, “rigidi nella pelle, ma, come Gesù gli dice, ‘putrefatti nel cuore’, deboli, deboli fino alla putredine. Tenebrosi nel cuore”. Bisogna fare attenzione allora, perché “anche la nostra vita può diventare così”, avverte il Papa. E confessa che “alcune volte, quando io ho visto un cristiano, una cristiana così, col cuore debole, non fermo, non saldo sulla roccia – Gesù – e con tanta rigidità fuori, ho chiesto al Signore: ‘Ma buttagli una buccia di banana davanti, perché faccia una bella scivolata, si vergogni di essere peccatore e così incontri Te, che Tu sei il Salvatore’”.

Perché a volte proprio un peccato che ci fa vergognare tanto ci permette di incontrare il Signore e sperimentare il suo perdono, “come questi ammalati che erano qui e andavano dal Signore per guarire”. La gente semplice infatti, nonostante le tesi contrarie dei farisei, “non sbagliava”, evidenzia Papa Francesco, la gente “sapeva, aveva quel fiuto della fede”.

E pure oggi fiuta, capisce, intuisce. Per questo, il Vescovo di Roma a fine omelia prega il Signore perché doni a tutti “la grazia che il nostro cuore sia semplice, luminoso con la verità che Lui ci dà, e così possiamo essere amabili, perdonatori, comprensivi con gli altri, di cuore ampio con la gente, misericordiosi”. “Mai condannare, mai condannare”, soggiunge, e “se tu hai voglia di condannare, condanna te stesso, che qualche motivo avrai, eh?”. Chiediamo a Dio, conclude quindi il Papa, che “ci accompagni nella strada, ci allarghi il cuore, perché possano entrare i problemi di tanta gente e ci dia una grazia che questa gente non aveva: la grazia di sentirci peccatori”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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