Poche settimane fa ha suscitato unanime indignazione il ritrovamento, all’interno di un cassonetto a Palermo, del corpo privo di vita di una neonata, gettata lì dalla propria madre poco dopo il parto. All’origine dell’estremo gesto, è stata evocata la “cultura dello scarto”, sistematicamente denunciata da papa Francesco. Non la stessa levata di scudi, tuttavia, provocano presso i media di massa i migliaia di aborti che si compiono ogni anno in Italia, a causa della medesima “cultura dello scarto”.
Stando al censimento del Ministero della Salute, nel 2012 vi sono state 107.192 interruzioni volontarie di gravidanza in tutto il territorio nazionale. Chi a questo drammatico stillicidio prova a porre un argine è il Movimento per la Vita italiano, che ha presentato stamattina alla Camera dei Deputati l’ottavo Rapporto sull’attuazione della legge 194.
Grazie ai Centri d’Aiuto alla Vita – ha sottolineato il presidente del Mpv Carlo Casini – “nel 2013 sono nati 10.291 bambini”, da madri che si sono rivolte ai Centri con l’intenzione iniziale di interrompere la gravidanza. Il sostegno dei volontari che operano nelle 205 strutture situate in tutta Italia le ha persuase a far trionfare la vita che portavano in grembo.
I risultati ottenuti dal Movimento per la Vita – grazie alle proprie forze e senza usufruire di particolari aiuti pubblici – testimoniano che è possibile limitare il numero di interruzioni volontarie di gravidanza, attraverso un’attuazione della legge 194 anche – ha precisato Casini – “nella poco nota parte relativa alla prevenzione dell’aborto”. Secondo il presidente del Mpv, sarebbe possibile in tal modo evitare “una buona metà” degli aborti che avvengono oggi in Italia.
Aborti che – ha sottolineato Casini – non sono diminuiti dall’introduzione della legge 194. Confrontando l’anno 1983 con il 2011, a causa della denatalità si rileva infatti che le donne in età fertile sono diminuite del 32%; ragion per cui ogni dato sul numero di aborti per essere efficace deve “essere letto all’interno del crollo demografico che ha significativamente ridotto le donne feconde”.
Resta poi il cono d’ombra di quella che è stata definita da Casini la “nuova clandestinità dell’aborto” dovuta alle “pillole del giorno dopo o dei cinque giorni dopo”. Le pillole – ha osservato l’ex eurodeputato – possono “produrre l’aborto”, in quel caso in cui “vengono ingerite a fecondazione già avvenuta”. Sulla diffusione del loro utilizzo mancano elementi certi, ma “secondo alcuni dati giornalistici, ne sarebbero vendute 370mila confezioni all’anno”.
Le cifre reali degli aborti in Italia smontano la tesi diffusa da alcuni settori culturali, secondo la quale i medici obiettori di coscienza invaliderebbero l’attuazione della legge 194. Nei loro confronti – ha sottolineato Gian Luigi Gigli, deputato di Per l’Italia e Vice-Presidente del Mpv – si assiste talvolta a “un vero e proprio attacco ideologico”. L’on. Gigli a tal proposito ha spiegato che “laddove ci sono più medici obiettori nei consultori, il carico di lavoro settimanale per i non obiettori di coscienza resta molto basso”.
È da questo dato che il Movimento per Vita intende ripartire per proporre una riforma dei consultori, offrendo alle donne che vi si rivolgono la figura dell’obiettore di coscienza come di un “alleato”, un’opportunità di prevenzione dell’aborto. “Che per le madri è sempre un dramma”, ha commentato Casini. “In questa legislatura – ha aggiunto – ci sono già due progetti, uno alla Camera e uno al Senato, che riprendono un testo elaborato in questo senso dal Forum delle associazioni familiari”.
Testo che si prefigge di “fare in modo che nei consultori – ha spiegato Gigli – i medici, gli infermieri, gli psicologi lavorino innanzitutto per prevenire l’aborto”. Si tratterebbe – ha aggiunto – “di una rivoluzione copernicana” capace di trasformare il consultorio “da anticamera della sala operatoria” a luogo di proposta di “soluzioni alternative all’aborto”. Un modo concreto per frenare la cultura dello scarto.