Un appuntamento che ci fa immacolati nell'Immacolata

Commento al vangelo della Solennità dell’8 dicembre, Maria concepita senza peccato

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Un appuntamento fissato prima che il mondo fosse. Quel giorno a Nazaret non fu tutto per caso. La Vergine Maria era stata concepita senza peccato, Immacolata Concezione, perché tutto di Lei fosse per il Signore. Da sempre, e da prima che il sempre fosse tempo. Non un secondo della sua vita fu separato dal Figlio che il suo seno avrebbe ospitato.

Ma lei, verosimilmente, non ne sapeva nulla. Era una giovanissima ragazza, di lei conosciamo davvero poco, qualche apocrifo e qualche rivelazione patrimonio di alcuni santi. Nulla prima di quel giorno durante “il sesto mese” della gravidanza di Elisabetta, quando appare Gabriele sulle soglie d’una casa di Galilea ad “una ragazza di nome Maria”.

Una storia che nessuna mente è capace di abbracciare, Dio stesso che è senza inizio né fine, si fa carne in quel momento, agganciandosi a un miracolo che riassumeva tutta la storia della salvezza. Non era l’anno zero, era il “sesto mese” della storia sterile di ogni uomo. Così opera Dio, immergendosi nelle acque che lo battezzano nella carne debole dell’umanità.

Nessun preavviso, perché era un segreto serbato nel cuore dell’Altissimo. Un appuntamento preso da quel giorno nell’Eden, quando il cuore di Dio ardente di compassione che prende sul serio l’uomo, dovette lasciare che le conseguenze del peccato giungessero alle sue creature “molto belle”. Ma non senza la promessa della salvezza, che avrebbe offerto in un giorno e un’ora vergati in rosso sul suo taccuino. Il giorno e l’ora di un annuncio, quando sarebbe giunta la “pienezza dei tempi”.

Essa è arrivata, nel luogo più impensato, a una fanciulla che nessuno avrebbe immaginato. Niente fuochi d’artificio, nessuno spot pubblicitario. No, non c’erano neanche i grandi networks a dare la diretta dell’evento. Neppure un twit, Maria non perdeva tempo con lo smartphone.

Siccome non è scritto nulla è facile immaginare cosa stesse pensando e facendo: le normali cose di una figlia di Israele, preghiera e lavori domestici, senza alcuna pretesa. Obbedienza, perché questa imparavano le ragazze delle famiglie pie.

Obbedienza per seguire le orme delle donne forti di Israele, donne di fede capaci di resistere alle leggi inique contro la vita del faraone, di combattere e proteggere famiglia e popolo, di annunciare parole profetiche e dare alla luce i figli che Dio ha pensato, e di educarli nella fede dei padri, sino ad accompagnarli al martirio, se necessario. Donne forti mentre gli uomini scappano dalla paura, per restare ai piedi della Croce e spingersi sino al sepolcro avvinte dall’amore, per incontrare l’Amato risorto e annunciarlo, per prime, al mondo.

Maria si preparava dunque ad essere una santa figlia di Sion, vergine per diventare sposa e madre, in semplicità. Grigia routine si direbbe oggi, mentre la cultura spinge le donne ad uscirne, ad autodeterminarsi, a farsi uguali agli uomini, o, peggio, a diluire la propria identità nel grigio dell’indeterminazione.

Invece Maria era semplicemente Maria, “una vergine, promessa sposa di Giuseppe”. Che sia questa semplicità lieta che illumina coloro che compiono la volontà di Dio la traccia del suo essere Immacolata? Sì, perché il peccato altro non è che il fallimento di chi, orgogliosamente, sceglie di di fare del proprio io il dio a cui obbedire, compiendo la volontà del padre della menzogna.

Quella umile casa di Nazaret era dunque il frammento di Paradiso che Dio aveva preparato per se stesso. Maria vi viveva immacolata nell’obbedienza per accogliere l’annuncio che avrebbe salvato ogni uomo.

Una parola del demonio lo aveva infatti fatto cadere nella disobbedienza e nel peccato. Serviva perciò un’altra Parola capace di polverizzare quella del serpente. E nel silenzio così simile a quello della creazione, nella docilità del cuore di Maria ecco risuonare quella Parola: “Sarai Madre. E il Figlio sarà Dio. E salverà il mondo”.

Nessun’altra parola per spiegare quello che Maria avrebbe dovuto fare, pensare, cambiare, attuare. Gabriele le annuncia quello che sarà, non quello che dovrà fare. L’incarnazione dell’annuncio darà luce, naturalmente, a nuovi pensieri e a una nuova vita. Semplicemente. E Maria farà quel che sarà. Farà la Madre del suo Figlio. Sino alla Croce, alla spada che le trapasserà il cuore.

Sino alla fine della storia, perché Madre della Chiesa e Madre nostra. Tutti, infatti, siamo il frutto sbocciato in quell’incontro, salvati da quell’appuntamento. La nostra storia è incastonata nella storia di obbedienza di Maria. La nostra vita sgorga dallo stesso seno.

Nell’Immacolata sua concezione c’era anche la nostra storia. Impura eppure immacolata nella compassione di Dio, colma di peccati già gravidi di misericordia. La sua Grazia giunge a noi in virtù di un appuntamento e di un annuncio. Grazie alla missione di Maria, che è immagine della Chiesa.

Instancabilmente essa corre a cercare le tante Elisabetta sue parenti che la misericordia di Dio ha già visitato. Sì, perché l’annuncio della Chiesa non è mai la posa della prima pietra. Mai! Maria corre avvolta nello stupore e nel desiderio ardente di andare a vedere quello che l’angelo le aveva annunciato!

Le ultime parole del Vangelo di oggi sono fondamentali. Sembrano quasi un’espediente letterario per chiudere la scena. E invece sono l’istantanea della vita di Maria e della Chiesa che corre a visitare tutti gli uomini sino ai confini della terra, perché tutti, nel sangue di Cristo, sono suoi parenti. “L’angelo partì da Lei”, perché da quel momento sarà Maria l’angelo inviato da Dio ad ogni uomo.

Ogni annuncio della Chiesa, infatti, è insieme testimonianza gioiosa e gratuita dell’opera di Dio e desiderio ardente di verificare ciò che Egli ha già cominciato a compiere in coloro ai quali essa è inviata: “Questo è fondamentale per noi: Dio sempre ci precede! Quando noi pensiamo di andare lontano, in una estrema periferia, e forse abbiamo un po’ di timore, in realtà Lui è già là: Gesù ci aspetta nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima senza fede” (Papa Francesco).

Solo se la parola della predicazione sorgerà dall’opera di Dio testimoniata e scoperta in chi annuncia e in chi ascolta, sarà ardente ed efficace. Diversamente sarà moralismo, freddo legalismo che farà scappare le persone che si trovano al di là della linea rossa che separa i presunti giusti dai peccatori.

Per questo, nel mezzo del cammino che ci conduce al Natale, la Chiesa celebra l’Immacolata Concezione di Maria, il trionfo della Grazia sul moralismo. Nella stessa luce di Pasqua per la quale Ella fu preservata da ogni peccato, risplende anche la nostra vita, per la cui salvezza Gesù ha dato la sua vita.

Dio fissa un appuntamento anche per noi. La stessa Parola rivolta a Maria è preparata per noi, che abbiamo ascoltato e dato credito mille volte a quella del demonio.  

Perché noi non siamo immacolati. Pesano le conseguenze dell’originale peccato, e la carne grava le nostre esistenze d’un peso spesso insopportabile. Siamo schiavi d’un padrone che tiranneggia pensieri, cuore e azioni. Ma, all’improvviso e senza preavviso, ecco un annuncio anche per noi: oggi è per te e per me la “pienezza dei tempi”.

Ma come, nessuno ci ha avvisati, il mondo, la scuola, il lavoro, la cultura, tutti muti sull’evento più importante, l’unico decisivo? Ma Gesù appare all’improvviso, ce lo insegna l’Avvento. E il suo sguardo, le sue parole, poche, sono come quelle rivolte a Zaccheo: “Scendi, oggi è necessario che mi fermi a casa tua”. Oggi la nostra vita è la sua casa. Non c’è tempo per riassettare.

Gesù si fa carne in quest’oggi che porta dentro tutti i nostri oggi passati. E se Cristo è in noi, tutto quello che è stato, i pezzi di storia passata, sconnessi, stonati, confusi, brillano di luce nuova. Vi era il suo disegno dentro la nostra storia.

Allora tutto diviene armonico, ogni istante appare come la nota giusta vibrata al momento giusto: nulla è fuori posto, anche
se fino ad un istante fa sembrava tutto in disordine, senza capo né coda: tutto di noi era per Lui, da sempre.

Lo possiamo credere perché la Chiesa ci annuncia ciò che ha vissuto e sperimentato da duemila anni, svelandoci che la stessa misericordia è già all’opera in ciascuno di noi. Chiediamo allora alla Vergine Maria i suoi occhi stupiti e di fede per guardarci e guardare gli altri così, con pazienza e misericordia. L’ira che sgorga dall’orgoglio ferito di chi si scopre peccatore non giova a nulla. E’ ancora carne che si sta imputridendo, sussulti dell’uomo vecchio, nulla a che vedere con la conversione.

Essa nasce quando l’annuncio dell’angelo rovescia ogni nostro giudizio su Dio, su noi stessi, sugli altri e sulla storia. Lui non è quello che il demonio ti ha indotto a pensare; tu non sei quello che satana ti ha detto che saresti potuto diventare, e nemmeno quel cumulo di macerie che ti sbatte davanti ad ogni caduta; gli altri, di conseguenza, non sono quei nemici malvagi sui quali avevi proiettato la falsa immagine di te stesso; la tua storia non è una collezione di ingiustizie.

No, “rallegrati”, invece, esplodi in una felicità straripante di gratitudine! Sei, ora, così come se, “colmo di Grazia”! Il suo amore è più forte di ogni peccato, ha vinto la morte e smascherato il demonio.

“Il Signore è con te” ora, come lo è stato sempre. Ma ti ha lasciato libero, perché potessi sperimentare il suo amore nel colmo della tua debolezza. Non ti ha violentato, ha compatito ogni tua sofferenza, ma non ha voluto toccare nulla perché oggi tu potessi aprirti liberamente al suo amore.

Di fronte all’annuncio della Chiesa sei libero davvero, conosci le conseguenze della falsa libertà che ti ha ridotto in schiavitù. E puoi finalmente alzare bandiera bianca. Chi si arrende all’amore di Dio, infatti, è con Maria a Nazaret, ascolta lo stesso annuncio, obbedisce docilmente; può scendere le acque della vita per deporvi l’uomo vecchio, risuscitare con Cristo, e camminare in una vita nuova.

Chi oggi accoglie il perdono di Dio che ci annuncia la Chiesa e lascia a Cristo i suoi peccati sarà nuovamente “concepito”; non più nel peccato come lo fu nel seno di sua madre, ma “immacolato” nel seno benedetto della Chiesa. Possiamo essere immacolati nell’Immacolata, ecco la Buona Notizia di questa solennità!

Coraggio allora, rivestiamoci della bianca tunica battesimale, che trasfigura la nostra carne debole in un tabernacolo d’amore. Lo possiamo fare attraverso una seria iniziazione cristiana, le liturgie e i sacramenti, l’ascolto assiduo della Parola di Dio e la comunione con i fratelli. Allora, pensieri, parole, azioni, tutto sgorgherà naturalmente rinnovato nell’amore.

Tutto di noi, infatti, è per Cristo e la sua missione nella storia. Nulla è perduto. Nulla è annoiato. Tutto è immacolato, nel mondo eppure santo, separato dal mondo; le parole per tuo marito, per tua moglie, per i tuoi figli, sono immacolate nel sangue di Gesù,sigillate nello scrigno della misericordia di Dio perché siano espressione del suo amore riversato in noi dallo stesso Spirito Santo che ha fecondato il seno della Vergine Maria.

Tutto in noi prepara il parto benedetto: ogni istante che si affaccia sulle nostre giornate, forse un insulto, un’ingiustizia, una malattia, un fallimento, sono, per mezzo della stessa Grazia, la “pienezza dei tempi” in cui far posto a Cristo perché il suo amore giunga a questa generazione.

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Antonello Iapicca

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