Il coraggio dei fedeli della diocesi di Mosul, assediata dal terrorismo islamico, è stato elogiato da papa Francesco in un videomessaggio diffuso oggi pomeriggio, in occasione del gemellaggio della diocesi irachena con quella di Lione.
Dopo un primo viaggio effettuato lo scorso luglio, per la seconda volta il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, accompagnato da un centinaio di suoi concittadini, si è infatti recato in visita ai cristiani di Mosul, rifugiatisi ad Erbil, nel Kurdistan iracheno.
“Anche io, vorrei essere lì, ma poiché non posso viaggiare, lo faccio così… ma vi sono tanto vicino in questi momenti di prova”, ha dichiarato il Papa nel videomessaggio.
Francesco ha poi ringraziato i cristiani iracheni rifugiati per la “testimonianza” offerta, nella quale ha riscontrato “tanta sofferenza”, menzionando le “piaghe”, i “dolori delle mamme con i loro bambini, degli anziani e degli sfollati”, le “ferite di chi è vittima di ogni tipo di violenza”.
“Sembra che lì non vogliano che ci siano i cristiani, ma voi date testimonianza di Cristo”, ha aggiunto.
Il Santo Padre ha rievocato quanto da lui stesso detto durante la sua visita ad Ankara della scorsa settimana, ovvero delle “violenze disumane” patite da “cristiani” e “yazidi”, da parte di un “gruppo estremista e fondamentalista”, a causa della loro “identità etnica e religiosa”.
I rappresentanti di queste minoranze, ha ricordato il Pontefice, “sono stati cacciati con la forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza – ha sottolineato – ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e i patrimoni culturali, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro”.
Francesco ha poi ribadito quanto detto durante la conferenza stampa sul volo di ritorno da Istanbul: “In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani!”.
Ai cristiani rifugiati ad Erbil, il Pontefice ha indicato l’esempio di Santa Teresa del Bambino Gesù, che si sentiva come una canna che, sotto il peso del vento e della tempesta, “si piega ma non si rompe”.
“Voi siete in questo momento questa canna – ha detto loro – voi vi piegate con dolore, ma avete questa forza di portare avanti la vostra fede, che per noi è testimonianza. Voi siete le canne di Dio oggi! Le canne che si abbassano con questo vento feroce, ma poi sorgeranno!”.
Il Papa ha pregato lo Spirito Santo “che fa nuove tutte le cose, di donare a ciascuno di voi forza e resistenza”, dono dello Spirito stesso. Come già fatto in Turchia, ha quindi auspicato “una maggiore convergenza internazionale volta a risolvere i conflitti che insanguinano le vostre terre di origine, a contrastare le altre cause che spingono le persone a lasciare la loro patria e a promuovere le condizioni perché possano rimanere o ritornare. Io vi auguro che voi ritorniate, che voi possiate ritornare”.
Definendo la resistenza dei profughi iracheni “martirio” e “rugiada che feconda”, il Santo Padre ha promesso loro di una preghiera speciale da parte di “tutte le comunità cristiane”, da rivolgere alla Madonna, il giorno 8 dicembre, solennità dell’Immacolata: “Lei è madre, che vi custodisca”, ha detto.