Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche della II Domenica di Avvento 2014.
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Rito Romano
2ª Domenica di Avvento – Anno B – 7 dicembre 2014
Is 40,1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8
Rito Ambrosiano
4ª Domenica di Avvento – L’ingresso del Messia
Is 16,1-5; Sal 149; 1Ts 3,11-4,2; Mc 11,1-11
1) Giovanni, il Battista che indica una persona quale bella, lieta e buona notizia.
La Liturgia della Parola di questa seconda Domenica di Avvento ci propone la figura di Giovanni il Battista, perché fu l’uomo inviato da Dio a preparare la strada all’imminente venuta di Gesù e indicarlo come Agnello di Dio, che perdona con amore infinito. Per poter imparare da questo Giovanni, risponderò brevemente a tre domande su di lui: “Dove è andato, che cosa ha detto e fatto per compiere la sua missione?”.
E’ andato nel deserto. Il che per noi oggi significa andare nel “deserto” del nostro cuore e pregare mettendosi in ascolto di Dio, che porta l’anima amata nel deserto e parla al suo cuore (cfr Osea 2). Il Precursore di Cristo, “la voce di colui che grida nel deserto”, predica nel deserto dell’anima che ha sete di significato e di amore e di pace.
Ha detto “convertitevi”, proclamando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, che ci viene donato quando, pentiti, lo domandiamo.
Ha fatto questa attività: ha amministrato il battesimo di conversione, dove conversione significa
– Inversione, un tornare indietro, un ritorno al precedente rapporto con Dio (quello prima del peccato), prendere la strada del ritorno e a casa come ha fatto il Figlio prodigo.
– Raddrizzamento della via del cuore, che il perdono purifica e riapre all’Amore.
Non si tratta di una via fisica, ma della via del cuore. La strada del cuore ha due entrate: la vista e l’udito. Più puro è lo sguardo e più facilmente Gesù, che è Luce da Luce, entra in ciascuno di noi. Più l’orecchio è teso all’ascolto e più è facile udire la “Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Is 40,3). Prima è questa voce che giunge alle orecchie del cuore; poi, dopo la voce, o meglio insieme con la voce, è la parola che penetra nel cuore attraverso l’udito.
Ma con la nascita di Gesù, la Parola di Dio non solo può essere ascoltata, ma può essere vista (cfr G. d’Igny), come la videro i pastori e i Re Magi nella grotta di Betlemme, i penitenti sulle rive del fiume Giordano, e come possiamo vederla oggi nella vita di comunione fraterna dei credenti in Cristo.
2) Tutta la vita è un Avvento.
Come ho sopra scritto, in questa seconda domenica di Avvento, la liturgia della Parola ci propone la figura del Precursore Giovanni Battista, imitando questo profeta del Fuoco.
Imitiamo Giovanni il Battista vivendo come Avvento, come attesa, la vita intera e non solo il periodo che precede il Natale. Infatti il Precursore visse la sua vita come testimone dell’Avvento (cfr S. Giovanni Crisostomo, Omelia 37, 1-2 in Mt., PG 57, 419-421), come preparazione all’incontro con Dio e, quando Gesù arrivò da lui, Lo indicò agli altri come buona Notizia. Sì, perché il Vangelo, la Buona Notizia è Gesù stesso, come la terza lettura di questa domenica ci richiama: “Inizio del Vangelo[1], che è Gesù: il Cristo, il Figlio di Dio” (Mc 1,1). L’Evangelista San Marco inizia così il suo racconto per ricordarci che la buona notizia è Cristo: Lui è il centro della nostra vita ed aspetta solamente che ciascuno di noi gli apra la porta e l’inizio della vita vera accade, comincia anche per noi.
La cosa più drammatica è che da soli impariamo solo che dobbiamo morire. La buona notizia è Cristo – Vita, che vince la morte e il cui Amore divino ci permette di vivere l’amore umano per sempre e santamente, cioè veramente.
Il Vangelo è Dio che viene portando amore, e tutto ciò che è “non-amore” è “non-Dio”, è “non-vita” e, quindi, morte. Dio viene, parla al cuore umano. Insegna ciò ai suoi profeti: “parlate al cuore di Gerusalemme, ditele che è finita la notte” (Isaia), ma rivela pure che Gesù è “il più forte”, proprio perché è l’unico che parla al cuore teneramente, potentemente e dissetando l’umana sete di giustizia (cfr. Malachia 3,1ss) e di libertà (cfr. Is 40,1-11), di vita.
Ma come possiamo riconoscere Cristo quando Lui viene?
La figura di Giovanni è un esempio privilegiato di come incontrare Dio, di come riconoscere Gesù Cristo, il Salvatore, l’Agnello che toglie i peccati del mondo, indicandolo come Colui che perdona il nostro male e ci dona il senso vero della vita e della morte.
Contempliamo dunque brevemente la figura di Giovanni il Battista, figlio della vecchiaia e del miracolo. Lui fu consacrato prima della nascita dalla visita di Maria, che portava Gesù nel suo grembo. Poi, alla nascita fu consacrato Nazireo, cioè puro. Crescendo non si rase mai i capelli, non bevve mai vino, né toccò donna: non conobbe altro amore al di fuori di quello di Dio. Ancor giovane uscì dalla casa dei suoi genitori e si nascose nel deserto. Là visse per molti anni solo, senza casa, senza tenda, senza nulla al di là di quello che aveva addosso: una pelle di cammello, un cintura di cuoio. Inoltre aveva la barba e i capelli lunghi, gli occhi trafiggenti, la voce forte, il corpo bruciato dal sole del deserto e l’anima bruciata, ardente del desiderio del Regno e fu capace di annunciare il Fuoco dell’Amore.. Questo magnetico “selvaggio” appariva a chi andava da lui come l’ultima speranza di un popolo smarrito.
Contemplando questa grande figura, questa forza nella passione, viene spontaneo chiedersi da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e per preparare la strada a Gesù? La risposta è semplice: dal rapporto con Dio, dalla preghiera, che è il filo conduttore di tutta la sua esistenza.
L’annuncio della nascita di Giovanni il Battista avvenne nel luogo della preghiera, nel Tempio di Gerusalemme, anzi avvenne quando a Zaccaria, suo futuro padre, era nel luogo più sacro del Tempio, il Sancta Sanctorum, per fare l’offerta dell’incenso al Signore.
Anche la nascita del Battista fu segnata dalla preghiera: il canto di gioia, di lode e di ringraziamento che Zaccaria elevò al Signor: il “Benedictus”. Questo canto uscì dalla bocca e dal cuore di Zaccaria, e la Chiesa lo fa recitare ogni mattina nelle Lodi, per esaltare l’azione di Dio nella storia e indicare la missione del figlio Giovanni: precedere (per questo è chiamato anche il Precursore) il Figlio di Dio fattosi carne per preparargli le strade, per preparare il cuore del popolo all’incontro con il Signore.
L’esistenza intera del Precursore di Gesù fu nutrita dal rapporto con Dio, in particolare il periodo passato in zone deserte. E ciò perché, se è vero che il deserto è il luogo della tentazione, è anche vero che esso è il luogo in cui l’uomo sente la propria povertà di essere privo di appoggi e sicurezze materiali, e comprende come l’unico punto di riferimento solido rimane Dio stesso.
Giovanni Battista non fu solo uomo di preghiera, del contatto permanente con Dio, ma anche una guida alla preghiera e quindi al recupero del rapporto con Dio, predicando la conversione e indicando con la voce e con l’indice della mano: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo”. Fu guida pure alla preghiera nella vita quotidiana se i discepoli di Gesù gli chiesero: “Si
gnore insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli” (cfr Lc 11,1), e il Figlio di Dio insegnò il “Padre Nostro”.
Pregare non è tempo sprecato o rubato all’azione. La preghiera è l’anima di ogni nostro agire come lo fu per Giovanni il Battista. La preghiera è lavoro, perché come il lavoro umano, anzi molto di più, trasforma la persone e le cose. “La preghiera è uno scambio di vita: Dio si fa uomo e prende sopra di sé la nostra povertà, ma noi prendiamo di Lui tutto quello che egli è” (Divo Barsotti). Dio è Amore. Dio è Parola. Lui per primo rivolge all’uomo una parola d’amore e noi possiamo “imparare il cuore di Dio nella Parola di Dio” (San Gregorio Magno).
Sull’esempio delle Vergini consacrate che il giorno della loro consacrazione hanno ricevuto il breviario, per pregare con esso tutti i giorno e lungo tutto il giorno, prendiamo la Parola per rivolgerci a Dio, è una Parola carica di tutto ciò che siamo, diventata carne in noi.
Queste persone consacrate dedicandosi quotidianamente la lettura della Parola ne fanno il terreno nutriente della preghiera. Facciamo altrettanto.
Queste vergini consacrate mettendosi all’ascolto quotidiano della Parola, abitano nella Parola, come vere discepole. Almeno nel periodo di Avvento, dedichiamo anche noi un po’ di tempo all’ascolto della Parola, che così prenderà carne in noi.
Impariamo da queste persone come imitare Giovanni il Battista: con l’umiltà. Come il Precursore mise in pratica le sua parole: “Occorre che Cristo cresca e io diminuisca”, le consacrate fanno umilmente lo stesso, indicano con la vita il loro Sposo e si fanno piccole per Lui.
Impariamo da questa donne consacrate a vivere da persone piccole, cioè umili, la festa dell’Immacolata, che si celebra domani, 8 dicembre. Il cuore immacolato di Maria è sintonizzato con la misericordia di Dio, che ci conosce tutti personalmente per nome, ad uno ad uno, e ci chiama a risplendere della sua luce. E quelli che agli occhi del mondo sono i primi, per Dio sono gli ultimi; quelli che sono piccoli, per Dio sono grandi come la Madonna.
Sull’esempio di Maria e per sua intercessione “puliamo” il nostro cuore da tutto ciò che non è perfetto e lasciamolo libero per il Cristo che scende fra noi come un “bambino”.
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NOTE
[1] Nel I secolo la parola vangelo (dal greco euangelion, buona notizia) non indicava ancora il genere letterario di cui l’opera di Marco è forse il primo esempio che sarà seguito dai Vangeli di Matteo, Luca e Giovanni, ma l’annuncio degli apostoli e poi della comunità cristiana su Gesù, esso è fonte di gioia in quanto annuncia la salvezza. La specificazione di Gesù può riferirsi sia al soggetto sia all’oggetto di tale annuncio.