Per i vescovi irlandesi l'unico matrimonio possibile è quello tra uomo e donna

Con il documento pastorale “Il significato del matrimonio”, i presuli intervengono sulla proposta di referendum del governo di Dublino per la legalizzazione di matrimoni omosessuali nel Paese

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“Unica e complementare relazione tra un uomo e una donna, la sola attraverso la quale è possibile la procreazione e l’educazione della prole”. E’ questa per i vescovi irlandesi l’unica definizione di matrimonio possibile, “profondamente radicata in tutte le culture”. Con ciò non si vuole “escludere o penalizzare nessuno” ma semplicemente affermare ciò che è scritto nella stessa natura.

La posizione dei presuli è riportata nel documento pastorale “Il significato del matrimonio”, presentato ieri a Maynooth e distribuito in oltre 1.300 parrocchie. Con il testo, la Chiesa irlandese è voluta intervenire sulla proposta di referendum presentata dal governo di Dublino circa la legalizzazione dei matrimoni omosessuali nel Paese. La consultazione è prevista nei prossimi mesi. 

“Ridefinire la natura del matrimonio significa distruggere la struttura portante della società”, sottolineano i vescovi il documento, che in 16 pagine illustra le ragioni della Chiesa in difesa del matrimonio tradizionale, senza assumere alcune tipo di atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone omosessuali a parte della Chiesa.

Con la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, infatti – sottolineano i vescovi – non è in gioc “l’uguaglianza o la distinzione tra una visione religiosa e una visione civile del matrimonio”, bensì la “sua stessa natura e l’importanza che la società attribuisce al ruolo delle madri e dei padri nell’educazione dei figli.

Insieme ad altri, la Chiesa cattolica – si legge nel testo – continuerà a sostenere che le differenze tra un uomo e una donna non sono caratteri accessori dell’istituto matrimoniale, ma fondamentali;  che i bambini hanno diritto ad avere un padre e una madre e che questo è per loro l’ambiente migliore in cui crescere ”. 

La complementarietà uomo-donna è dunque un elemento “intrinseco” del matrimonio, che, ribadiscono i pastori – “non è un’istituzione meramente privata”, ma il “mattone su cui è costruita la società”. In questo senso, equiparare legalmente il matrimonio alle unioni tra persone dello stesso sesso, che hanno una natura completamente diversa da esso, sarebbe un’ingiustizia perché oscurerebbe il suo “insostituibile ruolo sociale”.

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ZENIT Staff

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