Uno dei luoghi più suggestivi e sorprendenti di Dublino è probabilmente il Glasnevin Cemetery che sorge a poca distanza dal centro cittadino. Fu consacrato nel 1832 su una superficie di circa 9 acri per i cattolici che trovavano difficoltà a celebrare i riti funebri a causa delle repressive leggi protestanti e, mentre molti cimiteri nel centro, con l’espansione urbanistica e discutibili riqualificazioni architettoniche, hanno subito sorti non proprio fortunate tanto che non è difficile rinvenire lapidi marmoree utilizzate come panchine o abbellimenti, questo luogo ha continuato a crescere nel tempo sviluppandosi per circa 130 acri e ospitando, ad oggi, quasi un milione e mezzo di irlandesi.
È di certo il cimitero più grande dell’isola e quello che contiene le memorie più importanti per la popolazione. Disegnato come fosse un giardino, sullo stile del cimitero del Père-Lachaise progettato dall’architetto neoclassico Alexandre-Théodore Brongniart nel 1803 a Parigi, e abbellito con particolari specie arboree scelte in base alla loro longevità (cedro, sequoia, quercia, tasso), fu fortemente voluto da Daniell O’Connell, paladino dei diritti cattolici, come risposta alle leggi che arrivavano a proibire ai cattolici di seppellire secondo i propri riti.
Il risultato fu l’abolizione di tale consuetudine e l’istituzione di un cimitero non confessionale dove cattolici irlandesi e protestanti potevano ricevere sepoltura. Come in tutti i cimiteri monumentali molte tombe sono vere e proprie opere d’arte e facilmente si può analizzare la loro evoluzione e un compendio di storia irlandese dato che si va dalle semplici lapidi deposte a terra, anteriori al 1860, che spesso si aprono su cripte, al revival nazionalistico delle croci celtiche (con sfoggio di nodi, arpe, trifogli) e dell’architettura gotica, che può essere racchiuso tra il 1860 e il 1950, fino all’utilizzo delle classiche lapidi marmoree di stile italiano.
L’ottocentesco monumento del cardinale McCabe, arcivescovo di Dublino e primate d’Irlanda, è tra i più interessanti dal punto di vista architettonico dato che ricrea, in piccolo, una chiesa gotica ma non è difficile rinvenire, tra la suggestiva selva di croci, altri notevoli monumenti scultorei. Particolarmente di pregio sono le varie statue con le iconografie della Pietà, del Calvario o di diversi angeli in preghiera, e la torre rotonda, alta quasi venti metri, che domina come fosse una stele il monumento funebre di Daniell O’Connell.
Il leader cattolico, chiamato dagli irlandesi The Liberator, morto a Genova nel 1847 mentre era in viaggio per recarsi dal Papa, fu trasportato in questo cimitero nel 1869 (il cuore è custodito a Roma nella chiesa di Sant’Agata dei Goti) e conservato in una bara a vista, in un sarcofago riccamente decorato con motivi celtici, in una camera sepolcrale che presenta un fregio recante tutti i nomi e gli appellativi dati dal popolo al proprio eroe.
La torre vuota all’interno, che svetta proprio sulla sepoltura, sorge su un terrapieno circolare elevato e un fossato nel quale si aprono le varie cripte. Intorno all’imponente monumento, invece, col tempo e soprattutto dopo gli episodi rivoluzionari del 1916, hanno trovato posto anche le tombe dei leader repubblicani. Tra questi Sir Roger Casement, Michael Collins, assassinato durante la rivolta, il sindacalista Jim Larkin, ispiratore del grande sciopero del 1913, i fratelli Pedraig e Williw Pearse, giustiziati dopo la rivoluzione di Pasqua, figli di James, noto scultore e realizzatore di alcune opere rilevanti nel cimitero. Significativa anche la presenza di altri leader politici come Charles Stewart Parnell e il presidente Éamon de Valera.
Il tutto, compresa una pregevole cappella neogotica e una passeggiata monumentale, è racchiuso tra imponenti mura e alte torri d’avvistamento costruite nell’Ottocento per dissuadere i cosiddetti Bodysnatchers o Resurrectionist, ovvero i ladri di cadaveri che saccheggiavano i cimiteri per procurare corpi da usare nelle lezioni di anatomia e a fini medici. Al di là di questi curiosi aneddoti, comunque, il cimitero di Glasnevin, con le diverse tipologie delle sue tombe monumentali, ci conduce a riflettere su due elementi importanti dell’arte sacra irlandese: le High Crosses e le Round Tower.
Il nome originale delle Stone High Crosses è, dall’irlandese, CROIS ARD, menzionato per la prima volta negli Annals of the Four Masters risalenti al 957 d.C.; tale tipologia di monumento cristiano, legato ai paesi celtici, si è sviluppata a partire dall’Alto Medioevo caratterizzando in particolare il territorio irlandese il quale, a tutt’oggi, ne conta circa duecento[1]. Caratteristica stilistica di queste croci, sorte sulle terre dei più importanti siti monastici, è la decorazione con scene bibliche e motivi ornamentali ad intreccio, e la presenza dell’anello.
Lo schema costitutivo, rinvenuto per la prima volta in forma di disegno sul Codex O.IV.20 proveniente da Bobbio, ora a Torino, e sul Dagulf Psalter di Vienna, datato 783, è di forte impatto visivo: a livello simbolico, tra le diverse interpretazioni, molti studiosi hanno identificato l’anello come la risemantizzazione di un antico simbolo pagano solare dato che il centro è occupato sempre da una crocifissione, indicando quindi visivamente la centralità di Cristo e la sua presenza quale fulcro della storia salvifica, anche se l’anello, probabilmente, svolge una funzione anche strumentale nel sorreggere il peso delle pesanti braccia laterali di pietra.
Un’altra lettura vorrebbe i ringed heads, ovvero gli “anelli” che conferiscono alle croci “celtiche” il loro caratteristico aspetto, una derivazione dalle ghirlande che, nell’arte romana e paleocristiana, avevano un significato trionfale. Nel Novecento, poi, la croce celtica è divenuta simbolo di movimenti di estrema destra in tutta Europa ma ben prima, in Irlanda, con la riscoperta della propria storia e le spinte indipendentiste era stata adottata quale simbolo della nazione e, con tale funzione, adoperata quale monumento funebre. Le croci irlandesi, tra i massimi esempi della scultura medievale, diffusesi tra il nono e i dodicesimo secolo, erano basate su precedenti prototipi in metallo o in legno ma avevano adottato la forma monumentale -le più alte arrivano anche a sette metri- e la pietra sia per durare all’esterno sia per non venire abbattute o saccheggiate durante le tante razzie vichinghe che avevano insanguinato l’isola.
La classificazione è complessa. Ci sono croci esclusivamente con motivi ornamentali, altre con scene dell’Antico e Nuovo Testamento ed altre vuote. Generalmente sorgono su una base a tronco di piramide – un probabile riferimento alla roccia del Calvario – e si sviluppano in altezza con il braccio più lungo che viene a rastremarsi verso l’alto; all’incrocio dei bracci, invece, un anello serra tra loro le parti e da questo incrocio nascono, visivamente, quattro spazi vuoti, solitamente sferici. A volte la testa della croce è sormontata da un parallelepipedo. L’iconografia, ricca e raffinata, comprende soggetti dell’Antico e del Nuovo Testamento così come riquadri dedicati a Paolo e ad Antonio, i padri del monachesimo irlandese.
Molti di questi riquadri occupano un posto importante nella storia dell’iconografia cristiana: la rappresentazione del Giudizio universale a Monasterboice, per esempio, è tra i primi esempi in Europa di questo soggetto, come anche interessante è lo sviluppo della scena della Crocifissione o la presenza del simbolo della “Mano di Dio”. I modelli derivano dalla pittura, si pensa ai cicli narrativi di Ingelheim e Mustair, e dagli avori carolingi giunti attraverso i tanti viaggi dei monaci irlandesi e alla presenza, nelle corti europee, di figure quali Sedulio Scoto o Giovanni Scoto Eurigena. Lo stile, invece, è estremamente personale e privo di paralleli in Europa: la croc
e dedicata a San Muiredach e situata a Monasterboice (920 ca.), è considerata infatti a ragione come il migliore esempio di scultura cristiana nell’Europa preromanica.
Successivamente con la conversione dei Vichinghi al cristianesimo si assiste ad una maggior insistenza sulla decorazione e l’ornato, con i classici nodi secondo lo stile scandinavo di Urnes che un forte influsso aveva già avuto sulla lavorazione dei metalli. Sebbene talvolta descritte come croci devozionali, destinate alla preghiera, il loro programma iconografico era complesso e rivolto invece a un pubblico erudito, alludendo probabilmente al fatto che le verità cristiane fondamentali erano come pietre all’interno di uno scrigno, per dimostrare il persistere della fede in un’epoca in cui i monasteri non erano più immuni dalle aggressioni. Il fatto che re e influenti abati venissero menzionati nelle iscrizioni indica che le croci erano anche un segno di ricchezza e di prestigio.
Proprio da questo clima di tensione causato dai tanti saccheggi e dalle scorrerie dei Vichinghi deriva anche il secondo elemento, questa volta architettonico, che vorrei analizzare e il cui spunto mi viene offerto dalla tomba di O’Connell a Glasnevin: le Round Towers. Le Irish Round Towers (in irlandese: CLOIGTHEACHC, letteralmente “casa delle campane”) sono delle torri medievali in pietra tipiche dell’Irlanda (ma ne esistono anche due in Scozia ed una sull’Isola di Man) costruite nei pressi dei più importanti monasteri probabilmente con la funzione di campanili e, contemporaneamente, luoghi di rifugio. In genere si trovano in prossimità di una chiesa o un convento, con la porta della torre quasi sempre di fronte alla porta ovest della chiesa; la porta di accesso è posta ad un’altezza di circa due metri e questo implica che per entrare vi era bisogno di una scala che poteva essere ritirata in caso di attacco.
La forma è circolare, rastremata verso l’alto, e con una copertura conica; la costruzione è in muratura e può arrivare anche a trenta metri di altezza presentando altre finestre ad intervalli regolari, o fasce circolari. Anche se non esiste un accordo tra gli studiosi nel considerare tali costruzioni delle torri di difesa e avvistamento, quasi sicuramente si può ritenere che svolgessero la funzione di campanili, come in altri contesti europei, e che custodissero reliquie ed altri tesori dei monaci. Di certo la torre rotonda sembra essere l’unico significativo edificio in pietra in Irlanda prima dell’avvento dei Normanni e pertanto anch’essa ha assunto, nell’Ottocento, un significato legato alla storia del paese diventando un simbolo nazionale.
La croce e la torre, pertanto, le ritroviamo in qualità di revival nel cimitero di Glasnevin a caratterizzare, soprattutto attraverso i loro segni visivi e i profondi significati religiosi che custodivano, il panorama e lo skyline di questo campo santo così legato alle sorti della popolazione cattolica.
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[1] Il testo più completo, a livello di ricognizione di tutte le croci irlandesi con una puntuale e rigorosa analisi iconografica, è il monumentale P. Harbison, High Crosses of Ireland, Bonn 1992