Alla mensa del Regno

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio

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Vangelo

Mt 8,5-11

Lettura

Gesù è appena sceso dal monte delle beatitudini quando un centurione romano si avvicina a lui per scongiurarlo di aiutare il proprio servo, che giace in casa paralizzato. Gesù gli promette che verrà a guarirlo, ma il centurione non si ritiene degno di ricevere Gesù nella propria casa. Uomo abituato al comando, conosce bene il valore di un ordine pronunciato con autorità; per questo è convinto che una sola parola di Gesù porterà la guarigione al suo servo malato. Gesù rimane ammirato della fede del centurione e annuncia che molti pagani come lui saranno ammessi a sedere, insieme ai patriarchi di Israele, alla mensa del regno.

Meditazione

Non sappiamo nulla di quel centurione, né il suo nome, né la sua provenienza, né se dopo quell’incontro con Gesù si sia convertito al cristianesimoCristianesimo; eppure le parole di quell’anonimo soldato sono rimaste scolpite nella storia della tradizione cristiana, tanto che ancora oggi, dopo duemila anni, tutti i cristiani della terra continuano a ripeterle quotidianamente prima di accostarsi all’Eucaristia: «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato». Con queste parole, che non solo riproducono il nostro testo evangelico, ma in qualche modo lo interpretano, la Liturgia ci offre due importanti spunti di riflessione. Il primo riguarda la sovrapposizione tra le parole del centurione e quelle di Gesù: il centurione, nel racconto di Matteo, si ritiene indegno che Gesù il Maestro entri sotto il tetto della sua casa (v. 8), e Gesù, poco dopo, promette ai pagani che avranno la stessa fede del centurione di sedere a mensa nel regno dei cieli (v. 11). L’invocazione liturgica mette insieme le due affermazioni, facendoci ripetere, prima di accostarci alla comunione eucaristica, «non sono degno di partecipare alla tua mensa». Pur non essendone degni, partecipare alla mensa eucaristica è per noi il modo privilegiato di ricevere la visita del Signore nell’intimità della nostra “casa”, cioè della nostra vita. L’altro importante spunto di meditazione è la sostituzione del verbo guarire («il mio servo sarà guarito») con il verbo salvare («e io sarò salvato»): chi riceve l’eucareistia fa esperienza concreta di salvezza come guarigione. Per questo, sant’Ignazio d’Antiochia definiva il Pane eucaristico come «farmaco di immortalità».

Preghiera

«Le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi» (Sal 51,5.14.18-19).

Agire

Rifletterò sul fatto che anche i “pagani”, anche coloro che non vengono in chiesa, o sono di altra religione, o sono non credenti, sono chiamati alla salvezza.

Meditazione a cura di monsignor Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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