“Mi scuso dell’altra volta, davvero. A metà mattina ho avuto un malore, febbre, e ho dovuto tagliare gli appuntamenti”. Si giustifica il Papa, con i membri del Consiglio Superiore della Magistratura, per il rimando dell’udienza di lunedì scorso, causato da “una lieve indisposizione” – come recitava una nota della Sala Stampa vaticana –probabilmente dovuta alla stanchezza postuma all’incontro di preghiera con i presidenti Peres e Abbas.
Si scusa Bergoglio, ma poi passa subito all’azione redarguendo uno ad uno i giudici italiani presenti in Sala Clementina, elencando le qualità che il Vescovo di Roma si aspetta da ognuno di loro: etica, giustizia, libertà, prudenza, indipendenza, moralità.
Tante qualità. D’altronde il compito che questa categoria è chiamato a svolgere non è una cosa da poco, ma – evidenzia il Papa – “è finalizzato al buon funzionamento di un settore vitale della convivenza sociale”. Dunque ci sono determinati aspetti che l’ufficio del magistrato deve incarnare: anzitutto quello “etico” a partire dal fatto che, nei diversi Paesi, le norme giuridiche tutelano “la libertà e l’indipendenza del magistrato”, affinché possa adempiere “con le necessarie garanzie” il suo importante e delicato lavoro.
Ciò pone i giudici “in una posizione di particolare rilievo”, di modo che essi mantengano “una imparzialità sempre inconfutabile”, discernano “con obiettività e prudenza” sulla base della “giusta norma giuridica”, e soprattutto rispondano alla voce di “una indefettibile coscienza che si fonda sui valori fondamentali”.
“L’indipendenza del magistrato e l’obiettività del giudizio richiedono un’attenta e puntuale applicazione delle leggi vigenti”, sottolinea infatti il Santo Padre. E ricorda che dal giudice, “dipendono decisioni che non soltanto incidono sui diritti e sui beni dei cittadini, ma che attengono alla loro stessa esistenza”. Al soggetto giudicante, “ad ogni livello”, sono richieste pertanto qualità “intellettuali, psicologiche e morali”, che diano garanzia di “affidabilità per una funzione tanto rilevante”.
In particolare, il Papa concentra la sua attenzione su un aspetto “dominante” di tale ruolo: la prudenza, virtù “di governo” – spiega – per “portare avanti le cose”, che “inclina a ponderare con serenità le ragioni di diritto e di fatto” alla base del giudizio.
Maggiore sarà la prudenza, maggiore sarà l’“equilibrio interiore, capace di dominare le spinte provenienti dal proprio carattere, dalle proprie vedute personali, dai propri convincimenti ideologici”, assicura il Santo Padre. E a nome di tutta la società italiana esprime le grandi aspettative nei confronti della magistratura. Specialmente in un contesto come quello attuale caratterizzato “da un inaridimento del patrimonio valoriale e dall’evoluzione degli assetti democratici”.
Allora sia impegno dei giudici “non deludere le legittime attese della gente”: “Sforzatevi – esorta il Papa - di essere sempre più un esempio di integra moralità per l’intera società”. Modelli da seguire ce ne sono tanti: uno di questi è Vittorio Bachelet, “luminosa figura” – ricorda Bergoglio – che “guidò il Consiglio Superiore della Magistratura in tempi di grandi difficoltà e cadde vittima della violenza dei cosiddetti ‘anni di piombo’”.
Ma c’è anche Rosario Livatino, ucciso dalla mafia, del quale è in corso la causa di beatificazione, che, insieme a Bachelet, - afferma il Pontefice - ha offerto “una testimonianza esemplare” dello stile di giudice auspicato dal Papa e dalla società. Lo stile di giudice “leale alle istituzioni, aperto al dialogo, fermo e coraggioso nel difendere la giustizia e la dignità della persona umana”. Lo stile, cioè, “proprio del fedele laico cristiano”.