Nell’ultima Udienza Generale tenuta prima della pausa estiva, papa Francesco si è soffermato sull’identità dei cristiani che può realizzarsi pienamente solo all’interno della Chiesa Cattolica, la sola Chiesa voluta e fondata da Gesù Cristo.

Dopo aver rivolto un saluto e una preghiera ai pellegrini malati, che hanno seguito l’Udienza dal maxischermo allestito nell’Aula Paolo VI a causa del tempo incerto, Francesco ha introdotto la catechesi, sottolineando l’importanza dell’appartenenza dei cristiani al popolo di Dio, nato con Abramo e con l’Antica Alleanza e costituitosi in Gesù “come segno e strumento dell’unione degli uomini con Dio e tra di loro”.

I cristiani non vivono “isolati”, né sono tali “a titolo individuale”, ha osservato il Papa. La loro identità è proprio nell’“appartenenza” alla Chiesa e a Dio, così come, già nell’Antico Testamento, nell’episodio del “roveto ardente” (cfr. Es 3,15), Dio stesso si presenta a Mosè come “il Dio dei padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe”, che ha stretto un’alleanza con il suo popolo, che “rimane sempre fedele al suo patto” e che “ci chiama ad entrare in questa relazione che ci precede”.Nessuno, quindi, diventa cristiano “da sé”, né esistono “cristiani da laboratorio”, ha spiegato il Pontefice. Se noi crediamo – ha proseguito - se sappiamo pregare, se conosciamo il Signore e possiamo ascoltare la sua Parola, se lo sentiamo vicino e lo riconosciamo nei fratelli, è perché altri, prima di noi, hanno vissuto la fede e poi ce l’hanno trasmessa”.

Non apprendiamo la fede da soli ma soltanto grazie alla formazione ricevuta da altri: dai “nostri genitori che hanno chiesto per noi il Battesimo”, ai “nostri nonni” o altri familiari che ci hanno “insegnato a fare il segno della croce e a recitare le prime preghiere”. O ancora qualche “parroco”, “suora” o “catechista” che ci hanno “trasmesso il contenuto della fede”, facendoci “crescere come cristiani”.

La Chiesa è dunque una “grande famiglia” in cui “si viene accolti e si impara a vivere da credenti e da discepoli del Signore Gesù” e in cui non esistono né il “fai da te”, né i “battitori liberi”, ha detto papa Francesco, ricordando l’espressione di Benedetto XVI, quando parlava della Chiesa come un “noi” ecclesiale.

L’atteggiamento ricorrente di molti che affermano: “credo in Dio, credo in Gesù, ma la Chiesa non m’interessa” e che rifiutano la “mediazione della Chiesa” produce “tentazioni pericolose e dannose” o, per dirla con Paolo VI “dicotomie assurde”.

Sebbene “camminare insieme” sia “impegnativo” e “faticoso” e talora vi siano fratelli che danno “scandalo”, il Signore “ha affidato il suo messaggio di salvezza a delle persone umane”, ognuna con i propri “doni” e “limiti”.

In seguito il Santo Padre ha chiesto l’intercessione della Vergine Maria affinché nessun cristiano cada mai nella tentazione di “pensare di poter fare a meno degli altri, di poter fare a meno della Chiesa, di poterci salvare da soli”.

Non solo “non si può amare Dio senza amare i fratelli” ma non si può nemmeno “essere in comunione con Dio senza esserlo con la Chiesa”, ha affermato il Papa, concludendo che “non possiamo essere buoni cristiani se non insieme a tutti coloro che cercano di seguire il Signore Gesù, come un unico popolo, un unico corpo”, rappresentato dalla “Chiesa”.