Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la sua riflessione sulle letture liturgiche per la Festa dei Santi Pietro e Paolo – Anno A – 29 giugno 2014.
Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
Due fratelli per un’unica Chiesa: San Pietro è il fondamento della Chiesa, e Paolo l’architetto, il costruttore (Sant’Ambrogio di Milano, De Sp. S. II, 13, 158; P.L. 16, 808);
Festa dei Santi Pietro e Paolo – Anno A – 29 giugno 2014
Rito romano
At 12,1-11; Sal 33; 2 Tm 4,6-8.17-18; Mt 16,13-19
Rito Ambrosiano – III Domenica dopo Pentecoste
Gen 2,4b-17; Sal 103; Rm 5,12-17; Gv 3,16-21
1) Unità nella molteplicità.
Per celebrare la festa dei Santi Pietro e Paolo, la Liturgia della Messa di oggi propone due testi che si riferiscono a San Pietro e uno che parla di San Paolo.
Nella 1ª lettura presa dagli Atti degli Apostoli e nel Vangelo, che presenta un brano preso da San Matteo, si racconta l’assistenza premurosa che il Signore non fa mancare a Pietro nella sofferenza e nella prova, la professione di fede di Pietro (“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”), la sua gioia di credente, la missione che gli viene affidata di essere roccia.
Nella 2ª lettera a Timoteo, proposta come 2ª lettura, è delineata molto bene la fisionomia e la statura spirituale e morale di San Paolo.
Queste letture ci presentano due colonne della Chiesa nascente in generale, e della Chiesa di Roma, in particolare. La prima colonna è Pietro, che è la roccia posta da Cristo a fondamento della sua Chiesa, la seconda è Paolo, che è l’apostolo scelto per portare il messaggio evangelico ai pagani. Due persone profondamente diverse per temperamento e per cultura, ma accomunate da una straordinaria passione per Cristo. Un’unica missione è realizzata da loro percorrendo strade differenti, ma è convalidata dallo stesso sigillo della testimonianza spinta fino al versamento del sangue.
In questi due Apostoli ci è proposta l’immagine di ciò che ogni cristiano è chiamato ad essere: una persona afferrata da Cristo, con la missione di farLo conoscere attraverso la testimonianza della propria vita, donata a Dio con gioia e semplicità in ogni istante.
2) Le caratteristiche di San Pietro.
Il modo di essere Apostolo di Pietro può essere capito e imitato, se ne comprendiamo il carisma suo specifico che era fatto di fermezza, solidità, perseveranza, forza di essere nella diversità delle situazioni sempre sostanzialmente eguali a se stesso, di vivere e di sopravvivere, sicuri di un Vangelo iniziale, d’una coerenza attuale, di una meta finale. Sinteticamente detto: la fede.
Per avere la fede e vivere di fede non occorre avere doti speciali. Guardiamo la figura di Pietro: la sua grande fede si innestò su una umanità forte, ma semplice. Egli fu un pescatore di Galilea, un discepolo di Giovanni il Precursore. Poi fu chiamato da Gesù con un nuovo nome, Cefa, che significa Pietro[1]. Cristo lo chiamò ad essere pescatore di anime[2] e pastore[3]. Gli affidò la Chiesa, insieme con gli altri undici e primo di essi. Il Redentore fece Apostolo[4] questo discepolo, che era un uomo umile[5], docile e modesto[6], debole anche[7], ed incostante e pauroso perfino[8], ma pieno d’entusiasmo e di fervore[9], di fede[10], e di amore[11]. Pietro da subito esercitò nella nascente comunità cristiana[12], di centro, di maestro, di capo. Un primato di amore e di verità, di fede, di fedeltà,
E’ la fede che dobbiamo domandare a Pietro, quella che da lui e dagli Apostoli ci deriva.
Che cosa saremmo senza la fede, la vera fede? Polvere di storia, granelli di sabbia sbattuta dal vento. Ma ci è richiesto qualche cosa di più, se vogliamo essere devoti di San Pietro. Ci è richiesta la fedeltà. La fede è di tutto il Popolo di Dio; ed anche la fedeltà; ma tocca principalmente a noi dare prova di fedeltà. «Siate forti nella fede» (1 Pt 5,9). Cioè non possiamo dirci discepoli e seguaci di San Pietro, se la nostra adesione al messaggio redentivo di Gesù Cristo non avesse quella fermezza interiore, quella coerenza esteriore, che ne fa un vero e pratico principio di vita.
3) Le caratteristiche di San Paolo.
Per descrivere il carisma, il dono spirituale specifico che ha ricevuto San Paolo, mi servirò di quanto scrive San Tommaso d’Aquino nel suo commento alle lettere di questo Apostolo delle Genti e di un paragone fatto da San Giovanni Crisostomo.
Il grande teologo domenicano inquadra la figura di san Paolo e la sua opera con il richiamo alla espressione degli Atti degli Apostoli (9,15) con la quale il Signore parla di Paolo ad Anania in una visione: “Egli è per me vaso di elezione per portare ai popoli il mio nome”. L’immagine del vaso è sovente usata nella Scrittura per indicare gli uomini e San Tommaso si serve di questa immagine per descrivere le caratteristiche della figura di san Paolo.
Quattro sono le caratteristiche di un vaso:
1) è un prodotto della libera volontà di un artigiano,
2) è un contenitore capiente,
3) è fatto per essere usato, quindi
4) è utile.
In effetti,
1) come un vaso è plasmato dall’artigiano, così Paolo è un uomo plasmato da Dio. E’ creta docile nelle “mani” creative di Dio, che fatto con materiale prezioso come l’oro, il quale indica la ricchezza della sapienza, della carità e di tutte le virtù ricevute da questo Apostolo. Infatti San Paolo insegnò i misteri della Sapienza divina, elogiò la carità e raccomandò agli uomini le virtù da coltivare.
2) Come contenitore, Paolo fu pieno del nome di Gesù, da predicare e da amare.
3) Egli fu usato secondo la nobiltà più grande: per portare il nome di Gesù nel corpo, ricevendo le stimmate di Cristo, e nella bocca, come la colomba del diluvio portò nel becco il ramoscello d’ulivo che è simbolo della misericordia di Dio. Infatti, Gesù è questa misericordia: il suo nome significa Salvatore. Paolo stesso fu destinatario di questa misericordia, un convertito, ma la portò con la predicazione anche ai pagani eletti.
4) Quanto all’utilità, Paolo divenne infatti maestro delle genti. E il frutto del suo insegnamento sono le sue lettere, nelle quali è esposta la dottrina della grazia di Cristo.
Per capire questo 4 punto è utile il paragone che San Giovanni Crisostomo fa tra Paolo e Noè: “Paolo non mise insieme delle assi per fabbricare un’arca; piuttosto, invece di unire delle tavole di legno, compose delle lettere e così strappò di mezzo ai flutti, non due, tre o cinque membri della propria famiglia, ma l’intera ecumene che era sul punto di perire” (Paneg. 1,5). Proprio questo può -ancora e sempre- fare l’apostolo Paolo. Prendere da lui, tanto dal suo esempio apostolico quanto dalla sua dottrina, sarà quindi uno stimolo per il consolidamento dell’identità cristiana di ciascuno di noi e per il rinnovarsi costante della Chiesa.
Infine, vorrei mettere in evidenza la frase di San Paolo che –secondo m
e- meglio esprime quello che questo Apostolo è: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21). E’ un nuovo senso della vita, dell’esistenza umana, che consiste nella comunione con Gesù Cristo vivente; non solo con un personaggio storico, un maestro di saggezza, un leader religioso, ma con un uomo in cui Dio abita personalmente.
Secondo il linguaggio contemporaneo, potremmo dire che San Paolo era un uomo interculturale. In effetti riassumeva in sé tre mondi: quello ebraico, quello greco e quello romano. Non a caso Dio affidò a lui la missione di portare il Vangelo dall’Asia Minore alla Grecia e poi a Roma, gettando un ponte che avrebbe proiettato il Cristianesimo fino agli estremi confini della terra.
Protagonisti di questa missione siamo tutti noi cristiani, uomini e donne che, come san Paolo, possono dire: “Per me il vivere è Cristo”. Persone, famiglie, comunità che accettano di lavorare nella vigna del Signore (cfr Mt 20,1-16). Operai umili e generosi, che non chiedono altra ricompensa se non quella di partecipare alla missione di Gesù e della sua Chiesa.
In questa missione le Vergini consacrate nel mondo hanno un compito particolare, quello di testimoniare nel loro lavoro quotidiano che si può vivere in Cristo, con Cristo e per Cristo, cioè “della Sua parola, del Suo Corpo, del Suo Spirito”, come scrive Sant’Agostino che aggiungeva che “la gioia delle vergini consacrate viene da Cristo, è in Cristo, con Cristo, alla sequela di Cristo, per mezzo di Cristo e in vista di Cristo”:
Tutti siamo chiamati a seguire Cristo riponendo in Lui il senso ultimo della propria vita, fino a poter dire con l’Apostolo: “Per me il vivere è Cristo”. “Ma un’esperienza singolare della luce che promana dal Verbo incarnato fanno certamente i chiamati alla vita consacrata, cheli pone quale segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo. Non possono perciò non trovare in essi particolare risonanza le parole estatiche di Pietro: “Signore, è bello per noi stare qui” (Mt 17, 4).Queste parole dicono la tensione cristocentrica di tutta la vita cristiana. Esse, tuttavia, esprimono con particolare eloquenza il carattere totalizzante che costituisce il dinamismo profondo della vocazione alla vita consacrata “( Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Post-sinodale Vita Consecrata, n. 15).
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LETTURA PATRISTICA
Sant’Agostino, vescovo
Dal Discorso 295, 1-2. 4. 7-8 (PL 38, 1348-1352)
Questi martiri hanno visto ciò che hanno predicato.
Il martirio dei santi apostoli Pietro e Paolo ha reso sacro per noi questo giorno. Noi non parliamo di martiri poco conosciuti; infatti «per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola» (Sal 18, 5). Questi martiri hanno visto ciò che hanno predicato. Hanno seguito la giustizia. Hanno testimoniato la verità e sono morti per essa. Il beato Pietro, il primo degli apostoli, dotato di un ardente amore verso Cristo, ha avuto la grazia di sentirsi dire da lui: «E io ti dico: Tu sei Pietro» (Mt 16, 18). E precedentemente Pietro si era rivolto a Gesù dicendo: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16). E Gesù aveva affermato come risposta: «E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16, 18). Su questa pietra stabilirò la fede che tu professi. Fonderò la mia chiesa sulla tua affermazione: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Tu infatti sei Pietro. Pietro deriva da pietra e non pietra da Pietro. Pietro deriva da pietra, come cristiano da Cristo.
Il Signore Gesù, come già sapete, scelse prima della passione i suoi discepoli, che chiamò apostoli. Tra costoro solamente Pietro ricevette l’incarico di impersonare quasi in tutti i luoghi l’intera Chiesa. Ed è stato in forza di questa personificazione di tutta la Chiesa che ha meritato di sentirsi dire da Cristo: «A te darò le chiavi del regno dei cieli» (Mt 16, 19). Ma queste chiavi le ha ricevute non un uomo solo, ma l’intera Chiesa. Da questo fatto deriva la grandezza di Pietro, perché egli è la personificazione dell’universalità e dell’unità della Chiesa. «A te darò» quello che è stato affidato a tutti. È ciò che intende dire Cristo. E perché sappiate che è stata la Chiesa a ricevere le chiavi del regno dei cieli, ponete attenzione a quello che il Signore dice in un’altra circostanza: «Ricevete lo Spirito Santo» e subito aggiunge: «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20, 22-23).
Giustamente anche dopo la risurrezione il Signore affidò allo stesso Pietro l’incombenza di pascere il suo gregge. E questo non perché meritò egli solo, tra i discepoli, un tale compito, ma perché quando Cristo si rivolge ad uno vuole esprimere l’unità. Si rivolge da principio a Pietro, perché Pietro è il primo degli apostoli.
Non rattristarti, o apostolo. Rispondi una prima, una seconda, una terza volta. Vinca tre volte nell’amore la testimonianza, come la presunzione è stata vinta tre volte dal timore. Deve essere sciolto tre volte ciò che hai legato tre volte. Sciogli per mezzo dell’amore ciò che avevi legato per timore.
E così il Signore una prima, una seconda, una terza volta affidò le sue pecorelle a Pietro.
Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola. Pietro precedette, Paolo seguì. Celebriamo perciò questo giorno di festa, consacrato per noi dal sangue degli apostoli.
Amiamone la fede, la vita, le fatiche, le sofferenze, le testimonianze e la predicazione.
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NOTE
[1] Gv 1, 42; Mt 16, 18.
[2] Lc 5, 10.
[3] Gv 21, 15, ss.
[4] Lc 6, 13.
[5] Lc 5, 8.
[6] Cf. Gv 13, 9; 1 Pt. 5, 1.
[7] Mt 14, 30.
[8] Mt 26, 40-45, 69 ss.; Gal. 2, 11.
[9] Mt. 26, 33; Mc. 14, 47.
[10] Gv 6, 68; Mt 16, 17.
[11] Lc. 22, 62; Gv 21, 15 ss.
[12] Cf At. 1 – 12, 17.