“La migrazione porta benefici a tutte le parti coinvolte: i paesi d’origine, quelli di destinazione e i migranti stessi”. Così l’arcivescovo Silvano M. Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha esordito, il 13 giugno scorso, nella 26° sessione ordinaria del Consiglio dei diritti dell’uomo sui diritti umani dei migranti.
“Esiste un’ampia documentazione a sostegno del fatto che, dopo le preoccupazioni e le difficoltà di adattamento del primo impatto tra i nuovi arrivati e la popolazione ospitante, il contributo generale dei migranti è positivo”, ha affermato il presule. In tal prospettiva, è necessario, pertanto, “un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti”, come scriveva Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014. Da un atteggiamento “di difesa e paura, disinteresse o emarginazione” – che corrisponde alla “cultura dello scarto” – bisogna cioè passare ad un atteggiamento che abbia alla base la “cultura dell’incontro”.
Certo, ha affermato il delegato vaticano, non si può ignorare il lato “tragico e doloroso di questa esperienza”: ovvero “il traffico di persone, l’abuso di lavoratori domestici migranti e il lavoro in schiavitù”. Le prime vittime sono “i minori non accompagnati”, ha detto, una categoria sfortunatamente in aumento che necessita di “nuove forme di protezione”, oltre che dell’urgente “attenzione della comunità internazionale” per combattere gli abusi.
Cause principali della “dislocazione forzata delle persone” sono soprattutto le guerre in corso e il moltiplicarsi di conflitti violenti in diverse regioni del mondo, che spingono “centinaia di migliaia di persone a rischiare la propria vita per cercare di sopravvivere”. Mons. Tomasi ha parlato di una “futilità della violenza”, il cui “toccante promemoria” è rappresentato proprio “dalle migliaia di bambini che lasciano le proprie case e diventano richiedenti asilo”. Basti pensare che nel 2011 i minori non accompagnati richiedenti asilo in Europa sono stati 12.225, provenienti principalmente da Medio Oriente e Africa.
“Sintomatica” è anche l’esplosione del numero di bambini migranti che viaggiano soli nella speranza di attraversare il confine per entrare negli Stati Uniti. Anche questo un fenomeno in aumento costante dal 2008 a oggi: nel solo 2013 i minori fermati sul confine tra Usa e Messico erano 38.883, e le autorità prevedono che nel 2014 la cifra raddoppierà, superando i 70.000.
Dati già di per sé impressionanti che diventano tragedia nel momento in cui si pensa che “su imbarcazioni di fortuna che attraversano il Mediterraneo o sui treni che collegano il Centro America con il Nord, questi bambini sono esposti ad abusi sessuali, alla fame, a mutilazioni quando cadono, e perfino alla morte quando affondando le imbarcazioni su cui viaggiano oppure si perdono nel deserto”, ha evidenziato il presule.
Tale esodo – ha ribadito – è causato dalla “destabilizzazione e dalla violenza endemica nei loro paesi natali. Alcuni di essi vogliono esercitare il loro diritto naturale di stare con la propria famiglia, poiché questa magari risiede da anni in un altro paese senza una regolare documentazione. Altri si trovano dinanzi alla necessità di fuggire da un ambiente in cui oltre il 90% delle vittime di omicidio sono giovani maschi adulti e in cui oltre il 90% di quanti commettono un omicidio sono anch’essi giovani maschi adulti”.
“Altri ancora – ha aggiunto mons. Tomasi – preferiscono morire lungo la strada verso un’agognata destinazione che consenta la sopravvivenza piuttosto che morire di fame o essere uccisi dalle bande o dalla criminalità organizzata nel loro paese”. Oppure non resistono al “fascino di uno stile di vita differente” presentato dalla televisione.
In questa situazione complessa, c’è urgente bisogno allora che i Governi trovino qualche soluzione. “I bambini in movimento costituiscono un’emergenza umanitaria che esige rimedi immediati – ha affermato l’osservatore vaticano -. La detenzione di minori non è un’opzione, e l’interesse del bambino dovrebbe prevalere anche in queste difficili circostanze”.
L’arcivescovo ha elencato quindi le possibili soluzioni per combattere questo esodo infantile. Anzitutto la solidarietà internazionale, primo passo efficace per “prevenire il flusso costante di minori” e “affrontare la violenza urbana”. Anche “i canali legali – ha detto – per il ricongiungimento delle famiglie eviteranno che i bambini ricorrano a vie insicure, dove il loro sfruttamento diventa quasi inevitabile”. Infine, ha concluso Tomasi, “progetti comuni potrebbero portare ai giovani qualche opportunità educativa e lavorativa, dando loro un senso di speranza per il futuro e un motivo per restare nel proprio paese”.
(S.C.)