Papa Francesco ha posato stamattina un altro mattone che contribuisce all’annosa edificazione del dialogo ecumenico. Un anno dopo il primo storico incontro, il Santo Padre ha ricevuto in udienza Justin Welby, Arcivescovo di Canterbury e Primate della comunione anglicana.
Per introdurre il suo discorso, il Papa ha raccolto uno spunto del Vangelo, nel quale Gesù incalza i discepoli chiedendo loro: “Di che cosa stavate discutendo lungo la via?” (Mc 9,33). Ebbene, quella domanda è ancora attuale, interrogando anche la nostra coscienza. E la reazione dei discepoli, “rimasti in silenzio perché provavano vergogna, avendo discusso tra di loro chi fosse il più grande”, interpreta la nostra confusione “per la distanza che esiste tra la chiamata del Signore e la nostra povera risposta”.
Una risposta resa impoverita dalle divisioni tra i cristiani. Su questo aspetto, il Papa abitualmente non lesina sollecitazioni determinate, come ha avuto modo di dimostrare anche stamani. Davanti allo sguardo misericordioso del Signore – ha detto – “non possiamo fingere che la nostra divisione non sia uno scandalo, un ostacolo all’annuncio del Vangelo della salvezza al mondo”. La storia delle divisioni viene considerato dal Papa “un peso” che offusca la nostra vista.
Dirimere l’orizzonte della storia raggiungendo “piena unità” resta dunque “la meta verso cui dobbiamo orientare ogni passo del cammino ecumenico che stiamo percorrendo insieme”. Uno strumento utile in tal senso è rappresentato dal Decreto sull’Ecumenismo del Concilio Vaticano II, il quale – ha spiegato il Papa – “ci chiama a portare avanti le nostre relazioni e la nostra collaborazione senza ostacolare le vie della Provvidenza e senza recare pregiudizio ai futuri impulsi dello Spirito Santo” (cfr Unitatis redintegratio, 24).
Ribadendo quanto espresso lo scorso anno, quando sottolineò la “fondamentale importanza” della preghiera, il Pontefice ha precisato che la “piena comunione” non costituisce “semplicemente il risultato delle nostre azioni umane”, bensì “libero dono di Dio”.
Piena unità che è inoltre un debito che abbiamo nei confronti dei “grandi santi”, dei “maestri” e delle “comunità” che hanno trasmesso la fede e che “attestano le nostre comuni radici”. Papa Francesco ha così rilevato l’alto valore simbolico che ha assunto la celebrazione dei vespri avvenuta ieri, da parte dell’arcivescovo Welby, all’interno della chiesa di San Gregorio al Celio. Luogo da dove – ha ricordato Francesco – “papa Gregorio Magno inviò il monaco Agostino e i suoi compagni ad evangelizzare i popoli dell’Inghilterra, dando origine ad una storia di fede e santità della quale avrebbero poi beneficiato molte altre genti europee”.
Un percorso che il Pontefice ha definito “cammino glorioso”, la cui traccia è riscontrabile nelle “istituzioni e tradizioni ecclesiali che condividiamo”, un “fondamento solido per la nostra fraternità”. La consapevolezza di questo comune bagaglio deve farci guardare con fiducia al futuro. Perciò è “particolarmente significativo” il lavoro svolto dalla Commissione internazionale anglicano-cattolica e dalla Commissione internazionale anglicano-cattolica per l’unità e la missione.
Infine, un riferimento ai frutti dell’impegno ecumenico tra cattolici e anglicani. Il Papa ha ricordato l’avvio delle attività di cooperazione per opporsi all’“intollerante crimine contro la dignità umana” rappresentato dal “traffico di essere umani” e dalle “diverse forme di schiavitù moderna”. “Ci impegniamo – le parole del Pontefice – a perseverare nella lotta alle nuove forme di schiavitù, confidando di poter contribuire a dare sollievo alle vittime e a contrastare questo tragico commercio. Come discepoli inviati a guarire il mondo ferito, ringrazio Dio che ci ha reso capaci di fare fronte comune contro questa gravissima piaga, con perseveranza e determinazione”.
Simpatico siparietto finale tra le due Autorità religiose. Il Papa ha invitato l’arcivescovo Welby a non dimenticare “le tre p”. Una criptica sollecitazione che corrisponde all’impegno verso la preghiera, la pace, la povertà. Impegno per cui “noi dobbiamo camminare insieme”, ha commentato il Papa e ha ribadito, nella sua risposta, anche l’arcivescovo Welby.